Grigi: maledette le birrette

Grigi: dal libro Cuore alla tragedia del Poseidon CorriereAldi Jimmy Barco

 

Non ci crederete ma nella storia recente del sodalizio mandrogno c’è un elemento che ha inciso più delle buone professionalità, della logica e dei risultati: le birrette. Adesso direte: ma che diavolo vuole far credere oggi Jimmy? Va a finire che la penuria di notizie, i Mondiali o magari il caldo estivo, secondo alcuni di voi, avrebbero definitivamente trasformato un vecchio, meditabondo, fazioso e scorbutico commentatore come il sottoscritto in un caso buono per sedute psicanalitiche.

Se pensate sia così non procedere (tanto il fatidico “clic” che serve per il conta lettori è già scattato); al contrario se volete un tema sul quale riflettere o darvi uno spunto per rispondere a interrogativi che vi perseguitano da decenni provate procedere.

Partiamo da una domanda classica: “Ma come mai una miriade di calciatori, DS e allenatori qui ad Alessandria ci hanno deluso mentre si fanno onore in giro per l’Italia?” Evitando di tirar fuori le solite risposte facili e banali proviamo invece, magari usando nomi e cognomi, a dare spiegazioni legittime e fondate. Il tutto nonostante un errore che si tende a commettere, non solo qui ma dovunque: un buon giocatore non necessariamente diventa, in automatico, un buon allenatore o un buon DS, neppure se è stato un idolo che ci ha fatto sognare con gol, rovesciate o paratone, perché fare una squadra o allenarla sono tutti mestieri diversi dal giocare a calcio.

Certo, immaginare un DS o un mister che non abbia mai giocato al calcio è difficile da credere, così come pensare a un giornalista che parla e scrive di questo sport senza averlo praticato, nemmeno a livello giovanile.

Ma la cosa che più inquieta è un’altra: verificare che molti idoli di casa nostra abbiano fatto bene (?) e siano stati apprezzati soltanto qui. Quali sono i motivi quindi che inducono certi tifosi ad apprezzare le gesta di qualcuno e disprezzare le qualità di altri che, invece, hanno raggiunto traguardi importanti anche lontano da qua?

La spiegazione c’è: merito delle birrette offerte a tifosi scelti con cura. Riprova: due allenatori, giusto per citare dei nomi, che sotto la gestione Di Masi sono stati i più dileggiati e sottovalutati (D’Angelo e Braglia) e oggi sono l’uno chiamato a guidare una potenziale corazzata della C mentre l’altro, dopo una promozione capolavoro a Cosenza, allenerà in B i Lupi calabresi. Perché né l’uno né l’altro sono scesi a far pappa e ciccia con chicchessia.

Ed è ovvio che questi due fulgidi esempi di perniciosa idiosincrasia a riconoscere la professionalità altrui da parte di questa piazza in realtà diventa un limite devastante per tutti noi mandrogni. Perché gli obiettivi di stagione spesso si perdono o si ottengono per un’inezia; e quel punticino di differenza che separa il paradiso dall’inferno (che poi sarebbe una piccolissima frazione di punto da moltiplicare per tutte le partite di una stagione) lo può portare magari un ambiente sereno ed equilibrato o toglierlo una situazione ambientale becera e prevenuta.

Inoltre qui abbiamo visto avvicendarsi personaggi che, con il livello di calcio che meriterebbe questa piazza, hanno dimostrato di non c’entrare niente e lo hanno poi puntualmente confermato nella loro carriera successiva.

Mi riferisco per esempio alla coppia DS e Mister formata da Svicolone Menegatti e Cusatis Scusatis per i quali parlano, oltre ogni ragionevole dubbio, le tappe successive delle loro carriere. E con loro si è perso tempo, soldi e occasioni per far cose importanti.

E come dimenticare Magalini, il quale ha allestito la sua prima squadra in riva al Tanaro con un mare di doppioni (per forza, non ha mai venduto un giocatore in sei sessioni di mercato…) e ha obbligato un suo allenatore (D’Angelo nel caso) a giocare il 3-5-2 senza una mezzala destra di ruolo ma con due mezze punte mancine in organico (Taddei e Rantier).
Allora il mister neo pisano si era aggiustato inventandosi Taddei mezzo destro (un autentico azzardo) e, fintanto che il toscano ha retto, siamo stati tra i primi in classifica.

O magari Sensibile, il quale prima ingaggia un quinto mancino (Pastore) e chiude il suo mercato con una vecchia mezza punta vecchia (Bellomo). E qui nessuno è stato in grado di far presente a quel DS che la mezza punta è un ruolo non previsto in una squadra che gioca “a cinque”? No, e credo per due motivi: il primo perché poi tanto “esigenti” quanto pensiamo di essere in realtà non siamo, e poi perché parte della stampa sportiva tende a fare suoi piccoli interessi di bottega e non solida critica sportiva.

E che dire di certi ascoltati vecchi Simba locali della tastiera che hanno cercato di demolire i mister d’allora senza capirci una minchia, né di calcio né dell’obiettivo davvero utile per una contestazione. Una cosa però la voglio dire: per esempio se D’Angelo, quando sedeva sulla panchina grigia, avesse fatto “un po’ di vita di società”, intendo avesse invitato a bersi qualche birretta qualche tifoso doc sfruculiandogli così, oltre le papille, le sue mire autoreferenziali, vogliamo pensare che molti atteggiamenti irrisori da parte di certa tifoseria sarebbero stati diversi?

Penso di sì, anche perché tutti (dico tutti) i personaggi che negli anni, per motivi validi o altri misteriosi, sono considerati dei totem in questo accampamento sono passati dal rito della birretta offerta ai tifosi, e spesso, purtroppo, solo da quello, dimostrando di non sapere fare una minchia tranne che occuparsi di pinte da elargire e allenando quella parte di stampa locale subdola ed interessata.

Indignazione a parte, almeno di certa mala fede ne vogliamo tenere conto in futuro, giusto per non ricadere tutti assieme nei soliti tranelli?
Anche perché mi pare di scorgere l’arrivo di novelli dispensatori di birrette (anzi, la loro l’attività è già partita da tempo) incapaci di fare calcio ed infingardi nei comportamenti ai blocchi di partenza, pronti per diventare a tutti gli effetti totem pure loro…

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Chiudo dicendo che la storia di un’eventuale ripescaggio in B dell’Alessandria da parte della Federazione (sì, perché, nonostante alcuni soloni da tastiera raglino minchiate da giorni, una società di calcio non “decide” se essere ripescata o no ma viene valutata per criteri di idoneità dagli organismi federali) è tutta da ridere. Perché, fra le valutazioni che portano una Società piuttosto che un’altra in alto in questa speciale graduatoria, gode di un peso formidabile il numero degli spettatori paganti allo stadio negli anni precedenti e noi, al contrario di quello che qualche attuale maldipancista nostrano possa pensare, non siamo certo fra i più virtuosi della compagnia.

Ah, e non conta niente che il Mocca, almeno per alcuni, sia troppo piccolo. Tant’è vero che il nostro non è mai pieno. Giusto per la precisione. Ma un giorno la smetteremo mai di raccontare e raccontarci balle la cui conseguenza non è altra che quella di demolire il nostro giocattolo?