Rizzello: “la cabina di regia per il territorio? Serve un vero gioco di squadra”

Rizzello 4La musica classica in filodiffusione, a basso volume, nel suo studio al primo piano di Palazzo Borsalino, invita alla riflessione pacata, e la stimola. Salvatore Rizzello (nella foto), direttore del Dipartimento di Giurisprudenza, Scienze Politiche, Economiche e Sociali  dell’Università degli studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, è stato tra i protagonisti del dibattito organizzato di recente alla Camera del Lavoro di Alessandria, che vide tra gli altri la partecipazione, e le dichiarazioni ‘anti dissesto’, di Susanna Camusso.

Fu, quella, un’occasione importante per affrontare, in maniera ‘corale’, la questione del rilancio del nostro territorio, e del ruolo dei diversi soggetti in campo, istituzionali e non. Proviamo, con il professor Rizzello, a tornare sul tema, e a capire meglio quale può essere il contributo dell’Università alessandrina che, in controtendenza rispetto a molti altri atenei, continua a crescere, “anche se proprio per questo non mancano certo alcune criticità”.
Professor Rizzello, la crisi strutturale (economica, politica, sociale) che sembraPalazzo Borsalino abbattersi sull’alessandrino come una ‘tempesta perfetta’ coinvolge  e travolge anche l’Università?
Mi sento di dire di no. Anzi, dati alla mano, sia sul fronte delle iscrizioni in costante crescita che dei risultati in termini di ‘qualità certificata’ sia della didattica che della ricerca, direi che l’Avogadro cresce e si consolida, e raccoglie i frutti di investimenti e progettualità di medio-lungo periodo. Siamo un ateneo ormai di medie dimensioni, con circa 1.500 iscritti al nostro polo giuridico-socio-economico, e intorno ai 1.700 a quello scientifico. Il che fa di noi una realtà di provincia, ma molto ‘appetibile’ e gradita dagli studenti, che trovano qui una qualità di insegnamento (compreso il tutoraggio, e il rapporto diretto con il mondo del lavoro attraverso stage di formazione) che in contesti più grandi è difficile da ottenere. Del resto statistiche ufficiali del settore hanno ribadito, prima dell’estate, che siamo il terzo ateneo italiano per qualità della ricerca, con punte di vere eccellenza come la sociologia generale, la storia delle dottrine politiche, e diversi diritti. Non solo: i nostri laureati, pur nel contesto di crisi generale, trovano mediamente lavoro prima dei loro coetanei laureati altrove, e con retribuzioni leggermente superiori.

Ma dove ci sono luci, ci sono anche ombre…..è così? L’università alessandrina sta vivendo una crisi di crescita?
In qualche modo è così. Da un lato non siamo immuni alle difficoltà degli enti territoriali: per cui, per parlarci chiaro, sia il Comune di Alessandria che, da quest’anno, anche la Provincia ci hanno comunicato di non essere più in grado, per motivi che sono credo a tutti evidenti, di far fronte agli impegni presi, in termini di sostegno finanziario al nostro ateneo. E si tratta del venir meno, complessivamente, di 500 mila euro di contributo annuale, mentre per fortuna la Fondazione CrAl non solo rimane al nostro fianco, ma insieme alla stessa, proprio in questi giorni, lanciamo un progetto di otto conferenze di altissimo profilo con protagonisti del mondo accademico e imprenditoriale, per parlare di crisi, ma soprattutto di soluzioni per superarla. Dall’altro lato, dobbiamo fare i conti con carenze di tipo strutturale e infrastrutturale. Ed è la questione più complessa e delicata.

Palazzo Borsalino studentiProblemi di spazi?
Di spazi, di trasporti, di luoghi di residenza ma anche di aggregazione post studi. E naturalmente di risorse per realizzare tutto ciò. Diciamo che l’Università Avogadro potrebbe, a questo punto della sua storia, rappresentare per Alessandria uno straordinario motore di crescita, un propulsore per uscire dalla crisi. Ma perché riesca ad esserlo pienamente è necessaria una nuova fase di investimenti, concordati e coordinati. Noi siamo una realtà sana, in grado di stare in piedi ed autoalimentarci: ma se si trovasse il modo di fare un vero salto di qualità, verso una dimensione di vero campus universitario, le ricadute benefiche sulla città, e su un territorio assai più ampio, potrebbero essere notevoli.

Da dove si deve partire?
C’è un progetto di campus universitario, che dovrebbe avere come fulcro Palazzo Borsalino,Caserma Valfrè ed espandersi da un lato qui davanti, con l’acquisizione dalla Provincia della ex Caserma Barengo di via Cavour. Lì esiste un vecchio accordo, che speriamo di poter concretizzare, che prevede che il pagamento della struttura alla Provincia sia effettuato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Torino. Occorre a mio avviso sederci al più presto attorno ad un tavolo (coinvolgendo anche il Comune di Alessandria, per il suo ruolo sul fronte delle concessioni urbanistiche) e cercare di capire se e come si può procedere. Per noi si tratta davvero di questione urgente e improcrastinabile: qui dentro non ci stiamo più, e nella ex caserma si potrebbero ricavare sia spazi adeguati per la didattica, sia alloggi da destinare agli studenti. Perché quello della permanenza degli iscritti sul territorio (e quindi di residenze, mense, ma anche di luoghi di incontro, aggregazione, produzione culturale in senso lato) rimane l’altro aspetto essenziale, se si vuole che Alessandria diventi davvero una città universitaria di serie A. E qui potrebbero entrare in gioco la parte della ex caserma Valfrè che viene verso di noi, e anche gli spazi dell’attuale Esselunga, che credo potrebbe anche essere disposta a spostarsi un po’ oltre, in altri spazi dell’attuale caserma. Ovviamente è una partita complessa e importante, in cui coinvolgere anche l’Edisu, l’ente regionale per il diritto allo studio. E da questo punto di vista anche la presenza, nell’attuale giunta regionale, di due assessori alessandrini come Cavallera e Molinari potrebbe aiutare non poco.

 
Ferralasco 3Se non ora, quando, insomma. Ma parliamo anche di cabina di regia del territorio, professor Rizzello: è solo un modo elegante per concludere dibattiti e convegni, o può essere qualcosa di più? (sorride, ndr)
Bisogna intendersi sui termini: la cabina di regia, per come la intendo io, non è un luogo fisico, o l’ennesimo comitato. Piuttosto una rete viva, un’interazione reale e costante su temi e progetti concreti fra diversi soggetti, ognuno dei quali fa la propria parte. Può l’Università esserne il fulcro, come da qualcuno proposto e ipotizzato? Io credo di sì,  a patto naturalmente che non ci si chieda di avere un ruolo improprio, sostitutivo della politica, o di altri enti. Noi possiamo fare il nostro mestiere, ossia mettere in campo idee, proposte, analisi. Deve poi esserci un’interazione tra diversi soggetti, in cui dagli enti territoriali arriva, ad esempio, un indirizzo su temi e necessità, muovendosi anche, in maniera unitaria, alla ricerca di risorse: a partire dai bandi di finanziamento regionale, ed europeo. Penso ad un percorso inclusivo, a cui partecipano enti locali, ma anche Confindustria e altre associazioni di imprese, e naturalmente le parti sociali, e la Fondazione. Un primo esempio è il percorso a cui stiamo lavorando con il Comune di Alessandria: l’assessore Ferralasco (nella foto) ci ha contattati non già per commissionarci uno studio ‘chiavi in mano’ (come poteva succedere quando la politica di proprie risorse, e cercava un certo tipo di professionalità, per realizzare un certo progetto), ma per provare a costruire insieme un percorso che guardi ai bisogni della città e del territorio. Speriamo sia l’avvio di un gioco di squadra che coinvolga intelligenze e risorse, e che possiamo anche chiamare, per comodità, cabina di regia del territorio.

Intanto quest’anno avete aperto anche un corso di laurea in Economia. Ce n’eraPalazzo Borsalino atrio bisogno?
Assolutamente sì, e i primi riscontri parlano di oltre 100 iscritti, il che dimostra che abbiamo colto nel segno, raccogliendo e stimolando un’esigenza presente sul territorio. E tutto questo, ci tengo a sottolinearlo, senza sottrarre immatricolazioni ad altri corsi di laurea: che ormai complessivamente, nel nostro dipartimento, sono sette, compreso quello di scienze sociali ad Asti. Ma la nostra offerta comprende anche master, corsi di alta formazione, la scuola forense Giorgio Ambrosoli, diversi dottorati. Ricordo, tra gli altri, il corso di legislazione alimentare per laureati, che raccoglie iscritti da tutta Italia. Certo, nel frattempo abbiamo anche compiuto qualche scelta dolorosa, come la chiusura del corso di laurea in informatica giuridica. Ma è una razionalizzazione che sta accompagnando una complessiva crescita. Al nostro Dipartimento, in particolare, lavorano ormai un centinaio tra docenti, ricercatori, e personale amministrativo: con ‘acquisti’ anche importanti, in arrivo da altri atenei, italiani e stranieri. Una comunità accademica che può crescere ancora, a vantaggio di tutto il territorio.

Ettore Grassano