Amag Alessandria, i conti che arrivano dal passato e il futuro con le luci a led [Centosessantacaratteri]

di Enrico Sozzetti

 

 

Le aziende a partecipazione pubblica possono coniugare qualità del servizio e attenzione ai clienti con la necessità di fare utili, essere competitivi, investire in ricerca, sviluppo e innovazione? La risposta è nella gestione industriale, nella qualità manageriale dei vertici e nel ruolo della politica. Che è l’anello più critico della catena.

La storia del gruppo Amag di Alessandria è esemplare, come ha dimostrato l’andamento dell’audizione del presidente, Paolo Arrobbio, e dell’amministratore delegato, Adelio Ferrari, da parte delle Commissioni consiliari Sviluppo del Territorio e Programmazione e Bilancio del Comune di Alessandria. I numeri e i dati di bilancio snocciolati da Arrobbio, le precisazioni sul concorso, poi revocato, per l’assunzione di tre persone con una modalità che equiparava i titoli di studio al possesso della patente, gli obiettivi aziendali, non hanno rappresentato pressoché alcuna novità rispetto a quanto discusso e dibattuto, nelle scorse settimane, dalla politica e a quanto illustrato all’assemblea dei soci in occasione della presentazione del bilancio e del rinnovo delle cariche con l’arrivo di Ferrari al posto di Mauro Bressan. Ma è dall’analisi dei conti, e dagli interventi in aula, che si capisce quanto la politica possa far compiere balzi in avanti a una azienda partecipata o rendere quasi insostenibile la gestione.

Nell’aula consiliare va in scena l’ennesima contrapposizione fra centrodestra e centrosinistra con Enrico Mazzoni (Pd) che riconosce che l’azienda «sta andando benino», però poi puntualizza: «Quando la giunta di Rita Rossa si è insediata a Palazzo Rosso, l’Amag era vuota». Come dire, la giunta di centrosinistra, benché abbia dichiarato il dissesto del Comune, ha saputo lavorare bene.

Certo è che alcune voci di bilancio, ben descritte da Arrobbio, facciano pensare diversamente. Non è tanto il trend dei costi, definito «in linea» dallo stesso presidente del gruppo, quanto il dato sui debiti e i crediti a fare pensare. L’indebitamento che si attesta sui 53 milioni di euro e i 70 milioni di crediti («Sono quelli che mi preoccupano» ha affermato Arrobbio in aula) sono gli indicatori di una gestione che nell’arco degli anni non ha governato fino in fondo alcuni processi industriali fondamentali. Al punto che oggi, pur con i conti in ordine e un patrimonio di 120 milioni di euro, l’Amag ha difficoltà ad accedere ai finanziamenti bancari, anche a causa di un socio, il Comune di Alessandria, che sul piano dei conti è ancora traballante. «Bisogna fare attenzione all’incasso dei servizi» ha ammonito Arrobbio. In passato (il nuovo presidente si è insediato all’inizio dell’agosto dell’anno scorso) l’azione esercitata dal precedente consiglio di amministrazione, guidato da Stefano De Capitani e con Mauro Bressan (area Pd) come amministratore delegato, ha spaziato su ampi fronti, dal gas all’acqua, passando per i trasporti e i rifiuti, ma su alcuni è evidentemente mancata quella necessaria azione incisiva per risolvere i problemi che sono alla base della credibilità finanziaria dell’azienda e dello stato di salute dei conti.

C’è, in compenso, un progetto di diversificazione che potrebbe riservare positive sorprese perché gli strumenti cui pensa il vertice del gruppo Amag sono quelli finanziari sposati a una progettualità innovativa. È quello della illuminazione pubblica che vede finora in campo Enel Sole nella gestione degli undicimila punti luce presenti ad Alessandria. Il vicesindaco, Davide Buzzi Langhi, parla di una gestione che non si contraddistingue «per sollecitudine negli interventi» e che non viene più ritenuta soddisfacente.

Che fare? Tornare a gestire direttamente il servizio attraverso una società in house all’interno di Amag Reti Idriche che è «l’unica del gruppo in grado di sostenerla» precisa Arrobbio. La nuova società avrà il compito di sviluppare la filiera dell’illuminazione pubblica e del trasporto elettrico, dando vita, in sostanza, alla smart city con lampioni ‘intelligenti’ a led che consentono al contempo l’installazione di videocamere, oltre al ricorso all’energia rinnovabile per alimentare alcuni impianti. Ancora da superare un ostacolo, quello del finanziamento del progetto (ma alcune idee ci sono già), mentre la sostenibilità economico-finanziaria è stata certificata da una analisi di Deloitte, società internazionale di consulenza e revisione al servizio delle imprese.