Su “Foscolo”… destinato a Natalia Aspesi

di Elvio Bombonato
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Cara Natalia Aspesi,

 

premetto che da insegnante ho sempre inflitto ai miei allievi l’apprendimento mnemonico dei tre sonetti foscoliani, e verifiche durissime sulla parafrasi della seconda parte dei Sepolcri: dalla terza media fino alle Magistrali e al Liceo Linguistico (di Alessandria), ove ho insegnato negli ultini 23 anni. E non me ne pento, perché sono tuttora convinto che si tratti di esercizi utili per l’analisi del testo. Del resto all’università di Genova ebbi un maestro venerato, Cesare Federico Goffis, massimo studioso del Foscolo nell’epoca tra Fubini e Binni.

La divisione tra critici pro Foscolo e critici contro, è esistita fin da subito. Primo perché era ripugnante la persona: il voltafaccia su Napoleone: dal tradimento di Campoformio al diventare capitano nullafacente e salottiero dell’esercito napoleonico, salvo un colpo di baionetta austriaco ricevuto in una coscia: pochi cm. più su e avremmo avuto un pariniano elefante canoro. L’insopportabile egotismo, di cui sono intrisi i suoi tre sonetti (pareggiato solo da d’Annunzio e da Pavese), unito a un infondato vittimismo: ha sempre vissuto al di sopra dei suoi mezzi e fatto ciò che gli piaceva, tornando spesso da esule (?) a Venezia.

L’ipocrisia delle odi: Luigia Pallavicini si era sfracellata il viso e lui esalta la Foscolo bellezza: diva sacerdotessa vergine (Gadda): entrambe sono scritti di occasione, in un italiano inesistente (Serianni infatti lo ignora nella sua“Storia della lingua italana”, come Marazzini), assurdo: basti paragonarlo a quello dei quasi coevi Manzoni e Leopardi. Alludendo ai suoi errori linguistici, Gadda lo definì “il più grande strafalcionista del lirismo italiano ottocentesco”. Foscolo infatti parlava veneziano, greco moderno, francese, poi inglese, ma non l’italiano: che peraltro come lingua parlata, fuori di Firenze non esisteva. Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia 1861, fece il discorso di inaugurazione al Parlamento, in francese., presumo sgrammaticato.

Giocatore d’azzardo accanito, finito spesso in prigione a Londra per debiti, aiutato dalla figlia illegittima Floriana, concepita per tempo in Normandia. L’Ortis è assolutamente illeggibile, sembra un film con Al Bano e Romina, svenevole (imperdibile la dichiarazione d’amore di Jacopo a Teresa tra gli augelli, gli zefiri e le fronde di un Petrarca ampiamente saccheggiato) oltreché un furbesco plagio del Werther. Secondo Scalvini “pernicioso per i giovani”, in quanto esalta il suicidio.

Era affetto da un DOC verso le donne, specialmente nobildonne sposate, pur avendo il culto delle vergini (Gadda; dopo un’esilarante digressione sul pelo) e non sappiamo quanti figli illegittimi abbia lasciato (anche Manzoni 20enne a Venezia ingravidò una cameriera, per poi disinteressarsene completamente). Celebre il pezzo di Gadda, che scopre nell’epistolario foscoliano, la stessa appassionata lettera d’amore indirizzata a tre donne diverse nella medesima notte. Cattaneo afferma che “ha inventato l’istituzione dell’esilio”, giudizio dimostrato da quanto accadde a Milano nel 1815: scappò perché aveva paura, essendo coinvolto indirettamente nel linciaggio del ministro Prina.

Giordani azzecca il giudizio sui “Sepolcri”: “un fumoso enigma”. L’ode pindarica rivendicata da Foscolo sembra una toppa che peggiora il buco: vedi l’ìinterminabile discussione (Pagliaro il più bravo) sull’unità dei Sepolcri; oltretutto il carme si fonda sull’ aver equivocato l’Editto di st. Cloud (Contini).

La fama del Foscolo deriva da Mazzini, che lo impose come letterato risorgimentale, ribadita da De Sanctis e Carducci- Croce con l’ insulsa definizione: non è un classicista è un classico. Perché? Perché lo dico io (tutta la critica letteraria crociana è riassunta in queste 4 parole).

Il fascismo se ne impossessò: persino Garibaldi e Mazzini vennero arruolati da Mussolini tra i propri precursori.
Oggi gli studiosi pro Foscolo sono più seri e documentati: l’illustre filologo Franco Gavazzeni e la scuola pavese, lo incensano, una spintarella l’avrà data l’occasione editoriale (Ricciardi prima e Einaudi-Gallimard poi).

Severissimo Contini, che nell’intervista a Ludovica Ripa di Meana, parla di Foscolo depurato dalla zavorra, affermando che è bravo il traduttore e l’epistolografo: notate la perfidia del giudizio. Il lungo cappello dell’antologia continiana stilla veleno, sparso dappertutto, specialmente con la tecnica dell’allusione, e della dissimulazione onesta. I silenzi di Contini sono bocciature: per affermare infine che l’opera più significativa del Foscolo è la parziale traduzione dell’Iliade, alla quale peraltro il poeta si dedicò tutta la vita.
Gadda scuoia il Foscolo, “cialtrone e mandrillo”, nel radiodramma “Il guerriero, l’amazzone…”: nella recente ed.economica Garzanti è preceduto da un lungo bellissimo saggio proprio di Gavazzeni, che certo lo apprezza , Gadda, oltre al Foscolo, di cui è oggi il massimo interprete.

Concordo con Michele Mari nel ritenere il più bello dei tre sonetti (gli altri 9 sono sulla scia del più trito alfierismo), “Alla sera”, irrimediabilmente guastato dell’un tantino flatulente ruggito finale.
Per finire, hanno ragione Mengaldo e Giunta quando condannano l’eccesso di filologia praticato oggi in Italia, specie sui moderni.
L’epistolario completo (50/80mila pagine?) di Annunzio, no, vi prego, no.