Non c’è nemmeno più Babbo Natale [Centosessantacaratteri]

Sozzetti Enricodi Enrico Sozzetti
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Sull’addio alla casalese Bistefani si stracceranno molte vesti. Tutti contro la Bauli che ha annunciato la chiusura dello stabilimento di Villanova Monferrato. Tutti contro l’ennesima batosta destinata a impoverire un territorio già colpito a fondo dalla crisi del Distretto del ‘freddo’ casalese e dalla trasformazione dell’economia mondiale. Ma nessuno ammetterà che ancora una volta l’Alessandrino è stato incapace di capire cosa sta accadendo.

La veneta Bauli ha acquisito Bistefani nel 2013 e leggendo fra le righe dell’accordo era già possibile scorgere l’evoluzione, bastava confrontare gli assetti industriali e produttivi, i documenti contabili, l’organizzazione della produzione. Della vecchia azienda a conduzione familiare, nata nel 1955 da un’idea di Luigi Viale, restava già ben poco. Per il gruppo dolciario Bistefani, con diciassette diverse linee produttive, erano arrivati i tempi difficili con la crisi della controllante, la Luigi Viale Spa, rappresentata sul mercato dalla grande distribuzione con marchio ‘Di Meglio’ che nel 2011 aveva registrato una perdita netta e debiti verso le banche per circa 35 milioni. Si stava così sfaldando una delle imprese che hanno fatto la storia d’Italia tra prodotti di qualità, immagine e intuizioni commerciali geniali come le campagne all’insegna del ‘Chi sono io, Babbo Natale’?

Oggi i sindacati, ancora una volta, rincorrono la crisi, annuncianokrumiri-bistefani assemblee e parlano, con Cgil e Cisl, di “possibili soluzioni che potrebbero anche comprendere la possibilità di affitto gratuito per chi volesse aprire un’attività nello stabilimento, nell’attesa di offerte di acquisto”. I dipendenti diretti sono 115 che arrivano a circa 150 persone con l’indotto.
Solo una voce si è alzata uscendo dal coro. Cristina Bargero, deputato del Pd, casalese, annuncia le ovvie iniziative di mobilitazione istituzionale, ma aggiunge anche che “uno stabilimento vuoto come diventerà quello di Villanova potrebbe magari interessare altre aziende”. Fattibile o meno, almeno si è di fronte a una riflessione concreta. C’è una attenzione al problema più ampio dell’impoverimento del tessuto, del recupero e valorizzazione di aree industriali dismesse, c’è il tentativo di andare oltre all’emergenza e al contingente. Sarà poco, però c’è.

Mentre da Alessandria – sede di enti economici, associazioni di categoria, amministrazioni pubbliche di alto profilo (comodamente rappresentate peraltro da una persona sola), Ufficio territoriale del governo – chissà cosa arriverà? Forse solo l’ennesimo, tombale, silenzio. In fondo il capoluogo ha rubato a quelli di Casale il galletto che svetta a Palazzo Rosso, sopra l’orologio. Alessandria è contenta così. Altro che Babbo Natale…