Musica, passione e anima: ecco a voi Laura Tartuferi!

TartuferiInsegna matematica e scienze alle medie, ma ad Alessandria e provincia è molto conosciuta come cantante e attrice. Laura Tartuferi ha una voce che se l’ascolti non puoi dimenticare, oltre ad un sorriso solare che quando canta ti contagia con il suo carisma. Qualcuno la ricorda come la Janis Joplin locale, ma sono passati gli anni e Laura è cresciuta, e con lei il suo repertorio, che spazia dalla musica blues, al jazz, al funk e tanto altro. Recentemente in scena con ‘Anima nera’ (di cui abbiamo già parlato con la Compagnia Teatrale Stregatti, dà voce alla cantante Billie Holiday, e rivela le sue doti di brava attrice. Un altro suo interesse è il disegno, in particolare il carboncino, ma su questa altra sua attitudine pare più riservata. Le sue opere, infatti, le possono ammirare solo gli amici appese alle pareti di casa sua, e in qualche altra rara occasione.

Laura, a quanti anni hai iniziato a cantare?
Quando ero piccola. Ricordo un sacco di momenti in cui mio padre suonava la chitarra insieme agli amici: c’era chi cantava, chi suonava, chi rideva…cercavano di tirarmi in mezzo, ma all’inizio ascoltavo solamente e mi vergognavo quando mi chiedevano di cantare. Poi ho iniziato a suonare la chitarra, facevo alcune melodie che mi aveva insegnato lui. Registravo le canzoni per gioco –  dice con un sorriso un po’ malinconico –, e pensa che le ho ancora, quelle cassette. Insomma, la musica ha sempre fatto parte della mia vita. Ma all’inizio era una cosa molto mia: mi nascondevo nel sottoscala a suonare, anche perché c’era il riverbero e mi piaceva il suono che si creava. Ma era appunto una cosa che facevo per me, mi faceva stare bene. E’ stato mio padre che mi ha aiutato a ‘venir fuori’ e mi ha spronata a continuare, senza però invadere i miei spazi. Mi ascoltava da lontano e mi incitava – ‘ancora, ancora’ – diceva, e quello mi ha fatto prendere sicurezza. In seguito, quando ho iniziato a canticchiare nel primo gruppetto, facevamo le prove in garage, mi ha regalato una chitarra per poter suonare su un palco, di quelle che si possono amplificare. E così i miei primi concerti li ho fatti anche suonando, ovviamente facevo l’accompagnamento … non ero così brava e, per fortuna, c’era il chitarrista ‘serio’ che suonava davvero!

A quanti anni hai fatto il tuo primo concerto e che tipo di musica facevi?Tartuferi palco
Ho iniziato nel ‘95/’96, avevo circa vent’anni. Facevo musica rock anni ‘60/’70, tra cui Janis Joplin. Grazie ai primi concerti ho iniziato a conoscere musicisti, sono entrata nel giro musicale locale. Ho conosciuto persone che suonavano principalmente blues e jazz, musica che non avevo mai ascoltato prima. Sono loro che mi hanno fatto scoprire ed amare la musica che faccio oggi. All’inizio non è stato facile comprenderla, loro hanno avuto una pazienza incredibile ad insegnarmela. Ricordo che passavamo ore e ore nelle sale prove a suonare, anche di notte. Mi hanno trasmesso l’amore vero per quel tipo di musica, mi hanno aiutata prima a capirla e poi mi hanno incoraggiata a tirarla fuori e ho scoperto che mi piaceva davvero tanto!

Gli artisti che ti hanno influenzato di più?
Ray Charles, Chet Baker, Nina Simone, Etta James, Billie Holiday … Ce ne sono una marea, se dovessi dirteli tutti non finirei più. Ho ascoltato veramente tanto, più mi davano spunti, input, più andavo a cercare, ad ascoltare.

Con quali gruppi hai suonato?
Beh, il primo, quello dove mi sono messa in gioco seriamente è la formazione ‘Ignorance Party Band’, quello è il primo vero gruppo che ho avuto. La formazione era composta da: Andrea Manuelli (tastiere, hammond), Andrea Fossati (chitarra), Giovanni Parente (basso), Mario Alessio detto SuperMario (batteria), Stefano Resca (percussioni).
Il secondo non era un gruppo fisso, perché nella musica jazz spesso ci sono delle formazioni ‘mobili’, però i musicisti che ruotavano erano Stefano Resca (batteria), Alessandro Balladore (chitarra), Giacomo Lampugnani (basso, contrabbasso), Mario Zara (piano) e tanti altri come Paolo Terlingo (chitarra e voce), Mariano Nocito (basso e contrabbasso) e Ivano Maggi (batteria)… non avevamo un nome, spesso in questi contesti la formazione prende il nome dei musicisti. Abbiamo fatto tantissime jam session, che sono state una palestra enorme e dalle quali nascevano molte collaborazioni, serate e concerti.

Tartuferi 2Spieghiamo, per chi non lo sapesse, cos’è una jam session?
Un gruppo di musicisti, spesso estemporaneo, suona insieme brani che di base già tutti conoscono definiti ‘standard’, senza essersi accordati prima. La peculiarità di una jam sta nell’interplay, attraverso il quale ogni esecutore influenza l’altro con la propria sensibilità e creatività, dove ognuno mette in gioco la propria capacità di ascolto e di comunicazione. C’è un canovaccio su cui ci si muove, ma il resto è improvvisazione e ascolto, per cui tutto dipende dall’empatia e dall’atmosfera che si crea tra i musicisti. Non c’è mai un pezzo suonato allo stesso modo.

Oggi con chi suoni?
Nel 2010 ho iniziato la collaborazione con il chitarrista Gege Picollo, nata quasi per caso, perché ci siamo trovati ad un concerto di amici – già ci conoscevamo – e ci siamo detti “ma perché non suoniamo insieme?” e così abbiamo iniziato a trovarci per provare, per sperimentare e abbiamo scoperto di avere molti gusti musicali in comune e che, soprattutto, ci piaceva fare musica insieme. Da lì è andata avanti. Suoniamo in duo e, quando i palchi lo permettono, si uniscono a noi Giacomo Lampugnani (basso) e Marco Serra (batteria).

Perché vi chiamate Soul Kitchen?
Perché oltre ad avere in comune l’amore per la musica soul abbiamo scoperto la passione comune per la cucina! – sorride ironica.

Nel senso che vi piace mangiare?
Ci piace mangiare, ci piace cucinare e, spesso, ci ritroviamo a parlare di ricette. Ma il motivo reale per cui ci siamo dati questo nome è perché il repertorio che proponiamo è sempre arrangiato a nostro gusto, in chiave personale e porta con sé le influenze musicali di entrambi, che poi diventano un po’ come le spezie in cucina. Suonare per noi è un po’ come cucinare, ci mettiamo la stessa passione e cerchiamo di sperimentare ingredienti sempre nuovi … – e scherzando con l’accento di famiglia tipicamente marchigiano dice – in fondo anche la musica è uno dei piaceri della vita, no? – Ma, tornando seria, subito afferma – La parola soul rimanda ad uno dei generi che proponiamo, tra cui il blues, il funk, il jazz, ma il significato più importante è che ci mettiamo davvero l’anima.

Laura, il tuo lavoro principale è un altro, vero?DISEGNO
Si, sono professoressa di matematica e scienze alla scuola media di Spinetta Marengo.

Ho visto alcuni spettacoli dei tuoi ragazzi, risultato di laboratori che hai organizzato a scuola … mi pare che sia riuscita a contagiarli con la tua stessa passione per la musica, per il teatro, per l’arte in genere insomma…
In realtà sono loro che contagiano me con il loro entusiasmo e la loro voglia di capire. I laboratori a cui ti riferisci di solito fanno parte di progetti più ampi con cui cerchiamo di sensibilizzare i ragazzi su tematiche importanti per la loro crescita. I laboratori artistici li coinvolgono emotivamente e quindi sono un bel mezzo per veicolare messaggi importanti e permettono anche di sfogare la loro creatività.

Come riesci a conciliare lavoro e passione artistica? E, come molti si chiedono, come mai la musica per te non è diventata una professione?
In realtà non ho mai pensato di fare la cantante professionista perché la mia professione, quella che ho scelto, mi piace. Adoro stare a contatto con i ragazzi, la loro energia per me è linfa vitale, ma intendiamoci lo è anche il tempo che dedico alla musica e al teatro, soprattutto grazie alle persone con cui condivido queste passioni. Per me è un privilegio fare quello che amo con le persone che più stimo e a cui voglio bene. La condivisione e lo scambio sono elementi essenziali, senza i quali non ci sarebbe anima in ciò che creiamo e proponiamo al pubblico. Siamo amici prima di tutto, e questo rende ciò che facciamo facile e di valore, almeno per noi.

Cantate solo cover oppure avete pezzi inediti?
Entrambi. Come ti dicevo prima facciamo cover degli artisti e dei brani che sono più nelle nostre corde e stiamo lavorando un po’ in sordina ad un progetto che è ancora in fase embrionale, ma abbiamo già dei pezzi pronti.

Sei anche autrice?
Si, è la mia prima esperienza. Mi sono buttata in questa impresa perché sento di avere qualcosa da raccontare e le persone giuste con cui riuscire a tradurre i miei pensieri in musica.

Di cosa parli nelle tue canzoni?
Racconto momenti vissuti, riflessioni, ciò che è importante per me nella vita, insomma. Sono fotografie di quello che conta… alla fine, se ti ritrovi a scriverci una canzone è perché ci rifletti su certe cose, no? – sorride timida.

Hai scritto solo i testi o anche la musica?
Di solito, quando penso ad una canzone, la immagino e la sento già con una melodia associata, che giro a chi è capace a scrivere la musica.

Quanto è importante per te la musica, che posto occupa nella tua vita?
È fondamentale. È un mezzo di comunicazione ed è quello più diretto che ho per entrare in contatto con gli altri e con me stessa. La musica ha una forza empatica che non riesco a trovare in altri linguaggi e poi … mi fa stare bene!

Debora Pessot