Bandiere al vento [Lo Straniero]

marenzana_angelodi Angelo Marenzana

 

Arrogance è un marchio che ha fatto la storia del costume, della pubblicità e del profumo a cavallo degli anni ‘80 e ’90. Non so se sia ancora in commercio, magari si. Forse superato da qualche altro prodotto. Quello di cui sono certo è che, nel corso degli ultimi vent’anni, politica, costume e società sono stati invece marchiati da un ben più autarchico fetore che si chiama arroganza.

Arroganza è il fetore dei soloni, dei portatori di pensiero (politici, dirigenti, giornalisti, sindacalisti, analisti dell’economia) sempre quelli, sempre gli stessi che bombardano con le loro verità ogni centimetro quadrato delle nostre televisioni. Proprio loro, potenti o servi, feroci divoratori delle risorse della nostra società, si presentano come primari capaci di salvare il paziente con quelle stesse ricette che in realtà lo hanno avvelenato.

Arroganza è parlare di competenza e curriculum in una stagione in cui si è creato un imbarbarimento della conoscenza e del senso di responsabilità. A livello nazionale e pure locale, li vedi circolare servi, padroni e avvoltoi con le loro facce tronfie o sorrisi elegiaci secondo le necessità, dai culi grassi, con l’adipe prodotto dall’eccesso di immobilismo sulle poltrone che hanno occupato e non vogliono mollare.

Arroganza è la logica degli obiettivi da raggiungere in ogni campoArrogance professionale e non sapere dove si va a parare.

Arroganza è non voler dare una risposta al perché il cosiddetto “Potere” deve sempre viaggiare sul filo di situazioni che puntualmente sfociano in indagini giudiziarie. Gli uomini della politica garantiscono quelli degli affari, e insieme si riempiono la bocca con l’abusato concetto di “bene comune” oppure “perché i cittadini vogliono”. E spesso riescono a convincerci che quanto offrono è ciò che serve.

Arroganza è cercare di uccidere il pensiero critico e inneggiare al bisogno unico uguale per tutti.

Arroganza è programmare piani per gli assalti vandalici alle città, con speculazioni, lavori inutili e interminabili, distruzione del vero bene architettonico. Il tutto con la complicità del silenzio e della mala informazione per avviare politiche di speculazioni edilizie e commerciali.

Arroganza è come sono stati gestiti i lavori pubblici sul nostro territorio, dal fallimento del recupero di corso Roma (già pochi mesi dopo la fine dei lavori, accompagnati da uno slogan che più o meno parlava di ALtissimo livello), le pavimentazioni del centro, via Dossena, l’arredo urbano, il ponte Meier (con quelle affermazioni di cui nessuno chiede conto, che vedono in questa opera il risanamento dell’economia nazionale o castronerie del genere), il verde pubblico distrutto e trasformato in una sorta di bosco degli orrori, un traffico spietato e troppo spesso assassino, maleducazione nei comportamenti altrettanto arroganti e non meno pericolosi della microcriminalità dilagante.