La musica non è sostenibile [Il Flessibile]

di Dario B. Caruso

 

Dobbiamo prenderne atto.

Il mondo odierno ci ammonisce, l’ultima generazione ci osserva, i grandi della terra ci intimano.

Siamo circondati da richiami a tenere qualsiasi atteggiamento ecologico.

Giustamente.

Il genere umano ha scialacquato quanto possibile, da Cristo in avanti.

Oggi ciascuno può fare secondo quanto gli è possibile.

A me tocca parlare da musicista e la situazione non è rosea.

I musicisti inquinano come poche altre categorie.

I suonatori a corda da tempo utilizzano il nylon.

Pensate ai milioni di corde che quotidianamente vengono cambiati e gettati.

Varrebbe forse tornare al buon vecchio budello (con grave scorno degli animalisti più integralisti ma almeno il gioco varrebbe la candela).

Stessa considerazione sulle pelli delle percussioni, sintetiche e resistenti ma le pelli bovine…. Ah le pelli bovine, altra qualità e sostenibilità.

Tutti i musicisti a fiato (cantanti prima di tutti) producono una quantità di anidride carbonica da far impallidire le mucche del Wisconsin (che già da sole sono responsabili di una bella fetta di effetto serra del pianeta).

Gli strumenti elettrici ed elettronici, ormai consolidati da cinquant’anni a questa parte, sono una disgrazia ulteriore.

Insomma non c’è via di scampo.

La musica non è sostenibile.

L’unica proposta sensata sarebbe di abolirne l’insegnamento da qualsiasi ordine di scuola cosicché a nessuno possano saltare grilli per la testa.

Non vorremo farci prendere in castagna proprio adesso, tutto il mondo sta facendo mea culpa.

Musicisti di tutto il mondo, unitevi!

Estinzione per evitare l’estinzione.