‘Aperto per Cultura’, numeri “da capogiro” (ma non certificati) per un progetto che riempie le strade di Alessandria una volta all’anno… Intanto Forbes ha celebrato Asti

di Enrico Sozzetti

È Asti, secondo la rivista statunitense “Forbes”, la meta ideale per un viaggio autunnale in Europa. Lo ha scritto ad agosto il giornale economico, spiegando che la città ha tutto ciò che si può desiderare durante una vacanza in Italia: arte, architettura, ottimi prodotti tipici e vini Docg. E aggiungendo che nel mese di settembre, gli eventi e le iniziative si moltiplicano e rendono ancora più attrattivo il territorio.

A poche decine di chilometri c’è Alessandria. Che celebra prima il Capodanno Alessandrino e poi ‘Aperto per Cultura’. Il successo delle manifestazioni, in termini di presenze, è stato indiscutibile. Ma nemmeno i «numeri da capogiro» declamati dall’Ascom, associazione commercianti che promuove il format, servono per fare parlare di Alessandria oltre i confini tradizionali. E così il capoluogo resta immerso nelle autocelebrazioni e continua a dirsi quanto è bravo nel portare in strada migliaia di persone. Peccato che lo faccia solo due volte all’anno, fra un evento e l’altro c’è un grande vuoto in cui fanno capolino le solite iniziative legate alla stagionalità che però non contengono alcun elemento innovativo tale da interessare Forbes.

Che poi, se si volessero analizzare i dati, le cose apparirebbero anche un po’ diverse. Cosa dichiara l’organizzazione? Che ci sono stati «più di 9180 spettatori, che migliaia le persone hanno assistito ai diciotto concerti di musica jazz e classica, che più di 1740 persone hanno visitato i palazzi, i musei, i monumenti e le chiese aperti per l’occasione e che oltre 650 persone hanno partecipato complessivamente a conferenze, laboratori, proiezioni cinematografiche e sessioni di yoga e mindfulness». Ma come sono stati calcolati? «Per gli eventi più strutturati c’erano delle maschere che contavano le presenze dove si potevano misurare, ma non erano presenti in tutti gli eventi, come quelli musicali» spiegano dall’associazione. Quindi si è in presenza di una stima, ma senza un elemento oggettivo come un biglietto.

L’offerta gastronomica «ha registrato 32.000 pasti somministrati». Come sono stati contati? «Il dato è stato fornito dai ristoratori ed è comprensivo dei pasti dei locali che hanno aderito al circuito in modo ufficiale all’evento e di quelli che non aderivano, ma che sono stati valutati sulla base di una proiezione che utilizza parametri statistici». Non si parla né di numero di scontrini fiscali, né di altri metodi di calcolo, ma si va sulla fiducia dei singoli.

Infine, la ricaduta economica stimata in 1.150.600 euro. Cifra considerevole. Ma come ci si arriva? Anche in questo caso non in base a dati economici dettagliati, bensì utilizzando uno studio sulla ricaduta calcolata in base a parametri e moltiplicatori relativi agli investimenti fatti per l’evento, non solo per ogni singola iniziative, bensì conteggiando anche altre voci, dai servizi alla sicurezza, fino alla comunicazione. Il modello nazionale è quello messo a punto da Ciset (Centro internazionale di studi sull’economia turistica) insieme a Confcommercio e Agis ed è stato usato per calcolare le ricadute di alcune manifestazioni di rilievo nazionale. La stima delle ricadute è calcolata «a partire dall’elaborazione dei dati e delle informazioni sulla spesa sostenuta per l’organizzazione dell’evento, a seconda delle principali voci di spesa (allestimento, logistica, compensi per gli artisti, promozione e comunicazione) e della tipologia di soggetti finanziatori (privati, enti pubblici, associazioni/fondazioni); sul profilo (provenienza, motivazione, pernottamento e attività condotte in loco) e sulla spesa in sede locale dei partecipanti all’evento; sulla filiera di approvvigionamento di beni e servizi collegata all’evento (ristorazione, ricettività, servizi di comunicazione, noleggio impianti e attrezzature)». Sono questi i parametri per calcolare la ricaduta stimata in oltre un milione di euro ad Alessandria di ‘Aperto per Cultura’.

Mescolare cultura e gastronomia non è un azzardo. Anzi. Ma occorre farlo creando circuiti che facciano vivere gli eventi per mesi, dando continuità e contribuendo a creare una identità forte, coinvolgendo l’intera comunità, anche quella del territorio provinciale e non solo del capoluogo.