Elezioni amministrative: Emiliano vera alternativa al renzismo

Cavalchini Pierluigi 2di Pier Luigi Cavalchini
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Le “elezioni” partono da un concetto, a cui poche volte facciamo caso, di scelta, di valutazione personale e indipendente di tutta una serie di fattori che, giusto per un primo commento a caldo, viene bene riprendere.

Questa tornata elettorale da “mid term”, prettamente amministrativa, ci porta ad una netta risposta degli italiani (più di un terzo dell’elettorato nazionale, quindi “significativa”) rispetto alla fiducia nella politica, cioè nella possibilità di segnalare e/o cambiare qualcosa tramite il voto attivo. Ed il responso è stato drammaticamente negativo con un astensionismo record che (tranne in Veneto) ha superato il 50%, conteggiando anche le montagne di “nulle” e “bianche” scrutinate. Un popolo che non crede più nella possibilità della politica di modificare in meglio qualcuno dei tasselli della vita di tutti i giorni, quella che poi veramente conta. Per converso, e su questo piano ha fondato la sua vittoria il governatore leghista Zaia, mantenere il “profilo basso”, limitare le esternazioni e le boutades, ascoltare i cittadini (anche quando non si concorda con loro), provare a costruire percorsi semplici, ma efficaci, di uscita dal tunnel della disoccupazione, della disgregazione sociale, della mancanza di valori fondanti, si è dimostrata la vera arma vincente. Sugi altri vincitori torneremo tra poco.

I numeri parlano chiaro. La Lista Zaia vince addirittura (doppiandola) sulla stessa lista della Lega Nord, crea un appeal anche per altre aree politiche e porta a casa l’impensabile: rilancio di una compagine (quella di centro-destra) data per morta, attenzione dei cittadini, rinnovato peso nei media locali e nazionali. Cioè una vittoria indiscutibile, basata su due o tre idee di fondo, la consapevolezza dei limiti propri e la necessità di rapportarsi ad un quadro economico, industriale e sociale raggomitolato su se stesso, assicurando però il minimo richiesto dai cittadini. Niente di più, ma – anche su questo – ci ritorneremo poi…

Discorso simile vale per il Movimento Cinque Stelle che, andando di nuovo a vedere i numeri, si rivela il primo partito in ben tre regioni su sette, con uno zoccolo duro ormai stabilmente assestato intorno al 25% in media e, inoltre, con un radicamento (…cioè la capacità di sentire, rapportarsi interpretare i segnali della società) da far invidia ai più navigati. Qui la valutazione è più semplice ed attiene alla singolarità dello stesso “verbo pentastellato”: il sistema di potere della Prima Repubblica non è mai morto, anzi i recenti arresti legati all’Alta Velocità e agli appalti EXPO, l’orrenda barzelletta degli “impresentabili”, ma comunque candidati, la brutta legge sul Senato, le proposte non ben calibrate sulla Scuola, il taglio/salto nel buio per Province ed altre realtà locali, ma l’elenco potrebbe continuare, hanno giocato a favore di Grillo e co.

Il caso della Liguria è il più eclatante: la vittoria grillina si basa su dieci – quindici anni di “burlandismo”, di prove da Partito della Nazione, di scelte comunicate ai cittadini (con opportuni filtri) da parte di giornali e media sostanzialmente compiacenti, di marginalizzazione dell’elettorato che – oltre ad avere l’impressione di essere convocato solo per votare (dalle Primarie in su) – non ha più trovato sul territorio interlocutori credibili che ascoltassero le loro sacrosante segnalazioni-lamentele-richieste. Si dovevano tenere (i cittadini – sudditi) una ristrutturazione devastante di ciò che rimaneva del tessuto industriale “Riva – Ansaldo dipendente” dello scorso secolo … e stare zitti; si dovevano beccare interventi discutibili nel settore “lavori pubblici – grandi opere” come la nuova Gronda e il Terzo Valico ferroviario – truffa del secolo… anche qui “zitti e mosca”… Fino a che il vaso si è colmato e non c’è stata Paita che tenesse. Ora è tutto a pezzi e solo con alcune proposte chiare, con due o tre idee ben spiegate e ben comprensibili, magari con qualche valore fondante e condiviso, si potrebbe tentare qualcosa.

Ma, e qui siamo ad un altro dei vincitori, quello della Puglia, la ricetta deve ora essere unaMEETING RIMINI 2011 sola: apertura a tutte le componenti positive e non retrograde del centro-sinistra e al rafforzato movimento di Beppe Grillo. Si perde in identità? Si rischia di diventare altro? …Può essere… Comunque sempre meglio del Partito della Nazione che cercherebbe nella stampella di Forza Italia – Toti, Forza Italia – Fitto e NCD (forse anche con la Meloni…) numeri e idee che non trova più in casa propria. E così il neo-governatore Emiliano si trova ad aver vinto due volte: una a casa sua, l’altra come proposta nazionale alternativa al renzismo e a deboli figure di contorno (per esempio il sindaco di Milano Pisapia o, peggio, il presuntuoso sindaco di Roma, Marino).
I Cinque Stelle saranno un’alternativa? Sicuramente nella raccolta del ligure “mugugno” riusciranno in pieno ad esserlo; il problema sarà che, data la frattura abissale all’interno del PD ligure, ben difficilmente riusciranno a mettere a frutto considerazioni, proposte, “pressioni amministrative” e quant’altro tipico di una forza di opposizione. Giustamente l’ex Segretario Cgil Cofferati afferma che “Il PD in Liguria ha fatto e disfatto tutto da solo”, per cui da quello sfacelo deve partire, possibilmente favorendo un’ unica e forte struttura di opposizione al Centro Destra che, in Liguria, sappiamo già su cosa si fonderà… Volete qualche conferma, ripresa da spezzoni di comizi di Toti e co.? Eccovi serviti: “…fermate l’immigrazione”, “…qui ce ne sono già troppi”, “…il lavoro a chi lo merita, mantenendo al centro gli interessi di Ansaldo, Autorità portuali e Banche locali e nazionali non quelli dei Sindacati pigliatutto”, “…abbiamo bisogno di una scuola per differenziare non per omologare, così le eccellenze non verranno mai fuori” e, sempre sulla scuola, “le spese per le famiglie devono essere tendenzialmente parificate per scuole pubbliche e private; è ora che l’Italia diventi un Paese Europeo per quanto riguarda l’Istruzione” eccetera, eccetera. Ben sapendo che alla “Leone XIII” di Milano ormai le rette per Medie e Superiori vanno dai quattromila ai settemila euro annuali con evidenti conseguenze nelle composizioni sociali delle classi di studio.

Il sottofondo ideale di questo refrain (peraltro già sentito mille volte) potrebbe essere la mitica canzone “Contessa” di Paolo Pietrangeli, quella – famosa – dell’ “operaio che ardirebbe avere il figlio dottore”. Una storia, quella del Centro Destra ligure, ben diversa dallo “zaianesimo” veneto, come – d’altra parte – sono completamente diverse le storie sociali delle due regioni.
Per esempio il Veneto non ha mai interrotto cospicue e importanti collaborazioni con centri studi e punti di aggregazione (ai massimi livelli laici e religiosi) interessati alle problematiche dell’aiuto, del sostegno e della riconversione delle economie degli Stati più in difficoltà e, in caso di accoglienza, non sono mancati articolati progetti di integrazione.

Per quanto riguarda l’ex Sindaco di Salerno De Luca come, per altri versi, per la neo governatrice dell’Umbria, si è trattato – invece – di un confronto all’ultima scheda con, immaginiamo, un durissimo lavoro sul territorio, quasi casa per casa…, famiglia per famiglia…, che – di sicuro – avrà ripercussioni sulla scelta di assessori e di indirizzi di governo. Sicuramente due vittorie “monche” che aggravano un quadro tutt’altro che roseo per il Partito Democratico.
Ma, per concludere, a cosa addebitare questa sconfitta del Partito Democratico? Al solo Matteo Renzi e al suo presenzialismo alla lunga stucchevole e poco gradito? Probabilmente prevalgono altre questioni che attengono i programmi di governo e le stesse risposte dei cittadini, date – erroneamente – per scontate. Renzi ha perso il suo smalto da “nuovo della politica”, si è dovuto contornare di figure inossidabili a prima, seconda e terza repubblica (come Padoan), oppure di scarso rilievo politico come molti suoi mnistri attuali. In particolare ha dovuto – con la scelta Padoan – rendere evidente una sua sudditanza al mondo dell’economia finanziaria che, nonostante le ripetute crisi mondiali, esce – in Italia – più forte che mai.

Non è piaciuto il modo spiccio e approssimativo con cui sono state (quasi) liquidate le Province con il loro patrimonio di saperi, competenze (e beni mobili e immobili) di cui erano dotate. Il destino di circa dieci mila persone, dipendenti di Enti intermedi nei più vari ambiti, ha così trovato un suo modo (anche se discutibile) di manifestarsi, lanciando un segnale forte che ora sta ai dirigenti del PD saper interpretare. Non ne sarà sicuramente in grado il “fido” Guerini, tutto preso dalla difesa ad oltranza del 5 a 2, mentendo a se stesso e agli altri riguardo alle vere cause profonde del terremoto. Forse proprio intervenendo sulle massime dirigenze nazionali PD si potrebbe dare una prima risposta alle spinte ricevute dalla base, per esempio con una direzione con tanto di sfiducia al vicepresidente Guerini e a chi sostiene le sue posizioni.

Insomma, in queste elezioni si è dimostrata quanto sia leggera la figura di Matteo Renzi, quanto sia etero-diretta (dal mondo collegato alla BCE europea, ma anche da un fin qui felicissimo Squinzi che- da persona realista – non tarderà a portare la Confindustria su posizioni più caute e defilate, senza dimenticare chi ha permesso i ripetuti attacchi a Romano Prodi (fino al “harakiri” dei 101), a Enrico Letta in un momento di passaggio fondamentale e, per certi versi, allo stesso Monti con cui Renzi mantiene uno strano comportamento a metà tra rispetto e compatimento. In questo terzo settore di sostegno al “Secondo Renzi” ci possono stare componenti ecclesiastiche di altissimo livello, come pure settori industriali complessi come quello delle armi oppure l’altrettanto “in tiro” cioè quello del “lusso made in Italy”.

Probabilmente, per fare presto, per lasciare indietro gli avversari vecchi e nuovi, forse senza nemmeno saperlo, Renzi è andato a cacciarsi in una ragnatela – tipicamente italiana – fatta di vecchie volpi e di interessi di bottega che non tramontano mai. Un bel passo indietro per chi, all’inizio, si dichiarava “cavaliere senza macchia e senza paura” e che un po’ tutti (me compreso, in funzione di coagulo responsabile fra idee di centro e di sinistra) guardavano con interesse. Ora, prima di bruciare un altro “outsider” ancor prima di averlo provato, consiglieremmo a tutti gli amanti della politica migliore, cioè a quei pochi che credono ancora in una qualche forma di autodeterminazione e cambiamento, di prendersi un cinque – sei mesi di analisi approfondita e…poi si vedrà.