Baraldi pronta a festeggiare il mandato, ma intanto il personale dell’ospedale “ha 24.000 giorni di ferie residui” [Centosessantacaratteri]

10 a Enrico Sozzetti, zero agli anonimi del web! [Le pagelle di GZL] CorriereAldi Enrico Sozzetti

 

 

Mentre Giovanna Baraldi, direttore generale dell’azienda ospedaliera ‘Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo’ di Alessandria si appresta a celebrare la fine del mandato triennale (è entrata in carica il primo maggio 2015) con la prossima presentazione del ‘Bilancio sociale e di missione 2015-2018’ che si annuncia particolarmente positivo, a suo giudizio ovviamente, c’è chi non la pensa in questo modo.

“Quasi 24.000 giorni di ferie residui”. Il dato arriva, secco e diretto, dalla segreteria del sindacato Nursind di Alessandria. “Questo – si legge su una nota – è il preoccupante ed emblematico numero che riguarda le giornate di ferie residue accumulate dal personale dell’ospedale”. Il Nursind (rappresenta gli infermieri alessandrini) ha chiesto all’azienda di organizzare “al più presto un piano d’emergenza per affrontare e sopperire le criticità presenti, rendendosi disponibile a collaborare. Ora è in attesa di un riscontro immediato”. Per il sindacato delle professioni infermieristiche esistono “casi non più tollerabili, con dipendenti che hanno accumulato un numero di ferie residue che si aggira intorno ai 90-100 giorni. Nonostante l’accordo raggiunto sullo smaltimento delle ferie arretrate, fortemente voluto e proposto dalla stessa dirigenza nel dicembre 2015, il patto non è stato applicato, e così ferie residue, carenza di personale e rientri sul riposo continuano ed essere elementi critici all’interno del sistema sanitario locale”.

Salvatore Lo Presti, segretario territoriale Nursind Alessandria e membro del direttivo nazionale, parla di alcune conseguenze come “la discriminazione e differenze tra dipendenti che hanno potuto godere e usufruire dei benefici dell’accordo e dipendenti, che per colpe non loro, non hanno potuto esercitare gli stessi diritti”. Tutto questo è la conseguenza della carenza cronica di personale e gli effetti oltre che sullo smaltimento ferie si ripercuote “gravemente sulla qualità assistenziale”. Per il Nursind, un’azienda “che colloca il personale in questa posizione mette a rischio prima di tutto la sicurezza dei dipendenti stessi e conseguentemente mette a repentaglio la sicurezza dell’utenza. Il continuo abbandono del posto di lavoro del personale, che preferisce spostarsi verso altre strutture sanitarie più lontane, anche se risiede ad Alessandria – aggiunge Francesco Pesce, segretario aziendale di Nursind Alessandria – deve essere un chiaro segnale di come la situazione sia piuttosto critica ed evidenzia il grande impegno e la competenza del Dipsa (Direzione delle professioni sanitarie) e dei coordinatori, che nonostante le poche e a volte insufficienti risorse messe a loro disposizione, riescono comunque a garantire al paziente un servizio sempre d’eccellenza”.

Il Nursind è preoccupato anche per un altro motivo. “Nei prossimi mesi sono in previsione uscite di parecchi Cpsi (collaboratore professionale sanitario infermieri). Qualcuno si è chiesto e si è dato delle risposte riguardanti i motivi di questo fuggi fuggi generale? Tutto questo – le parole sono ancora di Pesce – comporta vuoti organizzativi in concomitanza del periodo estivo, che potrebbero comportare addirittura la chiusura di qualche servizio a discapito dell’utenza, oltre alla difficoltà di garantire i turni necessari, con l’inevitabile conseguenza di richiedere ancora una volta ai dipendenti di rinunciare al proprio riposo che è imprescindibile per garantire il recupero psicofisico necessario”.

Nonostante un parziale sblocco delle assunzioni e alcune iniziali inversioni di tendenza, il nodo del personale resta in larga misura irrisolto. O meglio, non di tutto il personale perché l’azienda ospedaliera di Alessandria sta continuando a fare ricorso in modo significativo ad Amos (Azienda multiservizi sanitari e ospedalieri). È una società consortile a responsabilità limitata, sede a Cuneo, i cui soci sono l’azienda ospedaliera ‘S. Croce e Carle’ di Cuneo con il 34,93 per cento, l’Asl Cn1 (33,4 per cento), l’Asl di Asti (25,05 per cento), l’Asl Cn2 (4,18 per cento), l’azienda ospedaliera ‘Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo’ di Alessandria (2,44 per cento). All’interno del ‘Comitato per l’esercizio del controllo analogo’ di Amos siede Francesco Arena, direttore amministrativo dell’azienda ospedaliera ‘Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo’. Dipendenti di Amos sono utilizzati per il servizio di ‘movimentazione dei pazienti’ all’interno dei reparti, al Pronto Soccorso e nelle sedi diagnostiche, il servizio della camera mortuaria, . Costano meno perché, seppure svolgano attività in ambito sanitario, hanno un contratto differente e inoltre i costi sono ‘Iva esente’. Ancora a metà marzo è stato deliberato il potenziamento della “movimentazione interna dei pazienti” nel nuovo blocco operatorio, affidando un ennesimo incarico ‘in house’ ad Amos che vale complessivamente per questo servizio un canone mensile che passa da 46.000 a 55.500 euro. Sempre iva esente.