Coronavirus, il Piemonte è ‘Cuneo caput mundi’. Mentre il caso di Ferrara dovrebbe fare riflettere…[Centosessantacaratteri]

di Enrico Sozzetti

 

La Regione Piemonte ha nominato due figure di coordinamento all’Asl Al, rispettivamente per i presidi ospedalieri e i servizi territoriali. Il primo è Giuseppe Guerra, classe 1960, direttore sanitario di presidio dell’Asl Cn1. Prima nominato Commissario ad acta per la direzione e il coordinamento di Tortona (il primo a diventare Covid Hospital in Piemonte) e di Novi Ligure, ora si occuperà anche degli ospedali di Acqui Terme, Casale Monferrato e Ovada «in un’ottica di riorganizzazione di tutte le attività ospedaliere in questa fase di emergenza coronavirus» come si legge su una nota dell’Asl Al. Gabriele Ghigo, nato nel 1958, direttore del Distretto Nord Ovest dell’Asl Cn1, coordinerà le attività dei servizi territoriali, con particolare riferimento all’assistenza e alla ‘Unità speciale di continuità assistenziale’ per la gestione dei pazienti covid19, «nonché alle attività del Servizio di igiene e sanità pubblica relative all’emergenza».

La nomina dei coordinatori è stata accolta positivamente dalla minoranza consiliare della Regione, con Domenico Ravetti (Pd) che ha subito precisato: «Qualche giorno fa avevo chiesto pubblicamente al presidente della Giunta regionale, Cirio, e all’assessore alla Sanità, Icardi, la nomina di un unico coordinatore della rete ospedaliera della provincia di Alessandria e una grande attenzione alle politiche territoriali di competenza dell’Asl di Alessandria». Ovviamente non va tutto bene. «Mi dispiace dover rilevare che, per quanto riguarda l’organizzazione della rete ospedaliera sul fronte covid-19, il dottor Guerra non avrà nelle sue competenze l’ospedale di Alessandria come invece avevo proposto» aggiunge Ravetti.

A parte il fatto che ad Alessandria c’è un’azienda ospedaliera di rilevanza nazionale e pensare di riunire sotto un unico coordinamento due aziende di ampie dimensioni (circa seimila dipendenti fra Aso e Asl) come dice Ravetti, è forse un po’ troppo, ancora una volta c’è la conferma che sotto la regia di Alberto Cirio e Luigi Genesio Icardi, cuneesi, l’intero comparto è diventato ‘Cuneo dipendente’. Prima con Mario Raviolo, nato nel 1962, già direttore della centrale operativa dell’emergenza sanitaria di Cuneo e poi della struttura complessa di Maxiemergenza regionale e del 118, quindi primo commissario dell’Unità di crisi del Piemonte (poi affidata a Vincenzo Coccolo), e ora con l’arrivo di altri due cuneesi per coordinare la sanità alessandrina.

Il caso di Ferrara e l’idrossiclorochina

Intanto si allunga il capitolo dell’idrossiclorochina, prima storico farmaco antimalarico e poi utilizzato per l’artrite reumatoide, che sta dimostrando una significativa efficacia di trattamento nella fase iniziale della malattia grazie a una attività antivirale nei confronti del coronavirus. Oggi il farmaco è usato per trattare i pazienti a casa, dopo il via libera dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) la cui Commissione tecnico-scientifica ha infatti espresso «parere favorevole alla concessione dei farmaci clorochina e idrossiclorochina – Lopinavir/ritonavir, da soli o in combinazione a carico del Servizio sanitario nazionale per il trattamento anche in regime domiciliare». L’uso è quello definito off-label, quando un farmaco è usato in condizioni diverse da quelle per cui è stato autorizzato.

Ad Alessandria, capoluogo della provincia piemontese più colpita dal coronavirus in rapporto al numero di abitanti, l’azienda ospedaliera e l’Asl Al stanno somministrando il farmaco Tocilizumab in modalità off-label, mentre la clorochina associata alla azitromicina è utilizzata in alcuni pazienti nelle fasi iniziali della patologia. Rispetto alla necessità di intervenire il prima possibile, per anticipare la diagnosi e le terapie a casa, riducendo l’aggravarsi ed evitando ricovero, il direttore delle Malattie infettive di Alessandria, Guido Chichino, lo ha ripetuto più volte: «Bisogna anticipare diagnosi e terapia, che può essere gestita in ambito domestico». Come funziona sul territorio? Il medico di base che ha il forte sospetto che il paziente sia infetto lo inserisce in Adi (Assistenza domiciliare integrata), compilando una relazione tecnica dettagliata e successivamente prescrive il Plaquenil, consegnato a domicilio dall’Asl.

Chi fra i primi, come Pietro Luigi Garavelli, alessandrino, infettivologo, responsabile del Reparto di Malattie Infettive dell’ospedale “Maggiore” di Novara, ha parlato pubblicamente settimane fa dell’uso di questi farmaci per trattare il coronavirus, è prudente. Però non nasconde come il ricorso al Plaquenil abbia permesso di bloccare sul nascere gli sviluppi infausti della malattia nel giro di pochi giorni. «Ora stiamo entrando nella fase degli studi clinici che dovranno fornire le risposte su vasta scala» aggiunge Garavelli.

“Il Plaquenil può essere utile per prevenire l’infezione” recita il titolo di un recente articolo pubblicato da Medical Facts (https://www.medicalfacts.it/2020/03/29/coronavirus-un-vecchio-farmaco-il-plaquenil-puo-essere-utile-per-prevenire-linfezione/) di Roberto Burioni (Professore di Microbiologia e Virologia, dottore di Ricerca in Scienze Microbiologiche, specialista in Immunologia Clinica ed Allergologia al San Raffaele di Milano).

Intanto sullo sfondo emerge il caso di Ferrara. Giuseppe Ferorelli, classe 1954, dirigente medico di Patologia clinica all’ospedale di Novi Ligure, oggi in pensione, ha diffuso qualche giorno fa un video in cui raccoglie e analizza alcune analogie fra la malaria e il covid19. Le ricerche, «empiriche» come lui stesso ammette, ma svolte alla luce di quarant’anni di professione, gli hanno permesso di rilevare come nella zona del Ferrarese i casi di contagio da covid16 fossero decisamente inferiore alla media e ha collegato la possibile immunità al fatto che questa fosse una zona malarica.

Il dato è oggi confermato dal commissario ad acta, Sergio Venturi: «C’è una resistenza naturale di quella provincia a questa infezione che dovremo studiare perché ci potrebbe essere utile anche per altri cittadini» si legge sulla pagina web de Il Gazzettino, mentre l’agenzia Ansa rilancia un’altra affermazione di Venturi: «È assolutamente inimmaginabile il motivo per il quale ci sono, ad esempio, 75 servizi in ambulanza a Parma e ce ne sono 12 a Ferrara: bisognerà capirlo perché questa malattia ha dei confini a quasi fisici». E una volta la malaria si curava con il Plaquenil.