L’inclusione sociale

Don Ivo Piccininidi don Ivo Piccinini

 
La Camera dei Deputati ha approvato in prima lettura, la delega con le norme relative al contrasto alla povertà.

Un capitolo di spesa nella legge di stabilità 2016 avvia un intervento strutturale per la lotta alla povertà per la prima volta nel nostro paese.

Nel bilancio statale è previsto in modo permanente un fondo per questo scopo. Si comincia con un miliardo all’anno.

Si tenta di contrastare la povertà assoluta con un trattamento economico sui servizi sociali in una visione non assistenzialistica ma di attenzione alla dignità delle persone.

E’ destinato alla popolazione in età lavorativa senza mezzi per condurre un livello di vita dignitoso (reddito di inclusione). L’Italia con tale provvedimento chiude il periodo delle sperimentazioni e di un approccio di tipo emergenziale.

Il nostro paese in questo campo ha un triste primato. E’ arrivato ultimo Povertà 1in Europa. Un vecchio adagio però, ci insegna che è meglio tardi che mai.

Il fondo è chiaramente insufficiente. Se si vuole allargare la tavola dei commensali sarà necessario aumentarne la dotazione. Si spera di non dover sentire che non ci sono risorse.

Alla povertà assoluta è giusto dare almeno qualche precedenza assoluta come l’inclusione sociale e una precedenza assoluta per quanto riguarda la corsia preferenziale nell’approvazione della legge.

Penso che la povertà non può essere cancellata per legge. Occorre far ripartire l’economia e di conseguenza l’occupazione. Con scelte coraggiose che diano fiducia alle imprese (quelle vere, quelle che creano lavoro, non quelle che succhiano risorse pubbliche) come la riduzione della pressione fiscale e della… burocrazia.

Aiutare chi è in povertà assoluta è un investimento: chi riceve spende (non può fare diversamente!) e certamente non esporta capitali che non ha.

Dando il benvenuto a questo atteso provvedimento di contrasto alla povertà assoluta ci auguriamo che sia fatto bene e gestito meglio.

Renzi furbettoNon ci è piaciuto l’annuncio che nel caso passasse la riforma costituzionale il risparmio che ne deriverebbe (si parla di 500 milioni di euro, o magari meno) andrebbe al fondo dei poveri. I poveri non vanno mai strumentalizzati, né ricattati; vanno aiutati senza se e senza ma: la fame non ha colore e non è politica.

Vogliamo sperare che la gestione di questo fondo per l’inclusione sociale non metta in piedi un carrozzone burocratico che finirebbe per sottrarre risorse preziose alle poche disponibili.

Abbiamo volontari che da anni si dedicano agli ultimi, che mettono a disposizione gratuitamente il loro tempo, che lo fanno per solidarietà, che conoscono i soggetti e le situazioni.

Essi, coordinati da organizzazioni come la Caritas, che conosce il territorio e i suoi “inquilini”, oltre alla gestione delle risorse, saprebbero curare anche le relazioni con i poveri nel rispetto della loro dignità.

Per smentire l’opinione che in Italia tutto è possibile, meno che fare bene le cose.