Borioli in Senato: “Su Eternit sentenza esemplare: ma molto resta da fare”

Borioli 2Presidente, Onorevoli Colleghi

Intervengo per evidenziare all’aula il rilievo storico, oltreché giuridico, della sentenza con la quale, ieri, il Tribunale di Torino ha condannato a 18 anni, per il reato di disastro colposo, l’industriale svizzero, Stephan Schmideiny, che insieme al barone belga, Louis de Cartier, di recente scomparso, si è reso responsabile di una delle più gravi tragedie ambientali, sanitarie, sociali che la storia industriale del nostro Paese abbia mai prodotto e conosciuto.

Mi riferisco alla vicenda Eternit e alla lunga e, purtroppo, ancora a lungo destinata a durare, catena di lutti che essa ha provocato: nei quattro siti in cui erano collocati, in Italia, gli stabilimenti del gruppo e, in particolare, a Casale e in tutto il Monferrato, parte fondamentale del territorio da cui provengo.
Le cifre di quel disastro sono impressionanti: poco meno di 1900 morti nel solo Monferrato casalese, quasi 3000 morti in Italia. Una cifra destinata a crescere ancora, a causa del lungo periodo di latenza delle patologie da amianto, e tra queste della più letale: quel mesotelioma pleurico che non dà scampo, e il cui picco epidemiologico è previsto nei prossimi decenni.
Ci sono voluti quasi vent’anni di lotte e battaglie, da parte dei lavoratori e delle loro organizzazioni, da parte dei familiari delle vittime e delle istituzioni locali, prima per ottenere ascolto e, poi, per intraprendere il complicato cammino lungo la strada della giustizia. E ci sono voluti oltre dieci anni di indagini, approfondimenti, acquisizione di documentazione scientifica, per approdare alla sentenza di ieri.

Della quale, non a caso, il Procuratore Capo di Torino, Giancarlo Caselli, ha detto che essa apre “una nuova pagina nella cultura giuridica in materia di lavoro”.
Ma oltre all’efficacia della giustizia, questa sentenza risarcisce un’intera comunità e migliaia di famiglie della dignità e dell’umanità offesa nella lunga stagione di un “negazionismo” ostinato e di un tentativo di svilire le ragioni delle parti lese, tentando di “monetizzare” quella tragedia, offrendo alle famiglie e alle istituzioni locali un frettoloso risarcimento in cambio del ritiro dalla loro costituzione in parte civile.
Un tentativo affacciato ancora non più di un anno e mezzo fa, rigettato con forza, grazie all’ostinazione della comunità locale, che ha avuto alla testa il coraggio di una donna, Romana Blasotti, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime dell’amianto, ottantasette anni, molti dei quali spesi nella battaglia per dare giustizia alla morte del marito, della figlia, della sorella, di una cugina e di una nipote e a tutti coloro che, con lei, hanno condiviso lotte e sofferenza.

Ecco perché è appropriato dire che la sentenza di ieri è il frutto maturo dell’attività intelligente della Magistratura e delle autorità inquirenti, ma è anche il risultato di una lunga marcia culturale e morale, di cui sono stati protagonisti i più deboli, le vittime di una tragedia che il Tribunale di Torino ha reso avamposto verso una nuova frontiera sul fronte dei diritti e della civiltà del lavoro e dell’impresa.
Non a caso, la battaglia per la giustizia avviata dalla comunità casalese ormai molti anni fa, ha via via raccolto nel tempo forza ed energia da parte di numerose comunità investite, in Italia e nel mondo, da analoghe e altrettanto drammatiche vicende.

Tuttavia, insieme alla soddisfazione per la sentenza di ieri, non posso non sottolineare come essa costituisca, insieme, un importante punto di approdo e un punto di partenza dal quale è possibile vedere i molti punti interrogativi che incombono sul cammino futuro verso la giustizia piena.
Il primo punto interrogativo riguarda la concreta erogazione dei risarcimenti riconosciuti alle istituzioni regionali e locali, nonché alle persone ammalate e alle famiglie delle vittime. Un tema che richiama l’esigenza di un impegno forte e diretto dal Governo, per ottenere dalle competenti autorità svizzere il riconoscimento e la conferma della sentenza di ieri, compresi i provvedimenti di natura finanziaria riguardanti un cittadino elvetico.

Il secondo riguarda le quasi cento famiglie che rischiano di vedere definitivamente decaduto il loro diritto al risarcimento a causa del decesso del barone belga, Louis de Cartier, l’altro imputato del processo, al quale la loro costituzione di parte civile era collegata. Un punto su cui richiamo sin d’ora l’esigenza che Governo e Parlamento verifichino tutte le strade possibili per dare risposta a una domanda di giustizia che non può rimanere inevasa.

Il terzo interrogativo riguarda, invece, la giustizia per tutti coloro che si sono ammalati o sono morti dopo il 2008, termine entro il quale erano configurati i reati oggetto della sentenza del Tribunale di Torino. Anche per questo fronte di “nuove vittime”, tragicamente destinato ad aumentare negli anni, occorrerà che lo Stato, oltre alle aule di giustizia, faccia sentire tutto il proprio sostegno alle vittime, alle comunità e alle istituzioni locali, in una battaglia che, inevitabilmente, sarà ancora lunga e difficile.

Infine, accanto a quanto stabilito dalla sentenza e da quelle che ad essa seguiranno, è fondamentale che siano messi in atto verso le comunità interessate, quei risarcimenti che, soli, possono accompagnare la progressiva fuoriuscita da quell’immane tragedia: le risorse necessarie a completare le bonifiche, anche anticipando le poste previste dalle provigionali richieste a Schmideiny; la realizzazione in Casale Monferrato di quel Centro nazionale
ed europeo per la ricerca e la cura delle patologie da amianto, che da tempo sta scritto negli obiettivi della Città di Casale Monferrato e che, con il precedente Governo, grazie in particolare all’iniziativa del Ministro Balduzzi, ha già mosso diversi significativi passi.

Su questo, Presidente, credo sarà importante che anche il Senato, a cominciare dall’attività delle Commissioni competenti, svolga la sua azione tanto nell’impulso verso l’azione del Governo, quanto nell’esercizio delle proprie prerogative.

Sen. Daniele Borioli – PD