La garitta della Valfré [Il Superstite 177]

arona-2di Danilo Arona

«Vuoi ascoltarla una storia strana?»
Certo, sono di passaggio sul pianeta per questo motivo, ascoltare e riportare storie strane. Annuisco per invitare il mio interlocutore (che è uno serissimo con qualche anno più di me quindi vecchio senza sconti) a proseguire.
E lui lo fa:
«Hai presente la Valfré? Sì, la caserma da un po’ di tempo abbandonata. E hai presente D.N.?»
Annuisco di nuovo. D. N. è un mito. Femmina, non più giovanissima, ancora bella ma di quella bellezza non comune che ti fa voltare la capa per strada. Quindi, soprattutto, è stata un mito. In Alessandria funge così.

«D. è mia amica. Me lo ha raccontato lei. Camminava velocemente per Corso 100 Cannoni , dal lato della Valfré, e pure con un vago senso di inquietudine perché da quella parte non ci cammina quasi nessuno. Sai, lei abita da quelle parti e ancora ricorda, molti anni fa, che passava lungo quel marciapiede e venne importunata in modo pesante da un deficiente. Ma, insomma, di anni ne sono trascorsi e la ragazzina con la gonna cortissima di allora oggi è una donna attraente senza più eccessi.»
(Benedetti gli eccessi, mio pensiero.)

«A farla breve, arriva vicino all’ingresso, là dove ci sono il portone e la garitta, e loValfrè nuova oltrepassa. Tempo qualche secondo, intuisce una presenza alle spalle,  una specie di guizzo nerastro percepito con  la coda dell’occhio, e avverte senza ombra di dubbio da parte sua che una mano neppure tanto leggera le arpiona il sedere, come dire, in modo gagliardo. Insomma, la mano morta, si fa per dire, del molestatore. Si volta di colpo con la bava alla bocca per la rabbia e intenzionata a mollare un sacrosanto schiaffone, ma non vede nessuno.
Eppure, lungo la parte del corpo preferito da Tinto Brass, sente ancora una sorta di calore, quasi un pizzicore, perché il perfido stalker ha insinuato la sua zampa partendo dal basso, arrivando a sfiorare le mutandine. Bel mistero, vero?»
Sì, ma se non para da qualche parte, non è bello per niente. Ovvio che non lo dico ma annuisco ancora per confermare. E l’amico prosegue.

«Non vede nessuno, dicevo. E allora le viene in mente che lo zozzone non abbia potuto far altro che infilarsi dentro la garitta. La ragazza è tosta e inoltre siamo in pieno giorno. Se da questa parte non cammina nessuno, da quella opposta si vede un normale traffico pedonale. È pomeriggio, ci sono luce e gente, e se nascessero dei problemi, lei strepiterebbe a pieni polmoni. Quindi, senza indugio, fa un passo verso la garitta ma…»
(Ma cosa? Smettila con queste sospensioni da filodrammatica, altro pensiero mio.)

«… ma si blocca, perché – adesso ti riferisco parole sue – dalla garitta proviene uno strano rumore, il più strano che si possa immaginare, almeno secondo lei. Talmente terrorizzante che D. fa marcia indietro e non affermo che riprenda la strada a gambe levate, ma ci andiamo vicino. Il rumore? Grossi stracci bagnati che picchiano e sfregano da qualche parte dentro la garitta. Sciaf, sciaf, sciaf, swush, swush, regolare, un colpo ogni due secondi. Che ne pensi?»

«Io niente – stavolta lo dico -, e tu cos’hai pensato?»
«Niente pure io. Però avevo promesso a D. che ci avrei fatto un salto là davanti. E allora, qualche sera dopo – di sera perché di giorno non posso a causa del lavoro -, mi sono recato alla Valfré in macchina con un amico. Abbiamo posteggiato davanti all’ingresso e io sono uscito per sostare davanti la garitta.»

«E allora?»
«Niente, nessuno, nessun rumore. Che credevi? Allora, non so bene perché, sono entrato là dentro, ma giusto per vedere il mondo dal punto di vista di una sentinella. E ti assicuro che qualcosa è cambiato. Non era per le cartacce e altra roba perché la gente in genere tratta la garitta come un raccoglitore di spazzatura. E neppure per l’odore che magari necessiterebbe di un supplemento di indagine. Ma per il freddo, gli spifferi gelidi che non possono venire da nessuna parte, e soprattutto per la sensazione, o qualcosa di più, che lì dentro non ero da solo. Morale, sono schizzato fuori e volato in macchina. E, se devo dare un consiglio spassionato, in quel pezzo di Corso 100 Cannoni transitate dall’altra parte, quella dei giardinetti
(Ah, pensiero mio.)