[Calcio a colori] Alessia, da Pieve di Cadore al Togo

Spiderdi Spider Jerusalem

Doverosa premessa: non sono un integralista come la maggior parte dei miei colleghi e degli appassionati di calcio minore, che vedono come fumo negli occhi la presenza nella medesima società di un figlio appassionato di calcio giocatore più o meno talentuoso e di un padre dirigente appassionato del figlio con più o meno disponibilità a finanziarne la carriera sportiva. E’ una logica conseguenza del fatto che tutti, per un figlio o una figlia, faremmo qualsiasi cosa e a voler ben vedere qualche occasionale risultato eccezionale lo ha prodotto: Alberto Tomba, per esempio.

Già che siamo in tema di Olimpiadi Invernali, il problema si pone secondo me quando tutto questo va oltre i limiti del buon senso e del buon gusto, un po’ come la differenza fra un tavolo prenotato in pizzeria e quattro foto con gli amici per ricordare la sera che sei diventato maggiorenne e Sweet sixteen o un prediciottesimo da un’ora e mezza. A tenere banco nei primi giorni di questi giochi a Sochi non è stata la dichiarazione che la spedizione italiana punta a raddoppiare le medaglie della scorsa edizione, ma la presenza nella cerimonia di apertura di una diciottenne di Pieve di Cadore temporaneamente prestata al Togo come sciatrice per le gare di slalom gigante e di slalom speciale.

La cosa in sè è perfettamente legale dal punto di vista strettamenteOlimpiadi burocratico: ha ottenuto la doppia cittadinanza grazie alla ditta di abbigliamento sportivo del padre che ha interessi anche in Togo, e si è qualificata sfruttando i minimi piuttosto «favorevoli» che le Olimpiadi concedono alle federazioni africane e che comunque hanno permesso la partecipazione di soli quattro atleti: lei e una fondista per il Togo, un discesista per lo Zimbawe e uno per il Marocco che si spera abbia maggior fortuna del suo predecessore ad Albertville nel lontano 1992 ed ancora inserito nelle compilation di video divertenti.

Il percorso sportivo invece è un po’ più tortuoso: figlia di due maestri di sci, uno dei quali diventa sufficientemente facoltoso da mettere in piedi una ditta di abbigliamento come abbiamo già visto, realizza già in tenera età che la qualificazione alle Olimpiadi in Italia è fuori portata per le sue qualità. Incomincia allora ad aggirare l’ostacolo iscrivendosi alla federazione sciistica indiana, che se da un lato le permette di ottenere con relativa facilità il pass per le gare internazionali, dall’altro mostra una rigidità regolamentare ancora più elastica del belpaese. Troppo elastica, tanto che il Comitato Olimpico – accertate alcune irregolarità anagrafiche nell’iscrizione di atleti alle gare giovanili, altra piaga nel mondo calcistico di cui parlerò in futuro – la squalifica per un periodo di tempo breve ma sufficiente ad impedire alla Valanga di Bombay di partecipare a Sochi.

Scatta allora un piano «C» che sembra promettere bene: si convincono i dirigenti federali olimpici del Togo a fondare una federazione sciistica – equiparabile per credibilità alla Comunità Montana recentemente scoperta a Pianosa -, a fornire a tempo di record la cittadinanza ad Alessia e tra Dicembre e Gennaio l’ultimo ostacolo che limita la partecipazione alle Olimpiadi solo a federazioni ed atleti che abbiano una esperienza internazionale viene scavalcato partecipando ad ogni gara possibile. Per completare il pacchetto, sarà anche la portabandiera per la sua nazione alla cerimonia di chiusura, probabilmente per consentirle di scattare il maggior numero possibile di selfies durante quella di apertura che notoriamente ha una audience migliore.

Non mi interessano i risultati – anche se lei mettendo le mani avanti più di Mazzarri e con un lapsus freudiano favoloso ha detto che non le importa vincere ma essere ai giochi olimpici – nè la triste conseguenza del fatto che la disponibilità economica gira e un giorno potrebbero essere i nostri ragazzi a rimanere a casa per far gareggiare sotto la bandiera italiana un russo, un cinese o il figlio di uno sceicco arabo, ma la morale. Non devi essere bravo, impegnarti, faticare e migliorarti fino a raggiungere una cima: devi solo trovare il passo, non importa quanto distante, che ti consenta di raggiungere camminando comodamente la meta. De Coubertain, sicuramente, approverebbe con l’ennesimo «Mi piace» sulla pagina Facebook di Alessia.