Natalino Balasso fa Ruzante giovedì all’Alessandrino

Balasso fa Ruzante. Amori disperati in tempo di guerre” è lo spettacolo scritto da Natalino Balasso e interpretato assieme ad Andrea Collavino e Marta Cortellazzo Wiel, una coproduzione tra Teatro Stabile di Bolzano ed ERT/ Teatro Nazionale.
La regia è affidata a Marta Dalla Via, raffinata caratterista e profonda conoscitrice delle corde espressive di Balasso/Ruzante, che dirige questo ensemble affiatato, tessendo i fili e i toni di questa commedia, calibrando slancio comico e poetica drammatica.

Le scene sono ideate da Roberto Di Fresco, i costumi da Sonia Marianni e il disegno luci è affidato a Luca dé Martini di Valle Aperta.

Lo spettacolo che va in scena al Teatro Alessandrino giovedì 21 marzo alle ore 21, rientra nel cartellone della Stagione di Prosa organizzata da Città di Alessandria e Piemonte dal Vivo con la partecipazione di ASM Costruire Insieme.

In questo nuovo testo, Balasso evoca alcune delle opere di Angelo Beolco, attore e commediografo padovano del Rinascimento, famoso per aver dato vita al personaggio di Ruzante, un contadino padovano ruspante, famelico e poltrone. L’universo a cui si ispirano le opere di Ruzante – una vera e propria eccezione nella letteratura rinascimentale – è popolato da villani rudi ed elementari e improntato da un’esaltazione semiseria dell’energia grezza degli istinti. La forza delle commedie di Ruzante nasce dalla comicità vitale e allo stesso tempo amara che le pervade e dal dirompente realismo espressivo.
«Accarezzavo il sogno di portare in scena il Ruzante da tempo» afferma Balasso «nel 2001 Marco Paolini mi aveva consigliato di portarlo in scena. A distanza di 20 anni … eccomi qui. Ho riletto le opere del Ruzante e ho scritto un testo nuovo che condensasse lo spirito ruzantiano. In questa commedia i registri sono molteplici: il plot vede i tre personaggi Ruzante, Gnua e Menato attraversare tre mondi e quindi tre fasi differenti. Quello dell’eros campestre che racconta amori crudeli, un erotismo fatto di carnalità e di possesso. Poi il quadro drammatico delle guerre, della scoperta dell’altro. Infine, un quadro cinico, cittadino, quando al ritorno dalla guerra Ruzante arriva a Venezia, città di mercanti, che è tutto un altro mondo».

La lingua inventata da Balasso per questo testo evoca il linguaggio Cinquecentesco di Ruzante unendo fiorentino a espressioni venete, sempre dell’epoca. «Ho voluto che il linguaggio fosse il fiorentino per dare l’idea di una lingua antica, e l’ho intessuto di venetismi che ho filtrato attraverso il diario di Antonio Pigafetta, navigatore vicentino contemporaneo al Ruzante che scriveva in un fiorentino intessuto da molti venetismi».

«Balasso è riuscito a ricreare un neo-dialetto obliquo, abbondante e spassoso, che rende concrete tre figure toccanti: l’amico rivale Menato, Gnua donna sottoposta eppure dominante e lo stesso Ruzante» commenta Dalla Via «Un uomo contemporaneamente furbo e credulone, pavido eppure capace di uccidere, un eroe comico dentro il quale scorre qualcosa di primitivo che lo rende immortale».