Il ritorno dell’ombra [Il Superstite 253]

Arona Danilo nuovadi Danilo Arona

 

Questo è un mistero alessandrino sul quale torno di tanto a scrivere e che proviene dal passato, per l’esattezza dal 1975. Quarant’anni fa, mica bubbole. Oggi rilancio perché c’è una ragione che spiego alla fine.

Allora, è settembre e ci troviamo in un appartamento del Villaggio Europa, in via Galvani. Verso le dieci di sera, due coniugi, lei di 42 e lui di 32 anni, da sempre molto religiosi, stanno discutendo se cambiare vita e darsi alla beneficenza quando inizia un’infernale sarabanda casalinga con rumori impressionanti e soprammobili ballerini. Una manifestazione medianica nota più o meno a tutti come poltergeist. Ma con il supplemento della moglie che, sotto lo sguardo esterrefatto del coniuge più giovane, comincia a dare in escandescenze, il volto contorto da una maschera ghignante, dolori acuti per tutto il corpo e la sensazione di “essere posseduta”. In tale baraonda, la donna si ritrova a un certo punto con un occhio nero e la convinzione che Belzebù le abbia centrato la pupilla con un montante. Non è da meno il marito che, vedendo il diavolo in ogni oggetto, prende a scagliare un po’ di chincaglieria fuori della finestra, il tutto condito da urla, presunti suoni dall’aldilà e altri molto terrestri, pianti, imprecazioni, ululati.

I vicini chiamano il 113 e, mentre i poliziotti non sanno che pesci pigliare, giungonobassavilla-cover-nuda-small sul posto anche il parroco della parrocchia della Pista, don De Martini, e un frate cappuccino esperto in esorcismi. La situazione non migliora. La donna continua a urlare come un’ossessa e l’uomo prosegue a vedere il maligno in ogni dove, individuandolo nell’orologio del frate, nella sigaretta di un poliziotto e nella biro di un maresciallo, perché nel frattempo sono giunti anche i carabinieri. Così, mentre i due figli della coppia sono temporaneamente ospitati nel vicino asilo dell’Angelo Custode, marito e moglie vengono indirizzati all’ospedale psichiatrico sotto le cure del professor Ronco (“Fat vighi da Ronco” era una celeberrima battuta di quegli anni indirizzata ai balenghi, già allora numerosi).

EsorcistaAll’indomani fiumi d’inchiostro prendono a scorrere sulla vicenda: “il demonio e gli indemoniati di Alessandria” trovano per giorni e giorni ospitalità sulle pagine de La Stampa, La Gazzetta del Popolo, Stop e Gente, mentre Il Piccolo, forse con più assennatezza, traccia in poche righe il ritratto di una coppia un po’ esaurita in preda a una violenta crisi mistica. Peraltro è il periodo storico del film L’esorcista ed è pure il periodo in cui il cinema riesce a produrre un peso specifico a livello sociale che oggi neppure immaginiamo.

La vicenda non si esaurisce però qui: i coniugi, una volta internati allo psichiatrico di via Venezia, sono qui sottoposti a numerosi “controlli” e a “cure del caso” per quasi un mese per poi essere dimessi come perfettamente sani di mente, ma pur sempre convinti che il diavolo, in quella notte di settembre, abbia tentato d’impadronirsi dei loro corpi nonché delle loro anime. Strana sorte terapeutica dato che ci troviamo negli anni di Basaglia e della riforma delle strutture psichiatriche, che sta andando in porto con la tormentata legge 180: come si possa finire per un mese “in via Venezia” per un accadimento in ogni caso banale e non tale da giustificare un’enormità come trenta giorni di detenzione in un manicomio, è forse il vero mistero della faccenda. Senza calcolare i danni reali che titoli a caratteri cubitali quali L’indemoniata di Alessandria rinchiusa in manicomio (da La Gazzetta del Popolo del 27 novembre 1975) possono causare sulla futura vita sociale della coppia.

Sono passati, appunto, quarant’anni. I due sono scomparsi nell’anonimato. A naso un eccesso di misticismo, non è una novità e può causare anche profonde crisi isteriche. E poi quella marcata differenza di età, al contrario, può di per sé suggerire ipotesi non proprio paranormali. In ogni caso ci è richiesto di ricordare un paio d’ipotesi che furono avanzate ai tempi su questo caso di “psicosi demoniaca”. Qualcuno ricordò che ai tempi in cui si scavarono le fondamenta del condominio di via Galvani, in cui sarebbero andati ad abitare gli “indemoniati”, venne alla luce un consistente e inspiegabile numero di ossa e reperti umani. Vi fu anche chi ammise che, in altri appartamenti dell’edificio, si erano verificati altri poltergeist alquanto impressionanti e spettacolari e qualcuno dichiarò al giornale Stop che la stessa signora in questione forse si dedicava a sedute spiritiche senza un’adeguata preparazione.

Oggi, però, qualcosa di quella storia intende riemergere. Una fonte che abita in zona mi racconta che quell’appartamento è tuttora sfitto, ma qualche vicino da lì sente provenire rumori senza spiegazione, come colpi battuti con lenta ritmica sui muri. Per di più l’alloggio sarebbe stato per così dire “foderato” all’interno da una copertura in legno, a suggerire l’idea che nulla possa “scappare” all’esterno da quelle mura. Va da sé che il condizionale è d’obbligo.

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