A conversazione con don Giovanni in Sicilia: Elio Vittorini, Vitaliano Brancati [Novecento]

di Pietro Mercogliano

 

 

Nell’anno 1941 uscivano in Italia per i tipi di due diverse Case Editrici – rispettivamente Bompiani e Rizzoli – due romanzi di autori siciliani, i quali romanzi erano entrambi destinati ad ampio successo letterario e commerciale: “Conversazione in Sicilia” di Elio Vittorini e “Don Giovanni in Sicilia” di Vitaliano Brancati.

La biografia di Vittorini è per molti aspetti simile e legata a quella del suo grande corregionale Salvatore Quasimodo. Figlio di un ferroviere, Vittorini lasciò la Sicilia dopo aver completato gli studî superiori, e visse in varie città d’Italia svolgendo diversi lavori e coltivando intanto la sua vocazione letteraria: alcuni suoi scritti di questo periodo furono pubblicati addirittura da Curzio Malaparte (col quale Vittorini condivise sia le iniziali posizioni di Fascismo di Sinistra sia la presa di distanze netta dal Regime in un secondo momento), e nel 1930 trovò occupazione come correttore di bozze a “la Nazione” di Firenze; tre anni prima era riuscito a far pubblicare un suo racconto sulla prestigiosa rivista “La Fiera Letteraria” e aveva sposato Rosa Quasimodo, sorella di Salvatore. In questi pochi anni, già era diventato un personaggio di una certa influenza nel panorama letterario italiano.

Cosí, iniziò a pubblicare sulla rivista letteraria “Solaria” alcuni racconti e perfino un romanzo. Nel frattempo si pronunciava contro il provincialismo del mondo culturale italiano e lavorava come traduttore dall’Inglese per sostentarsi e per diffondere la Letteratura britannica e statunitense (in realtà il suo lavoro consisteva piuttosto nel dar forma e firma letterarie a traduzioni pedisseque che appaltava ad una tal Lucia Morpurgo Rodocanachi).

Pubblicato prima a puntate in rivista e poi (appunto nel 1941) in volume presso Bompiani, “Conversazione in Sicilia” è un romanzo curioso e aperto a linee interpretative molteplici. Il protagonista torna in Sicilia, sua terra d’origine, e qui compie diversi incontri e conversa (per l’appunto) con diversi personaggi; ma tutti questi appaiono sempre come figure di apologhi o di sogno, e i dialoghi che imbastiscono sono sempre ai limiti del delirio: ripetitivi, ossessivi, quasi ai limiti del demenziale. Da un lato “Conversazione in Sicilia” è il ritorno inconscio e trasognato alla propria terra, popolato di sogni e di fantasmi; dall’altro è una precisa accusa al Regime Fascista, accuratamente nascosta sotto allegorie apparentemente incongrue.

Negli anni successivi, Elio Vittorini segnò sempre piú in profondità la Cultura italiana: con i romanzi “Uomini e no” ed “Erica e i suoi fratelli”, con le riviste “Il Politecnico” e “Il Menabò” pubblicate da Einaudi, con l’antologia “Americana”, con la Collana einaudiana “I Gettoni”, col lavoro editoriale presso Mondadori e Bompiani oltreché per Einaudi, con i molti scritti teorici sul ruolo dell’Intellettuale.

Ma intanto, in quello stesso 1941, usciva per Rizzoli “Don Giovanni in Sicilia” di Vitaliano Brancati: la coincidenza è suggestiva per diversi aspetti, come si dirà.

Il protagonista del romanzo, Giovanni Percolla, è un impenitente scapolo catanese. Fino alle soglie dei quarant’anni, ha una vita diurna pigra e indolente ed un’attività notturna di ricerca di facili avventure in compagnia di due amici di scorribande; raccontarsi vicendevolmente le proprie conquiste li soddisfà quasi piú che viverle. Un episodio apparentemente solo di colore prenderà in seguito un senso ben preciso: è quello del viaggio dei tre a Roma, nel quale le loro aspettative di grandi e semplici conquiste rimangono mestamente disattese. Al ritorno dal viaggio, Giovanni incontra la bella Ninetta: di nobili origini e di carattere intraprendente, costei gli fa una vera e propria corte ed arriva a convincerlo ad affrancarsi dalla sua eterna condizione di scapolo e a sposarla. I due si trasferiscono a Milano, dove Giovanni per la prima volta lavora attivamente e dove rapidamente invecchia. Solo in occasione di un viaggio in Sicilia riscopre il diletto del riposo pomeridiano e il desiderio di raccontarsi di donne con i suoi due amici.

I due romanzi, evidentemente diversi, hanno però in comune qualcosa oltre l’anno di pubblicazione ed il periodo di ambientazione: è la presenza onirica della Sicilia, il ritorno alla quale agisce come ricordo e come rivelazione.