Onryo [Il Superstite 241]

Arona Danilo nuovadi Danilo Arona

 

Oggi pomeriggio presso l’Associazione Culturale “I 10 Mondi” in Via Filzi 7 presenteremo in compagnia di Massimo Soumarè un’ottima antologia uscita nel 2012 nella collana Urania di Mondadori. Si tratta di un prodotto ancora degno dell’attenzione del pubblico, quel che considero a tutto diritto un “long seller” nonostante sia uscito in una collana da edicola a rapido giro mensile.

A distanza di oltre tre anni Onryo – Avatar di morte resta un riuscitissimo esperimento, unico nel suo genere, che ha abbinato in un incontro/scontro di altissimo spessore culturale 6 autori giapponesi e altrettanti colleghi italiani, tutti intenti a declinare la fantasmatica tematica dello spettro vendicativo che non intende affatto bearsi nella pace della dipartita. Ricordiamo i partecipanti in ordine di apparizione: Masako Bando, Alessandro Defilippi, Nanami Kamon, Massimo Soumaré, Sakyo Komatsu, Stefano Di Marino, Hiroko Minagawa, il sottoscritto, Yoshiki Shibata e Angelo Marenzana.

La presentazione di Onryo non è che uno dei tanti elementi della manifestazione “Lampi d’Oriente – Oriente e Occidente a confronto in parole e immagini”, che vedrà anche la presentazione di Km 98 con Edoardo Rosati ed Ettore Grassano, proiezione di film, l’interessante mostra “Samurai/ Napoleonici, soldati a confronto” e tanto altro ancora. Penso quindi che sia del tutto opportuno regalarvi un frammento della prefazione che tre anni scrissi con Massimo Soumarè.

 

Diciamoci la verità. Il grande pubblico – quello che non compera DVD d’importazioneONRYO monda e che non è “addetto ai lavori” – ha incontrato i fantasmi giapponesi di ultima generazione al cinema nel film americano del 2002 The Ring. Un paradosso in realtà solo apparente. Perché la Samara del remake di Ringu, scritto da Ehren Kruger e diretto da Gore Verbinski, non tradisce affatto la natura “tecnofantasmastica” dell’originale Sadako creata da Koji Suzuki nel ’91 e portata sullo schermo da Hideo Nakata nel ’98, ma agganciandola a suggestioni estetiche dell’horror classico occidentale (in primis Regan, la bambina posseduta de L’esorcista di William Friedkin), forse quasi l’approfondisce.

Richiamiamo in poche parole la grandiosa novità in buona parte desunta dal romanzo di Suzuki che proietta un archetipo vecchio quanto il mondo nell’imbuto della più inquietante modernità: Sadako/ Samara, spettro di categoria onryo (a dopo le classificazioni…), riesce a infestare una videocassetta e a uccidere chi ne guarda le immagini (ormai famose e persino oggetto di varie parodie). Se Suzuki, nel prolungamento librario di Ring (Spiral, Loop e Birthday) sceglierà una meno agevole strada fantascientifica di spiegazioni a monte degli enigmi, il cinema – proprio in quanto “immagine” – riesce a prestare il suo fianco più ovvio all’infezione virale della maledizione. In altre parole, “se la guardi – la ragazzina fantasma – muori”. In ulteriori parole, la riproduzione tecnologica avanzata dell’antichissimo onryo è letale se ti ci sottoponi, e non è certo un caso che quasi tutto il cinema post-Ring- orientale e occidentale di derivazione – collega l’infestazione alle tecnologie tipiche del quotidiano come cellulari, macchine fotografiche digitali, telecamere di sorveglianza a circuito chiuso, computer e schermi dei medesimi, o a oggetti di sempre in grado comunque di duplicare la visione, quali specchi, occhiali e persino occhi nuovi di ricambio. La metafora è chiara e potente: il virus che uccide è la visione.

Naturalmente, nel momento di uscita del romanzo di Suzuki e del primo film di Nakata – peraltro ispiratissimi all’antichissima storia di fantasmi “Bancho sarayaskiki” (1) – sembra una novità, ivi compresa l’iconografia del lungo capello. Ma non è così, come diremo tra poco. Perché gli onryo vengono da lontano. Come ha volgarizzato il serial di Takashi Shimizu Ju-On, così si chiamano infatti quegli spiriti spaventosi e malefici che, al momento del trapasso, sono persone in preda a rabbia e a rancore (appunto, Ju-On) e che esprimono la loro presenza nell’Aldiqua con lo sterminio dei vivi, animati – insomma, si fa per dire…- da un furioso, cieco e animalesco desiderio di vendetta (tatari).

Gli onryo sono considerati sottocategoria degli yurei, spiriti di persone morte in circostanze dolorose, che non riescono a lasciare il mondo dei vivi, infestando il posto in cui è avvenuto il trapasso, ma va pure detto che in molti casi detti spiriti non sono affatto pericolosi, ma si limitano a spaventare con le loro apparizioni, o a perseguitare chi è stato colpevole della loro morte, molto spesso con maledizioni. Ci piacerebbe qui perderci nelle labirintiche classificazioni dei tanti spettri giapponesi (goryo, ubume, jibakurei, zashiki-warashi, gaki, jikininki e altri ancora), ma ci dovremmo prendere troppe pagine.
Perciò vi ricordiamo soltanto che, a partire dal periodo Edo (1603-1868)(2), i concetti di onryo e yurei sono andati sempre più avvicinandosi nell’immaginario collettivo, ed è per questo che oggi, quando si raccontano storie di fantasmi (kaidan, termine corrispettivo dell’anglosassone ghost story), i due termini sono pressoché sovrapponibili. Il moderno «J-horror» filmico in sintesi si rifà soprattutto alla figura dell’onryo accecato dal furore: così come Sadako colpisce indiscriminatamente chiunque guardi il suo video (e di certo nessuno dei telespettatori può considerarsi responsabile della sua morte), anche la Kayako di Ju-On si vendica su chiunque entri nella sua casa, di nuovo indipendentemente dall’innocenza o dalla colpevolezza dei malcapitati affittuari. Peraltro non si può sfuggire dal sottolinearlo. I feroci onryo sono quasi sempre donne che tornano da “questa parte” per vendicarsi della loro morte ingiusta e solitamente violenta. Il sottotesto sociologico è certo interessante:. se in vita la componente femminile è fragile e indifesa, con la morte essa acquista un potere terribile e una crudeltà senza limiti cui è difficile sfuggire.

Se siamo riusciti a interessarvi, l’appuntamento è per oggi, sabato 11 luglio, in Via Filzi 7. Ore 17, Sayonara!

(1) Bancho sarayashiki è un’antica storia popolare che racconta della domestica Okiku, ingiustamente accusata dal suo padrone di avere sottratto un piatto antico. Per questo viene dall’uomo uccisa e il suo corpo scaraventato in un pozzo. Da quel momento il feroce samurai inizia a essere tormentato dal fantasma di Okiku che ogni notte esce dal pozzo, assetata di vendetta.

(2) Quella parte della storia del Giappone in cui la famiglia Tokugawa detenne il massimo potere politico e militare. Prende il nome dalla capitale, Edo, ribattezzata Tokyo nel 1869.