Che fine ha fatto l’Intelligence? [Il Flessibile]

 CorriereAldi Dario B. Caruso

 

 

Sono cresciuto a suon di eroi.

Sono stato affascinato da figure immortali attraverso gli albi a fumetti, le strisce sui settimanali, i cartoni animati, la letteratura, il cinema.

Ho rischiato la vita immedesimandomi ogni volta mentre fronteggiavo un nemico diverso.

A fianco degli indiani pellerossa sottomessi ingiustamente dai visi pallidi.

Con i cowboys minacciati dalle tribù ribelli e dai contrabbandieri messicani.

Assieme agli agenti segreti inglesi per sventare le minacce nucleari russe.

Al seguito di maestri cinesi di kung-fu per combattere i malfattori occidentali.

Ho indossato ogni volta un costume diverso.

Con una mutanda leopardata svolazzavo da una liana all’altra sorvegliando la foresta.

Con una tutina aderente mi mimetizzavo nel cuore della notte vigilando sulla city.

Con un total black completo di mascherina, cappello e mantello ho imbracciato abilmente una spada e firmato il deretano di gente cattiva.

I miei eroi erano (e sono) uomini di buona volontà, con i pregi e i difetti degli uomini, differenti fra loro ma con due prerogative comuni: la costanza e il senso di giustizia.

Ciascuno secondo tempi e luoghi.

I ragazzi di oggi hanno gli Avengers, supereroi sofisticati e bellissimi, dotati di armi potenti e poteri sovrannaturali. Ebbene, nonostante tutto ciò risultano perdenti.

Per prima cosa perché godono di molteplici vite, come in un videogame quindi chi muore non muore; in secondo luogo vivono in un mondo che non è riconoscibile poiché è lontano dalla vita vissuta di qualsiasi donna e uomo moderni; infine sono vendicatori, arrivano cioè a danno compiuto, non prevengono.

Oggi sto osservando l’ennesimo telegiornale – ormai ce ne sono per 24 ore al giorno – che mostra città distrutte, code di profughi ai confini, cartine geografiche bollate a ferro e fuoco, giornalisti in collegamento da zone protette, civili in collegamento da quartieri sotto assedio, opinionisti in studio che si alternano ad eleganti spot pubblicitari.

Ad un tratto irrompe sugli schermi Johnny English, completo di smoking e sguardo ebete, si lancia da un elicottero, viene paracadutato sul Cremlino, si aggrappa alla guglia più alta e da lì raggiunge il salone con l’enorme tavolo bianco.

Nel mentre dall’ingresso principale irrompe Austin Powers, assieme al Mini-Me di Putin percorre i lunghi corridoi ed entra nello stesso salone.

Lo Zar non può nulla contro quei due sgangherati agenti segreti, si siede con loro intorno a quell’enorme tavolo bianco.

E chissà che una risata non seppellisca questa insensata guerra.