Tra il dire e il fare… a proposito di sostenibilità

Cavalchini nuovadi Pier Luigi Cavalchini
www.cittafutura.al.it

 

 
Ritornare da ECOMONDO di Rimini e trovarsi, al termine di un viaggio con tre cambi ed un ritardo finale di trenta minuti, alla Stazione di Alessandria è stato più impattante del previsto. Soprattutto perché si è immediatamente toccato con mano (anzi, visto con i propri occhi) il livello di degrado e di approssimazione a cui ci siamo – purtroppo – abituati.

Situazioni che stridono tremendamente con i principi (e le realizzazioni) che si sono potute vedere ad ECOMONDO. Penso sia noto che si tratta di una specie di grande “mostra espositiva” di tutte le novità teorico-pratiche nei vari campi dell’Ecologia, dell’Ingegneria e dell’Architettura sostenibile, della Green Economy, dell’Etica Ambientale, dell’Educazione e potrei ancora continuare… Insomma quasi un paradiso in Terra per chi, come me, è convinto della necessità di un uso più razionale del territorio, di un modo di vita più virtuoso e senza sprechi, ben sapendo che “Gaia” (la Terra) è unica, e quella dobbiamo conservare per chi verrà dopo di noi. Così, per quasi una settimana, si sono alternati i fisici, i medici, i tecnici e gli educatori più ferrati delle materie trattate sfidandosi – quasi – a chi era riuscito a realizzare il miglior impianto, il più conveniente, riuscendo a convincere politici e affaristi riottosi. Una vera manna, purtroppo poco divulgata dai media, che meriterebbe qualche approfondimento in più (che faremo).

Come scrivevo prima, il problema sta però nell’impatto tra una possibile realtà allaEcomondo portata (sapendosi organizzare) ed una condizione di abbandono giustamente segnalata in una recentissima presa di posizione di due consiglieri comunali alessandrini che proprio in questi giorni hanno presentato una mozione sull’argomento (1).

Così è…
Una delle occasioni di approfondimento proposte a Rimini è stata la seduta dello scorso 5 novembre avente per tema: ” Gli obiettivi ambientali nella pianificazione della mobilità urbana ed il ruolo dei sistemi di trasporto collettivo su gomma ad alimentazione alternativa” a cura di ASSTRA (Associazione Trasporti) e ANAV (Associazione Nazionale Autotrasporto Viaggiatori), una vera chicca pensando ai mal di pancia dell’ 80% dei Comuni italiani sull’argomento. Questo è infatti il dato, desumibile da più analisi (dal “Sole 24 Ore” allo stesso Istituto Nazionale di Statistica), rispetto alla capacità di predisporre piani di mobilità urbana che permettano veramente di avere una diminuzione dei flussi delle auto, specie con un solo passeggero, di migliorare la qualità dell’aria e di rivitalizzare il trasporto pubblico in tutte le sue forme. Fra queste ultime anche la possibilità di rendere più appetibile il trasporto su rotaia integrato con quelli – su più grande rete – che permettono collegamenti su medie – lunghe distanze.

ZtlE…se i numeri riguardanti i sistemi intra-urbani sono poco favorevoli, con variazioni continue di Zone a Traffico Limitato (quasi una fisarmonica, a seconda del colore politico dominante…), difficoltà a costruire parcheggi moderni e funzionali, problemi con i residenti e con i commercianti, piste ciclabili poco usate e isole pedonali odiate più che i “check in” all’aeroporto, non migliore è la situazione del traffico merci e passeggeri da una città ad un’altra.

Prendiamo l’esempio di Alessandria, la città in cui vivo.

In questa città del Piemonte, molto vicina a Lombardia e Liguria, fra il primo ed il secondo conflitto mondiale del secolo scorso andava ad incrociarsi uno dei principali nodi ferroviari nazionali, perno degli scambi tra nord e sud della nazione e anche tra l’Italia e le vicine Svizzera e Austria. Fu la posizione geografica che favorì la città di Alessandria che riuscì, così, a diventare il secondo snodo ferroviario per le merci, dopo quello di Bologna.
Negli anni compresi fra il 1950 e il 1960 la città, equidistante rispetto a Torino, Milano, Genova e al centro del triangolo del “miracolo economico”, vide aumentare le sue potenzialità di collegamento fra i centri dello sviluppo industriale e ciò permise a questa parte di Piemonte di beneficiare appieno di quello che fu il “boom economico”.

La perdita di importanza del nodo ferroviario di Alessandria iniziò a fine anni ’80;Stazione Fs Alessandria tutto cominciò con una diminuzione di importanza dello scalo merci per effetto della nascita del “centro” di Torino Orbassano e, qualche anno dopo, per la costituzione ex novo dello scalo CIM di Novara. Il colpo finale venne dalla scelta delle Ferrovie dello Stato di una graduale cessazione del trasporto merci a carro singolo.

D’altra parte era già iniziata una graduale diminuzione d’uso del servizio ferroviario, a vantaggio dell’automobile, bene primario sostenuto da incentivi economici e facilitazioni di ogni tipo. Così dal 1976 al 2006 , trent’anni, si registra una flessione del 31% di passeggeri che utilizzano treni in partenza o in transito dalla città (Dati Regione Piemonte – nota 1)

Scalo merciNel 2007 lo scalo di Alessandria Smistamento, pur indicato come uno dei 5 hub (centri) principali per il traffico merci, non vedeva un rilancio del trasporto per mancato sviluppo della logistica, mancata permanenza dei vettori insediatisi nel frattempo (Railion) e riduzione del servizio di manovra. A proposito, anche sulla “Logistica” e sul suo peso nel futuro dell’economia (anche di quella “green”) si è discusso a Rimini, sottolineandone gli aspetti di impiego limitato – così come è oggi – esclusivamente funzionale all’assemblaggio e alla preparazione di pezzi o parti prodotte altrove.

Proprio questa caratteristica di “Logistica da anni Ottanta dello scorso secolo” ha portato alla ulteriore penalizzazione dello scalo. Infatti, la decisione presa dall’Amministrazione del Sindaco Pier Carlo Fabbio (F.I. – 2007/2012) di spostare la destinazione dell’area per la logistica dalla zona Sud di Alessandria (in continuazione dello scalo ferroviario attuale (a Casalbagliano) a quella Nord di San Michele (peraltro mai iniziata e realizzata) ha ulteriormente compromesso le possibilità di sviluppo della medesima. All’origine di questo impasse ci fu – oltre a tutto il resto – la forte opposizione delle associazioni agricole e di alcune associazioni ambientaliste che fecero presente l’inadeguatezza di un allargamento di un’area scalo in presenza di parti non utilizzate sotto vincolo ferroviario. Per fortuna, alla fine, vinse il buon senso ed i campi ad “elevata vocazione agricolturale” furono salvaguardati. Restarono però gli stanziamenti inevasi (circa 500.000 euro ancora nelle pieghe di bilancio) e tanto disorientamento.

Oggi l’enorme area occupata dallo Scalo ferroviario alessandrino risultaTerzo valico camion utilizzata solo per il 25/30 per cento della sua potenzialità. In particolare la vasta zona che si estende fino a Casalbagliano, attualmente di FS Logistica, è da tempo inutilizzata, mentre la parte dello scalo ancora in uso ha visto una – piccola – ripresa del traffico da e per il porto di Genova; nulla che giustifichi, pero’, un’opera mastodontica come il “Terzo Valico” ferroviario, doppia linea ad Alta Capacità/Alta Velocità tra Genova e Milano. Si è passati, infatti, da previsioni di 18, 20 milioni di TEU annui (1995) ai più prosastici 1,5 milioni certificati attuali. Ma, nonostante tutto, l’opera di trivellazione va avanti ed è continua la ricerca dei sei miliardi e più di finanziamento che dovrebbero servire per realizzare l’intera galleria e le infrastrutture connesse. Grande opera inutile (ormai quasi per tutti) ma che “s’ha dare” … e il toscanismo non è casuale.

Regione PiemonteMa ritorniamo a noi. Questo quadro sconfortante che, pur riguardando una realtà di provincia, la dice lunga sulla capacità di innovazione del nostro sistema dei trasporti, ci porta a ricordare che dal 2000 le Regioni hanno la piena responsabilità per quanto riguarda le politiche in materia di servizio ferroviario locale. E, se andassimo a fare una valutazione di danni e benefici, nel caso del nodo di Alessandria, si andrebbe a registrare un netto arretramento rispetto alla gestione “centralizzata” precedente, a causa di tutta una serie di fattori. Le regioni sono subentrate allo Stato anche nel ruolo di interlocutore con i diversi concessionari che operano il servizio regionale e dal 2001 hanno avuto trasferite le risorse…. Bene…no malissimo! Perché la gestione di quei fondi non è stata all’altezza.

La perdita di importanza del nodo ferroviario di Alessandria per i passeggeri e laTreno_alta-velocita crescente limitazione del servizio nelle medie e lunghe tratte, è una diretta conseguenza della realizzazione, nei primi dieci anni del nuovo secolo, dell’Alta Velocità sulla direttrice Milano-Bologna-Roma; in effetti nell’estate 2005, per i passeggeri, nella stazione di Alessandria si trovavano ancora treni per Vercelli, Ovada, Castagnole e Alba, era possibile avere un discreto numero di treni a lunga/media percorrenza con l’aggiunta di collegamenti festivi per le località rivierasche (ad esempio una coppia di treni Domodossola-Albenga e una coppia Biella-La Spezia). Tutti servizi che, in seguito, sono stati soppressi. A questa situazione di arretramento, ovviamente figlia dei tagli alla spesa pubblica e di una “scure indiscriminata” che ha portato ad un peggioramento dell’offerta e ad una diminuzione di addetti, si deve aggiungere il carente/quasi assente collegamento ferroviario tra le sedi dell’Università tripolare del Piemonte Orientale (Alessandria-Novara-Vercelli). Quasi come un essere mitologico con tre teste ma con i collegamenti irrimediabilmente recisi.

IntercityOltretutto negli anni successivi al 2005 non sono diminuiti solo il numero dei treni a media e lunga percorrenza, ma anche la fascia oraria dei collegamenti con le località vicine. Ad esempio mentre nel 2005 arrivava un treno da Torino alle 1.34 e alle 4.08 partiva il primo per Torino e il primo treno per Genova partiva alle 4.52 e l’ultimo treno arrivava 22.38, oggi arriva alle 0.54 un treno da Milano C.le, l’ultimo da Torino alle 23.37, il primo per Torino alle 4.12. Per andare a Genova il primo treno è alle 5.44 da Tortona, altrimenti si devono attendere le 6.31 e l’ultimo treno da Genova arriva 22.29. Ma si tratta di una condizione in continua evoluzione, che varia, di solito , al cambiare della scansione oraria periodica. Per esempio, in quest’ultimo anno, si è avuto uno sviluppo del traffico viaggiatori sulla direttrice Torino Genova, con l’ inserimento di nuovi treni e un aumento relativo della velocità: tale decisione ha portato ad un incremento dei viaggiatori, in misura tale da far considerare, finalmente, strategico questo collegamento. A tal proposito la paventata e poi rientrata cancellazione dei treni intercity sulla tratta Torino-Genova rappresenta un elemento cui prestare particolare attenzione ed è una riprova che se si vuole investire nelle infrastrutture e se queste ultime devono rispettare i dettami di una vera green economy, bisognerà partire – senza dubbio – dal traffico giornaliero pendolare, quello che registra più biglietti, più prenotazioni e che, nonostante tutto, continua ad essere la fonte primaria di finanziamento di RFI.

Ma c’è ancora di peggio…. a riprova del fatto che la disperata lotta con l’abitudine ad una “spesa facile” di altri tempi (specie dagli anni Settanta ai Novanta dello scorso secolo) ha prodotto danni durevoli e di difficile correzione.

A partire dal 2015, per i treni passeggeri, non esistono più o sono ridotti al minimo i collegamenti diretti con Piacenza, Bologna, Firenze e in generale le località del centro Sud. Inoltre la situazione della direttrice Tirrenica risulta particolarmente penalizzata, come ripetuto decine di volte anche tramite raccolta firme o lettere controfirmate da decine di sindaci.

La decisione della precedente Amministrazione Regionale (dell’onorevole Cota, Lega Nord) di sopprimere numerose linee locali della ferrovia, ha compromesso il servizio in diverse località del nostro territorio e lo ha reso più disagevole soprattutto per i pendolari. Ad esempio, l’ultimo treno da Alessandria per Acqui Terme parte alle 19.43 e per Casale Monferrato alle 19.35. Con tali orari non si può utilizzare il treno per rientrare a casa, non solo se si arriva da fuori provincia, ma nemmeno se si lavora in Alessandria. I numeri parlano chiaro: “il D.L. n.78/2010, nel ridurre considerevolmente i trasferimenti statali alle Regioni, ha operato tagli diretti al trasporto pubblico locale e successivi ulteriori tagli si sono avuti nel 2011 per 302 milioni di Euro (-6%) e nel 2012 per 571 milioni di Euro (-11,4%)” (nota 2)

Stazione Centrale MilanoSolo un dato è in controtendenza: l’aumento del traffico diretto a Milano (passato da 10 a 22 treni giornalieri con incremento verso la Stazione Centrale) con l’obiettivo evidente di incentivare l’ Alta Velocità, che deve – comunque – scontare problemi di obsolescenza di linee aeree e di tratti di binari su cui si interviene sempre meno e con costi elevati a causa della polverizzazione dei servizi di manutenzione, ormai stabilmente “dati in gestione” a società esterne a RFI. Anche su questo, sulle modalità di incarico, sui tempi di lavoro, sui rischi, sulle tutele lavorative, bisognerebbe tornare. “Green Economy” è anche lavorare in condizioni di lavoro ottimali (o per lo meno adeguate), con una paga decente ed un corretto rapporto con l’ambiente circostante.

Nonostante tutto il nodo ferroviario Alessandrino ha strutture e capacitàAutozug alessandria all’altezza della situazione, permettendo in sicurezza il passaggio di oltre 300 treni giornalieri, ma ha perso i collegamenti e i servizi di “qualità ” come i treni da e per Parigi e i servizi auto al seguito “Autozug” e “Autoslaap”; questi ultimi portavano dal nord Europa in tutta sicurezza, con un servizio veloce e, solitamente, con biciclette al seguito, centinaia di persone a settimana che avevano la possibilità di pernottare in provincia con tutte le opportunità collegate. Una penalizzazione grave per chi ha fatto dell’ospitalità di qualità, della buona cucina, dell’accoglienza la principale ragione di vita. Un’altra bella mazzata per la nascente “green economy” locale con fallimenti milionari che hanno riguardato produttori di diversi settori.

Ma ci sono novità: a livello di Regione Piemonte la nuova Società della ferrovia in fase di costituzione che gestirà il servizio ferroviario nell’area torinese estendendolo ad Asti e a parte del cuneese. In seguito alla scelta di indire le procedure di gara e la frammentazione in lotti del servizio ferroviario del Piemonte, si rischia – però – di marginalizzare ulteriormente l’Alessandrino. Tutto questo con inevitabili negative ricadute sull’utenza e sui lavoratori del settore, così come anche sostenuto dai Sindacati dei trasporti. L’insieme, già di per sé fosco e complesso ha degli ulteriori punti di debolezza che attengono le condizioni dei dipendenti dello scalo di Alessandria, il loro ambiente di lavoro e le “tutele” progressivamente sempre più esigue.

Stazione Alessandria internoAnche qui gli esempi, estensibili a buona parte degli scali nazionali da poco interessati a profondi interventi di “restyling”, non mancano: la Stazione di Alessandria, sottoposta nell’ultimo decennio alla gestione della Società “Cento Stazioni” che avrebbe dovuto “riqualificarla e valorizzarla”, presenta la maggioranza degli spazi commerciali invenduti e ciò contribuisce a rendere l’aspetto generale desolante. Per quanto riguarda i servizi, se positiva è stata la realizzazione degli ascensori per l’accesso facilitato ai binari, rimane non risolta la destinazione di adeguati spazi per il parcheggio delle biciclette, ora abbandonate in condizioni di degrado non più sopportabile direttamente di fronte all’uscita principale della Stazione stessa. Discorso analogo merita la definizione, che deve essere concordata in tempi brevi con la Regione, oltre che col Comune e le autorità ferroviarie, di un’area ampia e ben servita destinata all’arrivo, allo stazionamento e alla partenza degli autobus onde facilitare il servizio complessivo all’utenza, anche qui – come logica vuole – prevalentemente caratterizzato da pendolarismo locale.

Come dovrebbe essere…
Dopo tutta questa litania fa sicuramente tenerezza quanto ha scritto, penso per l’ennesima volta, la Commissione Regionale Trasporti nel corso dell’anno 2013… Le dizioni sono corrette ma “leggere” come se si temesse di scomodare qualcuno o qualcosa da un torpore centenario. Mancano, vi assicuro che mancano perché li ho cercati in tutti i documenti possibili, scadenziari precisi, tempi di attuazione, assegnazione e modalità di assunzione di responsabilità e, soprattutto, fondi a disposizione. Non a caso il primo punto – espresso in modo perentorio – specifica senza mezzi termini che il problema è di “coperture”… cioè di “chi paga”.

Ma andiamo a leggere il dettaglio
“Tali obiettivi (riferiti alla “mobilità sostenibile) sono perseguibili attraverso un insieme di strumenti. Vi rientrano:
a) regolazione procompetitiva (sic) orientata alla corretta allocazione di risorse scarse;
b) sostegno all’innovazione tecnologica nella costruzione (nuovi materiali e strutture più resilienti a eventi estremi) e gestione (Intelligent Transport Systems, infomobilità) delle infrastrutture di trasporto;
c) destinazione prioritaria delle risorse verso interventi che insistono sui quattro corridoi TEN-T che attraversano l’Italia
Realizzazione di nuovi “Grandi Progetti” ferroviari (nell’accezione comunitaria: infrastrutture e tecnologie), concentrando gli interventi sulle 4 direttrici prioritarie che attraversano l’Italia individuate dallo schema comunitario TEN-T (praticamente una grande croce tra la direttrice “Genova-Rotterdam” e l’altra “Lione-Kiev” ) proseguendo gli interventi lungo le linee individuate dai CIS nell’ambito del Piano d’Azione per la Coesione.
Interventi diretti a favorire l’intermodalità delle merci funzionalmente complementari a porzioni di rete già esistenti quali il cosiddetto “ultimo miglio ferroviario” e i raccordi delle reti nazionali e regionali verso i nodi puntuali, inclusi quelli logistici” .

A questi punti di massima, per non farci mancar nulla, la nostra volonterosa Commissione ha aggiunto:

“Sviluppo del trasporto urbano e peri-urbano di massa come strumento di miglioramento della qualità e di riqualificazione dell’offerta di servizi collettivi nelle città, minimizzando le rotture di transito e incentivando l’integrazione tariffaria.“

Un recentissimo fatto di cronaca con un autobus del trasporto pubblico per studenti andato a fuoco “per vetustà del mezzo” (così la dizione del verbale dei VV.FF) non fa che aumentare il senso di tenerezza e scoramento.
Si tratterebbe di mettere in pratica un Piano per la Mobilità Sostenibile che, oltre ad occupare un tot di gigabites di spazio sul web dovrebbe trovare sue prossime attuazioni…Anche qui, però, si ha l’impressione che la dottrina, la teoria, la facciano da padrone…
Così recita infatti il decreto regionale: E’ necessario…

“.-. un piano integrato, nel senso che la valenza plurisettoriale della sostenibilità della crescita presuppone
.-. un’azione comune e coerente da parte di tutti i settori coinvolti, tra cui trasporti, territorio, ambiente, energia, industria, innovazione: le priorità settoriali sono da individuare all’interno di una coerenza complessiva dello sviluppo regionale rapportandosi ed integrandosi con gli altri strumenti di pianificazione ed a ogni livello istituzionale;
.-. un piano strategico nel senso che è uno strumento di indirizzo che trova attuazione in successivi e specifici piani di settore [trasporto collettivo e mobilità sostenibile, logistica, infrastrutture, infomobilità, sicurezza stradale];
.-. un “piano processo” ovvero un documento aperto, che si costruisce con un approccio partecipativo, ed uno strumento flessibile, che monitora la capacità di raggiungere gli obiettivi posti e valuta la sua capacità di essere il più possibile adeguato ad un contesto in continua evoluzione;
.-. un piano a lungo temine nel senso che si fonda su una visione al 2050, orizzonte temporale più probabile per immaginare di produrre un reale cambiamento.
La Giunta Regionale con la Deliberazione del 29 settembre 2014, n. 11-357 afferma il processo partecipativo come approccio metodologico per la redazione della visione e delle strategie del PRT e come mezzo per produrre coinvolgimento, discussione organizzata tra i soggetti coinvolti e produrre decisioni condivise.
La partecipazione per la redazione del PRT (Piano Regionale Trasporti) affianca la procedura per la VAS (Valutazione Ambientale Strategica), accompagnando il suo sviluppo nel rispetto delle prescrizioni normative ed arricchendone il contenuto.
Documento strategico di indirizzi per la redazione del Piano regionale dei trasporti (approvato con DGR n. 17-6936 del 23 dicembre 2013).”

Vogliamo davvero arrivare alla redazione di uno strumento di questo genere in modo partecipativo…bene… agli amministratori i dettagli dell’operazione, sperando che coinvolga – come da dottrina – tutti gli attori sul campo. Già così dovrebbe essere…dovrebbe…

 
(1) – Mozione depositata in Consiglio Comunale in data 6 novembre 2015 riguardante “Per superare il ridimensionamento e la perdita di ruolo del nodo ferroviario di Alessandria, sia per i passeggeri che le merci, sfruttandone a pieno le possibilità” (consiglieri Renzo Penna e Daniele Coloris)
(2) Documento strategico di indirizzi per la redazione del Piano regionale dei trasporti (DSPRT), approvato il 23 dicembre 2013