La nuova inquisizione

Patrucco Giancarlodi Giancarlo Patrucco
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Capisco bene come il paragone tra il M5S e l’inquisizione promossa da Santa Romana Chiesa manchi di un tassello fondamentale: Grillo non prevede la tortura – non ancora – come mezzo di ravvedimento e di espiazione, mentre la Chiesa se ne fece dispensatrice con una certa larghezza, soprattutto dopo la seconda metà del XIII secolo. Ma gli altri paradigmi ci sono tutti.

La nuova inquisizione, come quella antica, rivolge i suoi anatemi contro tutti quelli che non rientrano nel “verbo”, in questo caso rappresentato da ciò che proclamano il fondatore e i suoi accoliti. Erga omnes, insomma, siano essi estranei o interni al movimento, o anche esprimano le loro opinioni nell’esercizio del lavoro d’informazione.

Il procedimento è sempre lo stesso e, ormai, tende a irrigidirsi in un format (per dirla alla Grillo) nel quale non cambia lo schema bensì l’intensità (e la volgarità) dell’invettiva. Con gli ultimi post grilleschi sul blog canonico siamo arrivati a un punto in cui, o torna indietro Grillo, oppure torneranno indietro molti dei suoi adepti. Ce n’è per tutti. Dal modo sprezzante e dall’interlocuzione spregiativa riservata alla casta, siamo passati rapidamente ai giornalisti, alle alte cariche dello Stato e alle sue istituzioni, per giungere agli erranti interni fino a comprendere tutti coloro che dissentono o criticano da fuori.

Tutto pattume (per non lasciarsi trascinare nella volgarità), tutta gente pagata per dir male del movimento, prezzolata e abbrutita da chissà quali giochi e quali percorsi individuali, comunque immondi. Non importa più distinguere, separare, discernere. Non importa più verificare, analizzare, pensare e ripensarci. Ciò che conta è una cosa e una cosa sola: l’uniformità. Condividere sempre e comunque ciò che dice il capo è l’unico segno sicuro di fedeltà e di correttezza nel percorso della fede.

In Dio? Ma no. In Grillo, che del movimento è fondatore, animatore, rappresentante, portavoce e, da qualche tempo a questa parte, duce.

Lo abbiamo visto bene sulle più recenti pagine del blog, lo abbiamo notato nelInquisizione comportamento dei grillini quando si riesce ad avvicinarli, ne abbiamo avuto una prova incontrovertibile a margine della visita al cantiere tav della Valsusa. Questi escono e il rappresentante, di fronte alla ressa dei giornalisti, non trova di meglio da dire che “faremo una commissione d’inchiesta per verificare come si spendono i soldi dei cittadini”.

Lì per lì, la frase mi ha fatto anche sorridere perché mi è venuto in mente il vecchio detto: chi controlla il controllore? Già. Non sarebbe la prima volta che una forma di controllo viene impiegata per bloccare di fatto un’azione e, qualunque cosa pensiate della tav, in quel casino mancherebbe solo un’inchiesta parlamentare. Se non la volete, ditelo. Se siete contro, dovete già aver dato vita a un’istruttoria che vi ha portato a quelle conclusioni. Metterci sopra il carico da 11 dell’inchiesta parlamentare ha il sapore di un’occhiuta azione inquisitoria, allo scopo di trovare qualcosa fuori posto e gridare all’avevamo ragione. Avevamo ragione noi. Avete visto?

Purtroppo, questo è il metodo prevalente, anzi l’unico metodo che veda praticato, oltre agli insulti, alle provocazioni e agli sfottò. Ma quanto può reggere in questa situazione una democrazia parlamentare come la nostra, quanto può reggere la Costituzione su cui si fonda, quanto può reggere un tessuto sociale già incrinato dal sospetto reciproco e dalla paura dello sprofondo in un’irrecuperabile povertà? Cosa fai quando un quarto dei parlamentari guarda agli altri ¾ come una iena guarda una carogna? Cosa fai quando l’azionista di maggioranza del 25% degli elettori guarda il restante 75% come a gente collusa, interessata, pagata? E, se va bene, solo a un popolo di sciocchi, che non hanno ancora capito e non si sono ancora adeguati al nuovo corso?

Beh, io sono uno di quegli eretici. Non mi foraggia nessuno, non mi spinge nessuno, non ho interessi nascosti da tutelare. All’inizio, per mio modo intrinseco di pormi e di pensare, ho pure guardato il M5S con una certa simpatia, individuando nel movimento la molla che poteva far saltare vecchi intrallazzi e antichi vizi della nostra democrazia imbalsamata.

Ma non voglio giurare obbedienza eterna, non voglio essere costretto ai diktat del capo, non voglio che lui parli al mio posto. Né contro di me, ma neanche per me.
Quello a cui tengo di più è la mia autonomia e la mia indipendenza di giudizio. Insomma, voglio essere uno, ma contare come gli altri. E dissociarmi quando la mia coscienza non ce la fa.

Dico, allora, che questo concetto di democrazia liquida è una stronzata. Che questa funzione dei guru è una stronzata. Che questa procedura da catarsi di gruppo è una stronzata. Che prendere per i fondelli chi non la pensa come te è una stronzata. E mi auguro che queste stronzate finiscano al più presto. Mi seccherebbe assai buttare nella pattumiera l’unica, residua speranza che avevo. Ma se Grillo butta nella pattumiera le mie speranze, io butterò lui. Senza girarmi indietro.