Al Triangolo Nero sei artisti espongono i loro monotipi

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L’associazione culturale ‘Il Triangolo Nero‘ ha sempre mostrato attenzione e curiosità particolari nei confronti di una tecnica, la ‘monotipia’, forse non molto considerata e conosciuta ai più, ma ricca, a ben guardare, di frequentazioni di livello eccelso.

A tal proposito ricordiamo al Triangolo soprattutto tre autori, Gallizio, Morando e Simondo, le cui mostre furono incentrate proprio sulle loro ‘impressioni’ monotipiche e anche le altrettanto interessanti ‘mostre a due’ di Fonticoli-Morandi e Forster-Magrini.

Per monotipo si intende generalmente una stampa, tirata in esemplare unico, di un disegno o dipinto eseguito dall’artista su una lastra metallica (ma non si dimentichino i classici monotipi ad olio su vetro!) con inchiostro calcografico, colori ad olio, o altro ancora, e trasportato sul foglio di carta mediante la pressione di un torchio o della semplice pressione manuale. Da questo assunto tecnico si sono dipanate, nel tempo, molte ricerche e varianti, con l’introduzione di innovazioni esecutive e riprese con ulteriori azioni creativo-correttive, che hanno permesso ad una tecnica ‘di nicchia’ di diventare solida e foriera di novità fresche e inventive nel panorama della pittura contemporanea.

Sei, in ordine alfabetico, sono gli artisti presenti in questa piccola rassegna al Triangolo Nero, che mettono a confronto le loro intuizioni creative all’insegna della ‘improntazione’ monotipica-pittorica: GIANNI BARETTA, LUISA ELIA, PAOLA FONTICOLI, REBECCA FORSTER, MARCO MAGRINI, ALBANO MORANDI.

Questo sestetto di artisti si caratterizza, a grandi linee, per una equa e suddivisa presenza di scultori e pittori.

Nel primo gruppo, in cui prevale di più l’idea disegnata, Luisa Elia interpreta il monotipo con l’utilizzo prevalente di un segno che deriva dalle evoluzioni plastiche di una matassa di stoppa filamentosa immersa in misteriose coloriture monocrome. Rebecca Forster, con una serie di carte interrelate dal suggestivo titolo di  ‘Mappare il sole’ sperimenta l’incontro luminoso e lieto tra impressione linoleografica e acrilico a spruzzo. Marco Magrini ‘danza’ con eleganza disegnativa, usando piccoli timbri di gomma e frammenti a collage, nel tessere ‘Piccoli mandala degli insetti impazziti’ mettendo in discussione con spiritosa ironia i canoni della monotipia tradizionale.

Il secondo gruppo è formato da artisti che hanno in comune una pratica della pittura, condivisa soprattutto per scelte legate ai modi e ai tempi dell’astrazione e del segno. Rigorosi e strutturalmente definiti, con architetture memori di delineate geometrie, sono  i monotipi impressi da Albano Morandi, caratterizzati anche da interventi con stampini da stoffa oltre che da colori composti da impasti anomali. Paola Fonticoli, con la consueta eleganza formale, inventa anche lei geometrie curve e fluide che grazie ad interventi successivi alla stampa al torchio, assumono valenze cromatiche ed equilibri compositivi molto vicini alla perfezione. Gianni Baretta utilizza la monotipia, memore di una consistente esperienza calcografica, per continuare ad indagare sul segno e sul colore e inventa una serie di ‘partiture’ in cui le emozioni emergono da un preciso retroterra di interessi poetico-musicali.