Suicidio e eutanasia: ha senso legiferare sulla morte? [Controvento]

Lizzani Carlo 2di Ettore Grassano

Il recente suicidio del regista Carlo Lizzani,  così simile per modalità e circostanze a quello del suo collega Mario Monicelli (tre anni fa) ha ridato fiato ad un dibattito che, periodicamente, prende corpo in occasioni drammatiche, e poi si riassopisce.

Ho letto sul tema alcuni interventi interessanti, tra cui quello del collega Sandro Giliolie del professor Veronesi.

Due sguardi laici, sostanzialmente favorevoli all’eutanasia: del resto, ognuno di noi cerca sostegni più o meno autorevoli al proprio sentire personale, e rimango personalmente convinto che Monicelli e Lizzani abbiano compiuto una scelta coraggiosa e piena di dignità, e come tale da rispettare. Molto peraltro si è anche discusso (nel loro caso, come in quello di Lucio Magri) della componente di narcisismo che porterebbe, in sostanza, queste prime donne sul viale del tramonto a voler uscire di scena da star, così come sono vissute.

Bah…posto che il suicidio, a 20 anni come a 95 è sempre una scelta talmente assoluta e personale da meritare rispetto, silenzio e meno pettegolezzi che si può (come lasciò scritto Cesare Pavese), non posso non vedere, in chi cerca di utilizzare la scelta individuale di questi personaggi noti per sostenere la tesi dell’eutanasia come diritto da riconoscere per legge, un certo pericoloso snobismo. Con molto pragmatismo: ci rendiamo conto a quali possibili mostruosità andremmo incontro, legalizzando il ‘fine vita’? Nel Paese delle truffe, e dei nonni centenari custoditi nei congelatori per incassarne le pensioni (vedrete come aumenteranno nei prossimi anni!), quante volte ci troveremmo a confrontarci con il fenomeno, uguale e contrario, del nonno che ‘ha scelto di andarsene, noi abbiamo solo assecondato il suo volere?”.

Da laico, laicissimo, continuo a credere che “non Dio, decido io”, come cantava il grande Piero Ciampi, sia un valore da difendere.

Epperò io, appunto: non altri, e men che meno la burocrazia statale. Insomma: chi desidera la morte come fine delle proprie sofferenze già oggi, da solo o assistito de facto, può trovarla. E’ scelta drammatica quanto legittima. Ma eviterei di istituzionalizzare pure quel passaggio, e di consegnare allo Stato o ai tribunali anche questo dramma così personale, intimo e assoluto. Che ne pensate?