Severini, il mosaico paradigmatico di una città in cerca di autore [Centosessantacaratteri]

Sozzetti Enricodi Enrico Sozzetti
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L’edificio è stato completato all’inizio degli anni Quaranta del secolo scorso. Imponente, squadrato e decisamente bruttino, è la sede di Poste Italiane. Nulla di speciale, tranne una cosa, unica in Italia: i trentotto metri di mosaico di Gino Severini che racconta la storia delle telecomunicazioni. Un’opera d’arte a cielo aperto. Un valore oggi milionario. Eppure per decenni e decenni è rimasto lì, come un banale tentativo di abbellimento, amato da pochi, tutelato da ancora meno persone, simbolo vivente dell’arte italiana e della capacità, altrettanto italiana, di non riuscire a valorizzare le cose belle che il Paese possiede.

Siamo ad Alessandria, terra di contraddizioni e miti, capoluogo capace diMosaico Severini senza auto celebrare il passato che non c’è più, ma molto meno il presente. Il mosaico di Severini è un altro paradigma. L’ennesima interpellanza in Consiglio comunale (presentata dal consigliere Renzo Penna di Sel) rilancia la questione della valorizzazione, mentre Tony Frisina, uno dei pochi alessandrini che da sempre lotta per difendere questo pezzo unico della storia dell’arte italiana, scende ancora una volta in campo. E così mentre dietro ai paletti che separano il marciapiede dal mosaico si accumula l’immondizia abbandonata da incivili cittadini e davanti si continuano a parcheggiare biciclette e scooter che insieme ai parcheggi per disabili e per carico e scarico di Poste italiane, contribuiscono a erigere quella barriera che rende quasi invisibile, benché alto 1,20 metri, il mosaico dell’artista che all’inizio del Novecento fu tra i firmatari del manifesto del Futurismo.

Gli alessandrini capiscono? Chissà. Giunte comunali della prima e seconda repubblica si sono avvicendate, ma il dialogo con l’amministrazione postale, quando c’è stato, non ha portato quasi a nulla. Oggi Palazzo Rosso ci riprova. E mentre il critico d’arte Philippe Daverio in una intervista a RaiNews24 propone di spostare il mosaico in un museo, il sindaco di Alessandria, Rita Rossa, spiega che l’amministrazione sta studiando soluzioni alternative e dichiara, come riportato da più organi di informazione, che lei “sogna una piazza della Libertà dove non sia possibile posteggiare lungo tutto il perimetro” e si dice quindi d’accordo “a trovare soluzioni differenti”. Considerando che è il sindaco, sarebbe da auspicare che lo faccia. Frisina lo ha anche chiesto più volte, ma è solo un privato cittadino cui sta a cuore l’opera di Severini. Come finirà stavolta? Che il palazzo è delle Poste, che la soluzione deve essere frutto di un progetto condiviso anche a livello ministeriale, che ci sono anche idee per illuminare il mosaico, che sono necessarie risorse e volontà forti. Quello che conta è avere le proposte chiare. Un sindaco e due assessori (Marcello Ferralasco all’Urbanistica e Vittoria Oneto alla Cultura) dicono che intendono spostare l’area di sosta delle auto sull’altro lato della strada, non vogliono “coprire il mosaico con il plexiglass”, oppure ” spostarlo in un museo: non c’è nessun luogo in cui sarebbe più visibile di dove è ora. Togliere le auto aiuterà, ma sono sicura che tanti alessandrini sanno già della sua presenza” dice l’assessore alla Cultura. Faremo, valorizzeremo, proporremo. Un altro paradigma alessandrino.