Foscolo e “Le Grazie”: storia d’un romantico neoclassico [Quarta di copertina]

Foscolo 1di Pietro Mercogliano

 
Si sa che le classificazioni nelle Arti sono utili solo a chi sappia usarle e rovinose per gli altri: le correnti artistiche si possono e si devono definire in generale, ma non esiste nessun artista che segua interamente e solamente i dettami di una corrente artistica; d’altronde, nessun cristiano cattolico può dire di esser venuto a conoscenza di tutti i dogmi della sua confessione (per non parlare del credervi) e nessun fervente politico può conoscere e approvare tutto e solo ciò che sostenga la sua parte. Gli schieramenti servono a sapere di che colore far tessere le divise, il che è certo importante, ma in effetti si fa quel che si vuole. Questo è in gran parte – io credo – dovuto a un fattore importante, che è il tempo: se le classificazioni sono fatte a priori è facile che stiano strette e si senta il bisogno di scavalcarle (è il caso di una religione in cui si sia nati e che non venga poi rimeditata personalmente, e gli appassionati di buon Cinema riconosceranno nella vicenda di “Dogme95” un caso del genere), se sono fatte in itinere dai classificati stessi è facile che costoro sbaglino (almeno in parte) a valutare una situazione in cui sono immersi, se sono fatte a posteriori è facile che si tratti di etichettature di comodo (fondamentali ma forse troppo astratte).

Una delle classificazioni piú importanti e difficili da comprendere veramente è quella fra Neoclassici e Romantici. Proverò a stendere un riassunto di quel che ne ho capito io, anch’esso – per forza di cose – schematico e generico. In reazione e in relazione alle bizzarrie del sovrabbondante Barocco e delle sue derive nasce nel XVIII secolo il Neoclassicismo (o “Classicismo” tout court in Musica), un movimento che investe tutta l’Europa e tutte le Arti e che recupera i modelli antichi greci e latini per proporre un canone estetico costruito sulla serena purezza della forma e sulle esatte proporzione e coerenza fra le parti; delle infinite evoluzioni che sarebbero state possibili del Neoclassicismo, attraverso il periodo dell’Arte Napoleonica che per diversi aspetti funge da ponte nasce il Romanticismo: il nuovo canone propone una forma totalmente diversa, frammentata nelle parti spesso discordanti fra loro e sostenuta da una continua irrisolta tensione, allo scopo di indagare la centrale sensibilità del singolo e la sua nostalgia verso l’infinita vaghezza di un tempo primordiale (l’arcaico, la fanciullezza, il sogno, la follia, la morte). Il punto è che, proprio per queste sue caratteristiche, lo spirito romantico ha teso a fagocitare gran parte di quanto era avvenuto prima e di quanto sarebbe avvenuto dopo: tutto quanto parli della morte o della solitudine titanica e pietosa del genio o dell’età innocente e perduta è a quanto pare ormai ‘romantico’; Čajkovskij disse esplicitamente che tutta la Musica ha compimento in quella romantica, e Hegel dimostrò come – se non (e questo era insostenibile) in senso cronologico – in senso logico tutta la Storia del Pensiero (anche quello di là da venire) conducesse all’Idealismo Tedesco.

Al di là del fatto che può farci piacere esser d’accordo con Čajkovskij e Hegel (che magari, a modo loro, dicevano pure la verità), non possiamo non ricordare come certe tematiche siano sempre state proprie del sentire umano e non possiamo (a meno di non saper sostenere molto bene le nostre affermazioni) incorrere nell’errore grottesco di dire che certi passi dell’“Odissea” sono ‘pre-romantici’. La definizione del Romanticismo andrebbe ricercata, credo, non nel fatto che parli di scheletri e pianti ma nelle caratteristiche formali di cui sopra ho provato a tracciare la sintesi di un sommario.

Tanto per fare un esempio: Ugo Foscolo spesso non viene letto dai ragazzi, e Foscolo Caspar_David_Friedrich_002ciò è male. Se capiti a un quattordicenne di leggere un sonetto di Foscolo (testi difficili da analizzare ma davvero molto facili da capire, e per di piú brevi con una media di centocinquantaquattro sillabe l’uno – meno di cento parole –) ne uscirà infiammato e innamorato, perché Foscolo è un autore che si fa leggere con lo spirito che oggi – superficialmente – definiremmo “romantico”: l’impeto, la nettezza gigante della figura dell’Autore e dei suoi sentimenti furiosi e meditabondi, le tematiche ricorrenti dell’amore e della morte.

Eppure Foscolo è un autore neoclassico (anche se nessuno c’impedisce di dire ‘pre-romantico’, ovviamente: e siamo da capo), perché non attua mai commistioni violente di genere né altera per narrare magari cupi e tumultuosi concetti la limpida forma dell’espressione.

Canova_tre_graziePer averne una prova basti leggere “Le Grazie”, probabilmente il capolavoro assoluto di questo Autore: si tratta di un poemetto o di un carme, rimasto incompiuto e dedicato ad Antonio Canova. Le Grazie che forniscono il titolo sono figure mitologiche greche, ed al celebre gruppo marmoreo a loro stesse dedicato stava lavorando Canova in quegli anni fondamentalmente napoleonici; il tutto è uno spunto per un’autobiografia affettiva del Poeta, condotta con appassionatissimo distacco. Il testo è splendente e netto, la musica e la chiarezza della lingua sono le protagoniste dei versi stessi che formano.

Si potrà dire che Foscolo usa forme neoclassiche per dire cose romantiche, perché da genio qual è travalica le distinzioni di stile: ma questo è il punto dal quale siamo partiti.