Nessuno certo si aspettava che ieri pomeriggio Susanna Camusso, o qualcuno degli altri prestigiosi relatori locali del convegno di apertura della festa provinciale della Cgil, Compagni di Enea, arrivasse con la bacchetta magica, e la ricetta ‘miracolistica’ per rilanciare l’alessandrino, o l’intero Paese.
Però ai numerosissimi partecipanti (salone strapieno, roba da altri tempi: sarà che oggi il lavoro, merce scarsa, fa audience) stimoli ne sono stati offerti, eccome. E anche suggestioni. Dai casi di successo di due imprenditori radicati sul territorio (Marco Giovannini di Guala Closures e Flavio Repetto, patron della Novi Elah Dufour. Ma anche il primo presidente di Confindustria Alessandria, il secondo presidente della Fondazione Carige, e lì protagonista di recenti importanti battaglie di cui si è letto nelle cronache nazionali), e dalle testimonianze di Pierangelo Taverna, presidente della Fondazione CrAL, e del professor Salvatore Rizzello, direttore Dipartimento Giurisprudenza, Scienze Politiche, Economiche e Sociali dell’ Università degli Studi del Piemonte Orientale, sono emerse valutazioni, auspici e ‘desiderata’, che hanno fatto da corollario all’analisi territoriale di Silvana Tiberti, segretario provinciale Cgil. E appunto della star nazionale Susanna Camusso, che però francamente nel suo intervento ‘di scenario’ non ha detto nulla che già non sapessimo tutti. Il momento di maggior attenzione/tensione, e velato imbarazzo, lo si è avuto invece quando Camusso ha affermato, più o meno, “Alessandria ha scelto di autocondannarsi aprendo la procedura di dissesto, l’unico caso in Italia, con una legge che è punitiva. I lavoratori sono gli unici a farne le spese”. A Rita Rossa, sindaco di Alessandria seduta in prima fila, non possono non essere ‘fischiate’ le orecchie, nonostante il successivo contentino: “le responsabilità ricadono sulle spalle degli amministratori di oggi, che non solo quelli che il dissesto hanno creato”.
Proprio la politica, del resto, è stato il bersaglio comune dei diversi relatori, che si sono tutti ‘allineati’ all’analisi del Cavalier Repetto, capace di interventi lucidi, talvolta ‘chiosati’ da proverbi contadini che, noblesse oblige, lui si può permettere di citare tra gli applausi. Quella con la P maiuscola, concordano i personaggi già citati, in Italia manca da trent’anni. Con buona pace dei non pochi amministratori locali (tutti di centro sinistra) presenti in sala. E allora, per tornare alla cabina di regia, se la politica non fa più il suo mestiere, ossia non progetta, non costruisce il futuro, e non ha capacità di elaborazione, chi può sostituirla? Abbozzate, ma poi in fondo anche non del tutto promosse, le alternative: può essere la Prefettura a coordinare il rilancio di un territorio? “Beh, ma questo si chiamerebbe commissariamento”, ha osservato con acume Pierangelo Taverna. E allora il nuovo motore primo del cambiamento può essere l’Università, in versione Accademia di illuminati? Il professor Rizzello non si tira indietro, ma insomma è chiaro che anche quello sarebbe un ruolo improprio: e poi, per Alessandria, stiamo parlando di Università tripolare e in perenne carenza di ossigeno. Ottimi i piazzamenti nelle classifiche sia sul fronte della ricerca che della didattica, per carità. Ma insomma esageruma nenta. E allora, signori miei, mi sa che l’unica soluzione possibile rimanga la Politica. Che però, per essere di nuovo scritta con la maiuscola, deve tornare ad essere frequentata da politici di spessore e qualità. E qui si potrebbe aprire (lo faremo al prossimo giro) un vastissimo dibattito sui motivi per cui oggi dall’impegno pubblico tanti tendono a ritrarsi, lasciando spazio a chi ha tempo, voglia, e magari buona volontà. Ma non sempre visione e progetto. Sempre che poi non abbia ragione quel tale, che di solito vede lontano, e che ci dice a fine lavori: “guarda che sono tutte belinate: queste sono vetrine che non risolvono nulla. E’ cambiato il mondo, e siamo ostaggio di logiche che i singoli territori non possono più governare”. E quindi?
P. S. Dal bacio e abbraccio iniziale tra Silvana Tiberti e Rita Rossa (che non siamo stati abbastanza lesti da immortalare) potrebbe partire tutto un altro filone di analisi. Ma non mettiamo troppa carne al fuoco.