[BlogLettera] Il convento è povero, ma i monaci sono ricchi

Mai come adesso la famosa frase, pronunciata dall’allora ministro socialista  Rino Formica, è diventata di prorompente attualità.
Mentre l’azienda Italia sta lottando per mettersi al riparo da una crisi mortale e la fiducia degli italiani nelle istituzioni (tutte, non solo romane) è tendente allo zero, i nostri rappresentanti politici si sbranano i resti del bottino.

Dopo aver raggirato, con il tacito consenso delle istituzioni di controllo (della Corte costituzionale, dell’allora Presidente della Repubblica, eccetera) i risultati del referendum e vanificato la volontà popolare, i partiti politici italiani, anche quelli che non sono più nemmeno rappresentati al Parlamento, si sono messi da parte un ragguardevole malloppo, come appare dai fatti di cronaca recenti, riguardanti alcuni tesorieri di partito, tipo Lusi della Margherita o Belsito della Lega.

Tanto per ragionare, possiamo riferirci ai rimborsi elettorali in base alle elezioni del 2008 partendo dalla presente tabella pubblicata dalla stampa:

-PDL 206,5 milioni di Euro                Part. Dem. 180,2 milioni di Euro
-Lega Nord 41,3 milioni                Italia dei Valori 21,6 milioni
-UDC  25,8 milioni                    Rifond. e Sinistra Arcob. 9,2 milioni
-La Destra  6,2 milioni                Mov. Per l’Autonomia 4,7 milioni
-Partito socialista 2,4 milioni            Sud Tiroler 1,6 milioni
Seguono altri minori

Abbiamo anche letto dai giornali che la quota documentata di spese elettorali effettivamente sostenute è di gran lunga inferiore (varia da un quarto ad un decimo a seconda dei partiti) per cui c’è da chiedersi dove siano andati a finire i restanti soldi o forse lo stiamo finalmente scoprendo leggendo degli investimento fatti all’estero dai tesorieri Lusi e Belsito. Non ci vengano a raccontare la favola che i rispettivi capi di partito non sapevano, perché è troppo grossa, quasi alla pari con quella raccontata dall’On. Scajola che non sapeva chi gli avesse regalato una casa da 900 mila euro! Ma non è finita.

Bisogna poi tener conto del finanziamento pubblico ai giornali di partito, che risultano (dati riferiti al 2008) di questa dimensione:

– L’Unità    6,3 milioni di euro            – La Padania   4,0 milioni di euro
– Liberazione ( Rifond.) 3,9 milioni            – Il Secolo d’Italia 2,9 milioni
– Notizie Verdi 2,5 milioni                – Cronache di Lib (UDC) 1,2 milioni
– Il Campanile Nuovo (UDEUR) 1,1 milioni     – La Rinascita d.sinistra 0,9 milioni

Seguono altri giornali che fanno riferimento a partiti che non esistono neppure più, di destra, di sinistra e di centro, ma il caso più eclatante è quello dell’Avanti, la gloriosa testata del vecchio partito socialista, pubblicato la prima volta nel 1896, che, passato nelle mani di avventurieri come l’ultimo suo direttore Walter Lavitola, contumace ai Caraibi e sotto inchiesta per i noti fatti collegati a Berlusconi, è riuscito a raggranellare, fra contributi pubblici leciti (pagati dai contribuenti italiani) e finanziamenti occulti, un ammontare di circa 21 milioni di euro, dal 2003 al 2009. Si tratta di una somma enorme, ma per capirlo bisogna rifarsi al giudizio tagliente espresso dallo stesso Bobo Craxi che ha qualificato il sedicente foglio socialista “un foglio di spionaggio politico”. Ah! Se ritornassero in vita i vecchi Turati, Bissolati ecc. che di quel giornale sono stati l’anima!

Parlando poi di conventi politici, come si fa a credere ancora che ci sia qualche monaco con le mani pulite?
Ci sono ormai inchieste estese dappertutto, originate da intercettazioni telefoniche inoppugnabili, non soltanto presso il “famigerato”  Tribunale di Milano, notoriamente accusato di essere un covo di bolscevichi, ma un po’ in tutta Italia, e meno male che non sono riusciti, fra tutti, a bloccare le intercettazioni con quella proposta di legge che volevano far sembrare fatta apposta per tutelare la privacy di noi poveri cittadini!

Emerge una cloaca di corruzione pubblica tale da far paura, e finalmente abbiamo capito che ne è intaccata l’intera classe politica, dal Sud fino al Nord, con legami mafiosi che si diramano come i tentacoli di una piovra. Nessuno può più vantarsi di essere paladino di lotta alla cosiddetta “Roma ladrona”, perché il latrocinio è tanto a Napoli come a Milano, nei territori dell’ex “Regno Borbonico” come nella “Padania”.

E poi se vogliamo spiegarci meglio, fra noi piemontesi che ci vantiamo di aver fatto l’Italia, cerchiamo di capire come mai il Presidente della Giunta Regionale Piemontese possa costare ai contribuenti più del Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, che di responsabilità e di carichi di lavoro può dire di averne molti, ma molti di più del buon Cota.
Se Roma è ladrona, Torino non è da meno.
Andate a vedere quante sedi distaccate ha la Regione Piemonte, soltanto in Torino. Ce ne sono sparse un po’ dappertutto, piene di uffici occupati talvolta solo per poche ore al giorno da funzionari che possono esserci, ma possono anche non esserci, perché impegnati spesso fuori sede. Ed alcune di queste sedi istituzionali sono in affitto e costano ai piemontesi una bella quantità di soldi.

Faccio una proposta: visti i momenti di crisi e la necessità di tagli, se trasferissimo tutti gli impiegati della Regione, dai dirigenti ai commessi, nelle tante caserme di Torino dismesse ed inutilizzate?
E se volessimo estendere la proposta anche al Comune ed alla Provincia di Alessandria?
Avremmo la soluzione per la Valfrè e per la Cittadella a portata di mano!

A suo tempo noi cittadini contribuenti abbiamo fatto il nostro dovere ed assolto l’obbligo di leva vivendo per 15-18 mesi fra le mura di una caserma e non ci siamo poi trovati tanto male né ce ne siamo mai vergognati. Se facessimo provare anche a lor signori tanto privilegio? Senza contare il vantaggio di aver sotto controllo, tramite l’unica entrata affidata al corpo di guardia del portone principale, l’entrata e l’uscita di tutto il personale.
Mi scappa da ridere, ma guardate che il problema è serio.
Il convento Italia forse risulterebbe alla fine meno povero ed i monaci che volessero mantenere i voti promessi risulterebbero un po’ meno ricchi, ma tanto più benvoluti e rispettati.
                            
Luigi Timo