Vignola, quando la rivoluzione corre sui campi di riso

di Enrico Sozzetti

Ad aprile, durante la fiera Cibus Connect di Parma, Riso Vignola si è aggiudicato due premi nell’ambito degli Awards organizzati dalla rivista PastaRiso&Consumi. Una giuria di tecnici del settore alimentare ha premiato le confezioni di Riso Biologico Vignola  doypack, come “Miglior Packaging” e “Miglior Innovazione di Prodotto”. È uno dei molti riconoscimenti che la Riseria Vignola di Balzola (produce riso e cereali), al confine fra le province di Alessandria e Vercelli, conquista periodicamente, forte di una innovazione in agricoltura che contraddistingue una delle aziende del territorio che hanno investito in tecnologia, innovazione di processo e prodotto, commercializzazione, ma sempre nel solco e nel rispetto di una storia che inizia nel 1880 con un antico mulino per la lavorazione di riso e cereali.

Nel terzo millennio la Riseria Vignola è una impresa simbolo dell’integrazione fra tradizione e innovazione. Prima i numeri per definire i contorni: circa 1.500 ettari di terreni di proprietà coltivati a risaia, cinquanta milioni di prodotti ogni anno, un megawatt di energia pulita da fonti rinnovabili, quattro milioni di chicchi controllati ogni minuto, una superficie aziendale che tocca i settantamila metri quadrati, 125 celle per lo stoccaggio dei prodotti, tre isola robotizzate per l’imballaggio dei prodotti, venti linee di packaging automatizzate. La ha un fatturato medio di circa trenta milioni di euro e una quarantina di dipendenti. Parlando ancora di riconoscimenti, la Riseria Vignola è stata al centro delle cronache nazionali come finalista, con altre sei aziende, del progetto ‘Grande sfida dei fornitori per l’alimentazione e il benessere’ realizzato da Carrefour Italia (all’iniziativa hanno partecipato circa seicento fornitori a marchio di tutta Italia e la riseria di Balzola è arrivata tra le prime sette). Anche questa è stata l’ennesima conferma di un impegno imprenditoriale che non si è mai tirato indietro di fronte alle sfide. E l’ultima che è andata in scena a Balzola rappresenta una straordinaria sintesi fra innovazione e tradizione.

La Riseria Vignola ha iniziato nel 2016 a coltivare il riso biologico con la tecnica della pacciamatura, già utilizzata per altre coltivazioni (fragole, meloni, ortofrutta), che prevede l’utilizzo di teli che coprono il terreno da cui emerge solo la piantina. Grazie alla pacciamatura si ottiene una coltivazione biologica garantita e sostenibile e in particolare consente un minore utilizzo di fertilizzanti organici (la riduzione è superiore al quaranta per cento) e una forte contrazione nella quantità di seme da utilizzare per ettaro (da 220 chili per ettaro a 40 chili per ettaro). Parallelamente viene ridotto anche l’utilizzo dell’acqua e si ottiene un migliore controllo delle erbe infestanti senza ricorrere a sostanze chimiche. Nel 2016 il progetto ha interessato inizialmente circa trecento ettari di coltivazioni sui campi di proprietà della famiglia Vignola, mentre nel 2017 gli ettari sono saliti a ottocento. La quota del biologico è pari a circa la metà della produzione, ma nelle intenzioni di Giovanni Vignola (quinto discendente di Giovanni Vignola che ha fondato l’azienda) è destinata a crescere.

Se l’innovazione e la tecnologia sono presenti in modo massiccio in alcune fasi della lavorazione e degli imballaggi, la mano dell’uomo per ora non è ancora sostituita in campo. Rispetto alla procedura di pacciamatura, la lavorazione è stata interamente manuale il primo anno, ma già in quello successivo l’azienda si è attrezzata con una macchina per stendere i teli e praticare i fori della semina. La necessità è quella di ottimizzare il processo in campo che impone una altissima precisione sia nella stesura dei teli, sia nella pratica dei fori e la relativa semina. Le variabili da considerare, infatti, sono diverse, dalla profondità della semina alla capacità di rincalzo del telo. Un evento atmosferico come un forte vento può strappare infatti i teli, che vanno quindi ancorati in modo particolare. Il terreno è preparato e concimato in asciutto solo una volta, consentendo di ridurre in modo significativo il fertilizzante organico. E i teli? Sono biodegradabili e compostabili, si dissolvono prima del tempo della mietitura. Il raccolto è diverso da quello tradizione. La produzione ad ettaro risulta infatti inferiore a quella con il sistema tradizionale, anche perché viene utilizzato molto meno seme per via della maggiore distanza fra una piantina e l’altra. Questo però consente che siano più sane, più forti e con un numero maggiore di chicchi. In ogni caso la remunerazione riconosciuta per il riso biologico è superiore a quella del riso coltivato in modo tradizionale. Altro aspetto importante è relativo al controllo delle piante infestanti. Intorno al riso, sotto il telo, non crescono, mentre quelle che fra un telo e l’altro sono eliminate in modo meccanico utilizzando dei decespugliatori. «Lo scopo principale del nuovo marchio – spiegano alla Riseria Vignola, guidata da Giovanni Vignola, quinto discendente – è fornire visibilità al progetto oltre che renderlo riconoscibile al pubblico. I risi coltivati con questa tecnica puntano al miglioramento qualitativo, al rispetto dell’ambiente e a una maggiore sostenibilità dell’intero ciclo produttivo».

L’azienda non è però esclusivamente riso. Infatti ogni cliente ha il “suo” prodotto che siano risi, cereali, farine o legumi. Per questo, oltre a creare filiere dedicate e tracciabili dal campo alla tavola, è stata potenziata la capacità di stoccaggio e aumentate le linee di confezionamento. Una differenziazione che viene declinata anche a livello di packaging che va dall’astuccio sottovuoto al cellophane in atmosfera protettiva, dal sacchetto cottura al big bag. «Garantiamo un servizio di confezionamento completamente personalizzato per ogni cliente e che varia fra le più diverse tipologie d’imballo in termini di peso, forma, materiale». Un altro punto fermo è la tracciabilità dei prodotti (riso, riso biologico, cereali, legumi e semi biologici), come quella delle aziende che lavorano per la Riseria Vignola. Sul sito internet aziendale sono pubblicate le singole schede relative alla posizione geografica, superficie coltivata, tipologia di riso, dipendenti. Ecco perché Giovanni Vignola negli ultimi anni ha più volte guardato all’evoluzione del mercato e in questa visione hanno le radici le motivazioni che hanno spinto l’azienda verso la svolta biologica, il rinnovamento, la tecnologica. Un mercato che, per quanto riguarda il Piemonte, è stretto fra l’innovazione che contraddistingue le aziende che sfruttano tutti gli strumenti a disposizione per tutelare e valorizzare un prodotto unico, e chi invece cede alle lusinghe dei grandi produttori internazionali.

L’innovazione si può dire sia nel dna della Riseria Vignola praticamente da sempre. Lo era agli albori, ovviamente rispetto al tempo in cui è nata, e lo è stata nei decenni successivi. Quando la tecnologia lo ha permesso, ecco arrivare le svolte rivoluzionarie per l’epoca in cui sono avvenute. L’azienda nel 1971 è stata la prima a confezionare il riso in astuccio di cartone, quando ancora tutti lo vendevano sfuso. Ed è stata fra le prime, siamo nei successivi anni Ottanta del secolo scorso, ad adottare il sistema di confezionamento sottovuoto, rivoluzionando, di fatto, il mercato internazionale del riso.