Quando continua un’avventura [Il Flessibile]

di Dario B. Caruso

 

Ho contribuito a fondare Il Manipolo della Musica dodici anni e mezzo or sono.

L’ho fatto assieme ad un manipolo (appunto) di miei giovani colleghi, molti dei quali sono cresciuti con me e alcuni tra questi oggi sono divenuti (e ne vado fiero) bravi professionisti.

La scelta del nome di una nuova associazione è un momento di grande divertimento ma anche di difficile codificazione. Nel nostro caso abbiamo scelto quale fulcro una parola ormai piuttosto desueta per significare un’antica misura, il manipolo di spighe che durante la mietitura a mano il contadino riesce ad afferrare di volta in volta.

La convinzione fu che – in quanto musicisti ed educatori – avremmo contribuito a nuove semine e a nuovi raccolti, in termini figurati nuove generazioni di donne e uomini di musica.

Ci siamo riusciti andando a completare le attività in alcuni comuni oppure addirittura a coordinare tali attività in altri.

Nel corso del tempo numerose famiglie hanno goduto dei servizi che abbiamo svolto, anche attraverso gli istituti comprensivi del territorio.

È stato sufficiente?

Certamente no se consideriamo le esigenze del territorio.

È stato però utile ed entusiasmante: rappresentare un punto di riferimento era il nostro obiettivo e questo lo abbiamo centrato.

Arriva poi un momento in cui è doveroso lasciare il passo a chi – più giovane ed altrettanto intraprendente – dimostra di voler proseguire il percorso avviato, magari rinfrescandolo ed innovandolo, senza perdere di vista gli scopi originari.

Sono quindi molto felice di poter dire che l’avventura del Manipolo della Musica continua.

Personalmente continuerò a seguire con piacere i progetti in atto e quelli futuri; lo farò con un occhio esterno, senza interferenze ma con immutata passione.

La mia avventura invece proseguirà in altre dimensioni, sempre al centro della musica ma portandomi un bagaglio di esperienza imprescindibile.

Gli ultimi saggi mi hanno riempito di soddisfazione ed orgoglio.

Non c’è nulla di più, per un insegnante, degli occhi di un bambino, di un ragazzo, di un genitore che ti ringraziano sorridendo.

E questo non è poco: è tutto.

Grazie.