La classe operaia non va in Paradiso [Controvento]

Paradiso fiscaledi Ettore Grassano.

A chi, lunedì sera, ha seguito l’approfondimento di Rai Tre dedicato ai comuni sull’orlo del baratro (tra cui Alessandria, ma in ottima e qualificata compagnia), immagino non sia mancato un inevitabile sospiro di preoccupazione, del tipo “qui non ne usciamo mica bene…”.

Ieri, alla cassa di un supermercato cittadino, ho ascoltato un addetto del punto vendita spiegare ad una interessatissima cliente i vantaggi e le opportunità di non ricordo quale ipotetico paradiso fiscale vicino al Messico, “dove con 1.000 euro al mese vivi da nababbo, servito e riverito”. Che è poi il sogno/delirio di massa con cui una serie di incantatori di serpenti (il Cavaliere in primis, ma non solo lui) hanno “drogato” il popolo italiano, che dovrà uscire da questo “trip”, c’è poco da fare, ma con costi psicologici e sociali elevatissimi.

Per chi, come il sottoscritto, ha sempre pensato che “la classe operaia non va in paradiso”, ossia che un mondo di opulenza di massa è un bluff, non è che sia una novità sconvolgente. Ma per chi, appunto, si è illuso del contrario, è alle porte un periodo di vacche magre, temo. E lo dico senza compiacimento, perché sotto le macerie potremmo rimanerci in tanti, senza avere colpe specifiche.

VolontèSe è vero che un segnale di riscossa, e di programmazione, deve arrivare per forza da Roma, lo scenario è scoraggiante. Le nuove Camere che stanno cominciando il loro quanto mai incerto percorso sono magari qualitativamente (soppesando la preparazione dei singoli eletti) un po’ meglio delle precedenti, ma rappresentano un caravanserraglio di posizioni e particolarismi che non lascia presagire nulla di buono.

Il Pd, in particolare, dovrebbe davvero smetterla (appoggiato dalla gran parte dei media di regime, tristemente asserviti, e sempre meno letti e visti/ascoltati, chissà come mai) di scaricare le responsabilità dello sfascio sugli ultimi arrivati, assumendo invece il ruolo “trainante” che le urne gli hanno affidato. Oppure alzi bandiera bianca naturalmente, ma con trasparenza. Insomma, sul Movimento 5 Stelle la si può pensare come si vuole. Però è da stupidi, o da ipocriti, attendersi che chi è nato per scardinare alla radice il sistema dei partiti esistenti acconsenta, appena arrivato a Roma, a far loro da stampella. Davvero una logica vecchia, e malata.

Non che all’interno del Pd non ci sia chi questo lo ha capito: Renzi, ad esempio, non ha nessuna intenzione di farsi trascinare a fondo da una vecchia guardia allo sbando, che però piuttosto di ritirarsi è pronta a chiudersi nel bunker, e a farlo saltare. Guardate, basterebbe fare poche cose per ottenere una nuova chance dagli italiani, che in fondo son gente di buon cuore, e tendente al “ciula”. Spesso, insomma, si sono accontentati di favole (come Silvio insegna), e quindi figurarsi se, una volta tanto, si dessero loro un paio di segnali concreti e immediati, tipo il dimezzamento dei parlamentari e delle loro retribuzioni e vitalizi, oltre naturalmente all’eliminazione dei faraonici rimborsi elettorali.

Scrive su facebook Germano Marubbi, assessore al Bilancio del Pd di Novi Ligure, su posizioni filo Renzi: “Non serve alcun dossier per scoprire che il Pd utilizza – peraltro in modo trasparente e con bilanci certificati – i rimborsi elettorali per mantenere una pletorica organizzazione centrale che, come ogni burocrazia, ha come primo obiettivo la propria conservazione. Da qui tutto deriva: la selezione avversa del personale dirigente, la distanza dalla vita reale, l’idea che il Partito venga prima di tutto. Da qui l’impossibilità di rinunciare ai rimborsi, per chi è abituato – da troppo tempo – a viverne. Questa impostazione si diffonde per capillarità sino ai circoli più periferici, dove invece non arriva un euro dei rimborsi elettorali. E vien da chiedersi come sia possibile che tutto questo sia accettato da persone che finanziano la loro attività politica locale a suon di salamelle, agnolotti e contributi volontari”.

Marubbi almeno se lo chiede, e lo chiede da tempo in giro. Tanto che il suo consenso all’interno dell’apparato pare sia ai minimi. Eh, l’apparato, cari miei, è una roba seria: programmato per autoconservarsi ad ogni costo. Fino allo scontro finale. O all’inabissamento.

E il Pdl? Non pervenuto direi, se non come drappello di pretoriani eletti appositamente per stare al fianco del gran capo nelle sue battaglie giudiziarie. Di cui agli italiani, alle prese con il dramma vero del proprio futuro prossimo, importa davvero pochissimo, elettori di centro destra compresi.

Su scala alessandrina, invece, pare ci siano tentativi di riorganizzazione in corso: li seguiremo, e vi racconteremo.