La patente di guida speciale: di che si tratta?

  di Giulia Giustetto

 

La patente di guida per persone con esigenze speciali raccontata attraverso brevi riflessioni e chiarimenti, ma soprattutto con la preziosa testimonianza di Cristiano, che ha dovuto imparare a conoscere se stesso due volte.

La conquista della patente di guida è per tutti sinonimo di indipendenza: a 18 anni, la prima pretesa che generalmente i figli manifestano ai genitori è proprio quella di acquisire il titolo necessario per spostarsi autonomamente, per intrattenere e, magari, intensificare le occupazioni quotidiane.

Esercitarsi con i quiz sulle regole di guida o anche alla conduzione di un’automobile, è una sfida personale con se stessi e con un sistema che non può chiudere un occhio sulle distrazioni, ascoltando giustificazioni dietro le quali, in molti altri ambiti, ci nascondiamo: tutti sono valutati attraverso le medesime prove. Osservando il valore umano di questa prova, dal carattere nettamente pragmatico, è inevitabile considerare la necessità di un approccio, paradigma per una moltitudine di prove nella vita, tale per cui s’impara a fare affidamento su se stessi e a sviluppare le competenze utili a superare gli ostacoli di una situazione tipica e del tutto imparziale.

Sia gli aspetti positivi legati all’indipendenza, sia le difficoltà riguardanti gli esami di teoria e di guida, esistono, inevitabilmente, in maniera consistente per le persone che, nella loro vita, devono percorrere una strada più ripida delle altre: si pensi a chi nasce con una disabilità o a chi l’acquisisce in seguito, per esempio, a causa di un incidente. In entrambi i casi, una persona deve imparare a vivere la quotidianità concentrandosi fortemente sulle proprie capacità e sviluppandone di nuove finché è possibile. Ecco come il valore umano di una prova, di cui prima si parlava, entra ancora in questo discorso e, forse più che mai, vi si stringe attorno. Nessun pietismo sgradito e poco edificante, poiché l’ostacolo, appunto, è lo stesso per tutti: ma la necessità di indipendenza e autonomia nel gestire ogni aspetto della propria vita è il motore di quelle persone, la cui forza di volontà è, molto spesso, il muscolo più potente che la società conosca.

E’ possibile, perciò, per una persona con disabilità acquisire la patente di guida e spostarsi autonomamente. Vediamo come.

Pochi rapidi chiarimenti

Le patenti di guida che possono essere rilasciate a una persona con disabilità sono le patenti A,B,C,D speciali, la cui validità generica è di 5 anni, con la possibilità che venga ridotta a causa delle specifiche condizioni o patologie in grado di alterare la situazione psico-fisica del titolare del documento.
Per ottenere il rilascio delle patente speciale, è necessario sottoporsi a una visita di idoneità presso la Commissione Medica Locale, che si richiede attraverso certificato medico compilato su un modulo specifico. La persona sottoposta a visita potrebbe dover presentare ulteriore documentazione clinica e, in caso di dubbi sull’idoneità, la Commissione potrebbe procedere attraverso una prova pratica su un veicolo adattato alle esigenze particolari. La valutazione di idoneità o di non idoneità, perciò, non si basa solo sulla visita o sull’analisi dei documenti, ma anche su una prova pratica specifica; nonostante gli accertamenti, però, l’interessato può presentare un ricorso –entro 30 giorni dalla valutazione negativa- se ritenesse di essere stato valutato con superficialità. Al contrario, il certificato di idoneità è valido 90 giorni.
La Commissione, inoltre, specifica sul certificato i dispositivi necessari alla guida sul mezzo modificato; essi verranno riportati anche sul foglio rosa e sulla patente. Sulla nuova patente europea, poi, i dispositivi speciali sono stati armonizzati in codici, uguali in tutti i Paesi, che descrivono l’adattamento obbligatorio sul veicolo, semplificando il lavoro della Commissione. Il collaudo del mezzo adattato è effettuato dalla Motorizzazione Civile.

Un prezioso esempio

Nel corso dell’anno di Servizio Civile per il progetto Vivere le differenze, svolto presso l’Ufficio del Disability Manager di Alessandria, l’Arch. Paola Testa, ho avuto il piacere di incontrare Cristiano, un uomo di 51 anni che nel 2012 è rimasto coinvolto in un grave incidente sul lavoro, a seguito del quale è entrato per la prima volta in contatto con il mondo della disabilità, in particolare quella cognitiva. Egli si è trovato, infatti, a ricalcolare le proprie attività sulla base delle nuove caratteristiche psico-fisiche che lo contraddistinguono e ha dovuto rinunciare, almeno per il momento, alla patente, sospesa: per Cristiano, però, l’idoneità alla guida è fondamentale, poiché nella sua lunga esperienza professionale, precedente all’incidente, come consegnatario o rappresentante commerciale di prodotti alimentari, la strada era una seconda casa. Con determinazione, perciò, l’uomo si è presto cimentato nelle esercitazioni per superare il primo step di questa impresa: il quiz dell’esame teorico.

Trovandomi faccia a faccia con lui ogni giorno, e aiutandolo a ripassare qualche regola della strada, ho deciso di rivolgergli alcune domande per capire meglio la sua situazione.

Cristiano, cosa significa per te il riacquisto della patente?
La patente, oltre a essere il documento che autorizza alla guida, costituisce per me il simbolo della mia priorità assoluta: la libertà. La libertà di cercare lavoro spostandomi in autonomia, di non dipendere continuamente dagli altri e anche, perché no?, di uscire da solo ogni volta che mi sento di farlo. E’ tanto semplice, quanto essenziale.

Stai incontrando qualche difficoltà?
Sì, come era prevedibile: sono, tuttavia, difficoltà molto diverse da quelle che mi aspettavo.

Perché?
Ero convinto che avrei fatto fatica a memorizzare le regole per quello che sono, in modo tecnico e teorico, invece non ho difficoltà in questo, bensì ne ho per altri motivi. Per quanto riguarda i quiz, sembrano più complicati di quelli che eseguii nell’85, quando presi la patente per la prima volta. Questa considerazione, però, è del tutto personale e può dipendere dalla mia età, ovvero dal fatto che sono passati tanti anni, ero praticamente un altro Cristiano e non ho un ricordo nitido di quel periodo, oppure può dipendere dalla mia disabilità. Sono certo, e ne sto avendo prova, infatti, di saper seguire il ragionamento dietro a ogni quesito, ma ritengo che sarebbe utile, per coloro che intendono conseguire una patente speciale, essere seguiti nelle prime fasi di ricostruzione delle regole, almeno per sommi capi, su cui si è chiamati a rispondere nei quiz, mentre ritengo essenziale un monitoraggio costante per prevenire i rischi di un peggioramento, o di un pericolo, quando si consegue il foglio rosa, per l’incolumità propria e altrui, perché bisogna tenere sempre presente che si tratta di una patente speciale, che riguarda, quindi, persone con esigenze speciali, le cui condizioni psico-fisiche, purtroppo, possono mutare piuttosto velocemente. Per questo trovo necessario un corso “intensivo” per la teoria e uno di guida sicura, specifico a seconda delle modifiche che si dovranno apportare al mezzo per poterlo usare in tranquillità.

Hai le idee piuttosto chiare, avrai pensato sicuramente a lungo, anche per valutare le circostanze della guida con il fine di tutelare, innanzitutto, la tua sicurezza. A proposito, hai qualche timore circa i limiti della guida?
Ho gli stessi timori che hanno tutti quando si mettono alla guida, aggiungendo, però, alcuni aspetti. Ho viaggiato per lavoro per diverse ore al giorno fino a 6 anni fa: questa, quindi, è per me una riabilitazione alla guida, per la quale sono ansioso, perché, se da un lato ho voglia e bisogno di spostarmi, dall’altro non conosco ancora precisamente la mia reazione alla guida di un veicolo e al traffico. Non ho mai condotto un mezzo con il cambio automatico, devo imparare da capo; temo persino che la mia lunga esperienza precedente all’incidente sia così vanificata. Il timore più grande, tuttavia, è quello di avere un momento di disattenzione, ed è il più probabile degli eventi, se si pensa che succede a tutti, anche a chi non ha una disabilità.

E per quanto riguarda il traffico?
Il traffico è motivo di rabbia e insofferenza nei confronti del prossimo per quasi tutti, compreso me fino a qualche anno fa. In quanto ex- automobilista, non ho, tuttavia, trascorso gli ultimi 6 anni ignorando le dinamiche della strada, anzi, ho osservato che la condizione dell’utente debole (il pedone, il ciclista, il neopatentato o il praticante alla guida) è rispettata una volta ogni tanto. Per strada, nonostante vi siano regole precise a tutela di tutti, spesso vige “la legge del più forte”, o del più prepotente. Sentendomi ora, dunque, un utente debole della strada, la mia preoccupazione per i disagi del traffico si unisce a un appello al senso civico degli automobilisti, con l’obiettivo di rispettare davvero le regole a nostra tutela. Certo, sarebbe più semplice se per tutti le indicazioni fossero più chiare…

A cosa ti riferisci?
Alla segnaletica, ma non tanto a quella verticale, quanto a quella orizzontale. Mi sentirei più tranquillo se vedessi una linea, a terra, ben definita e chiara, che imponga il rispetto del limite che definisce. A parte la segnaletica, le strade sono un problema: le ho viste peggiorare di anno in anno, anche senza prendere la guida di un veicolo; se per una persona che ha la fortuna di possedere una patente normale, una strada dissestata costituisce un pericolo e, magari, causa un incidente, si può solo immaginare l’ansia che la trascuratezza di alcune strade può suscitare in un utente come me, che ha o vuole ottenere una patente speciale a causa delle limitazioni personali. Quando ci si trova in difficoltà, si chiede agli altri, a gran voce, il rispetto delle regole. Vorrei che questa testimonianza fosse una lezione di vita per ciascuno: dovremmo imparare a chiedere qualcosa per chi ha esigenze diverse dalle nostre anche quando non siamo coinvolti direttamente dalla circostanza, o, addirittura, quando potremmo essere personalmente limitati nelle intenzioni da una regola un po’ “severa”.

Quindi non stai vivendo questo periodo di preparazione all’esame, che di fatto allunga ancora il distacco fra te e la libertà di spostarti, come un ostacolo fastidioso: anzi, stai imparando qualcosa di utile da un’esperienza che di per sé non arricchisce più di tanto?
Per quanto piacerebbe a molti ottenere tutto e subito, sin da bambini si impara che, per raggiungere un risultato, occorre darsi da fare. Da adulto, invece, so che anche la più consueta delle esperienze, può arricchire con effetti a lungo termine che, in genere, non si prevedono. Il lavoro principale, infatti, in questo caso, non è prepararsi al quiz o alla guida, che pure sono i protagonisti del nostro discorso, ma imparare a programmare alcuni obiettivi con scadenza a breve termine in vista di uno scopo più grande e, soprattutto, conoscere meglio se stessi nella disabilità, lavorando sui propri limiti e ridimensionando la percezione che si ha avuto di sé per una vita intera.