Cattaneo: “Sui profughi alessandrini troppe speculazioni: facciamo un po’ di chiarezza”

Cattaneo Mauro 3Gli attacchi terroristici del 7 gennaio a Parigi hanno riacceso il dibattito sulle politiche integrative in Italia, i cui riflessi si sono riversati anche sul territorio alessandrino. Nell’intervista che segue Mauro Cattaneo, assessore all’Innovazione, Coesione Sociale e Relazione con i Cittadini del Comune di Alessandria, delinea le politiche che l’amministrazione ha attuato e intende attuare in futuro, facendo emergere una realtà composita e non certo semplice, visto che le risorse scarseggiano sia per i problemi delle casse di un comune che ha subìto il dissesto finanziario, sia per la mancanza di efficaci politiche a livello nazionale. Tuttavia, in una realtà in continuo cambiamento dove le comunità straniere aumentano sempre più il loro peso specifico all’interno della società italiana, non possiamo esimerci dal riconoscere l’importanza delle politiche sociali e integrative. Perché “occorre coscienza e quindi azione politica”.

Assessore Cattaneo, quali sono le etnie principali in Alessandria?
Le tre più comunità più rilevanti sono quella rumena, albanese e maghrebina, soprattutto marocchina. Sono comunità che sono arrivate a ondate diverse sempre nell’arco degli ultimi 20 anni, prima albanesi e marocchini e poi i rumeni a partire dal 2007 con l’ingresso della Romania nella UE. Tutte e tre insieme fanno più dell’80% della comunità straniera, forse siamo vicini al 90%. Vi è anche poi la comunità cinese, in misura minore ma con una radicata presenza commerciale.

Di che percentuale parliamo della popolazione alessandrina?Stranieri_in_italia_N
Saremo al 6-7%. L’anno scorso in realtà l’avevamo stimata attorno al 5%, quest’anno presumibilmente siamo più vicini al 10%. I dati ufficiali sono in Prefettura ma comunque la cifra è più o meno questa.

Quali sono le politiche adottate da quando l’attuale amministrazione si è insediata?
Ci sono due livelli diversi: le politiche rivolte agli stranieri residenti e in regola e poi ovviamente le politiche rivolte ai profughi.

Riguardo alle politiche per i profughi, la Provincia di Alessandria può assorbirne fino a 400 profughi, ma il numero effettivo dei profughi è di molto inferiore. Come mai?
Dipende dalle dinamiche del fenomeno. Innanzitutto le politiche europee sono cambiate (passaggio da Mare Nostrum a Triton, ndr) e la pressione è molto diminuita, il che vuol dire che muoiono in mezzo al mare probabilmente. Questo comporta nuovi meccanismi come nel caso della nave moldava piena di profughi.

Ostello Santa Maria di CastelloCome viene gestito il flusso dei profughi?
La dinamica è questa: appena sbarcano i profughi vengono accolti in centri di prima istanza, dopodichè il Ministro dell’Interno telefona in Prefettura e avverte, anche con brevissimo preavviso e ‘dall’oggi al domani’, che è in arrivo un certo numero di persone, che quel momento vengono ‘prese in carico’ dalla Prefettura. In Alessandria c’è l’Ostello di Santa Maria per la prima accoglienza. All’ostello opera una rete organizzata di associazioni come Croce Rossa, la casa di riposo Borsalino e poi i vari soggetti che si occupano di questo tema: San Benedetto, Coompany, Cambalashe, e altre associazioni di mediatori interculturali. I profughi sono poi smistati nelle varie strutture appaltate dalla Prefettura come a Casale, Novi, Tortona e Stazzano.
Ultimamente ad Alessandria sono arrivati soprattutto siriani, ma volevano subito andare via, raggiungere il nord-Europa; e tendenzialmente hanno buona disponibilità di denaro, nonostante ciò che si dice sui famigerati 40 euro.

Può spiegare brevemente questa storia dei 40 euro agli immigrati?
Innanzitutto sarebbero 35. Ma di quei 35 euro allo straniero ne vanno 2,5 al giorno, il pocket money.

Sono soldi comunitari?Stranieri alessandria
Si, sono soldi comunitari. Però poi chi è disoccupato si lamenta dicendo che diamo soldi agli extracomunitari: in realtà con i recenti scandali delle cooperative romane si è visto che sono stati propri gli italiani a crearsi un vero e proprio business sul traffico dei profughi, guadagnavano più con stranieri che con la droga.

 

La maggior parte dei profughi da dove proviene?
Dei siriani abbiamo detto, in generale abbiamo africani (conservo un ricordo di un ragazzo eritreo ad esempio), e comunque arrivano tutti dalle ex-colonie francesi, o dalla Nigeria. Questi profughi tendono a fermarsi, e vanno a vivere in alloggi gestiti da associazioni come Cambalashe, dove è loro insegnato l’italiano. Poi subentrano i problemi burocratici, perché è negata loro la possibilità di trovare un lavoro finché non ottengono lo status di profugo. La pratica è lunga, e lo status difficile da ottenere.

Leggendo i Dublino III, le nuove leggi europee per il riconoscimento dello status di profugo, emerge che l’iter burocratico è lunghissimo: è possibile che nell’attesa un richiedente asilo si perda per strada e cada nel lavoro in nero o nella microcriminalità? È un rischio?
Questo ovviamente è un rischio, e le associazioni lavorano sodo per curarsi degli immigrati. Parlando con una responsabile ho saputo che sostengono gli esami di lingua, tra l’altro assai rigorosi: molti di loro vengono bocciati e quindi l’inserimento è più difficile. Abbiamo persone che sono qui da anni e non riescono a passare il test di lingua.

Sportello stranieriPer quanto riguarda gli stranieri regolari invece quali politiche sono state attivate?
Noi, anche date le situazioni in cui ci troviamo (dissesto comunale, ndr), l’unica cosa concreta che abbiamo fatto è stata riattivare uno sportello per gli stranieri, sportello che è rimasto chiuso per diverso tempo per le vicende legate alle difficoltà delle Partecipate.

Di cosa si occupa lo sportello?
In pratica è l’ufficio a cui si rivolgono gli stranieri, sia residenti che transitanti, per i rapporti che hanno con l’amministrazione comunale ed è gestito da 3 mediatrici culturali. Era uno sportello già attivo che è stato chiuso per 8 mesi perché prima le mediatrici erano dipendenti di Aspal, una partecipata che il Comune è andato a chiudere per le vicende che tutti conosciamo. Il servizio è stato riattivato e questa è stata una risposta istituzionale, ma è difficile adottare politiche specifiche. In sintesi lo sportello cerca di rispondere a tutte le domande che gli stranieri hanno, come orientarsi nei vari uffici del Comune, e seguire una pratica. La prassi più concreta è quella in cui lo straniero viene in ufficio e chiede informazioni alle mediatrici.

 

Avete attivato un numero verde?
No, non è stato possibile sempre per gli stessi problemi comunali. Abbiamo però il numero dello sportello: 0131 515677.
Una volta usciti dalle vicende Aspal, lo sportello è stato uno dei primi servizi da attivare, grazie all’efficacia dell’intervento delle mediatrici, che sono molto valide: ed è evidente che sia un servizio più che necessario. Investimenti di altro genere ora non si è in grado di farne, salvo l’utilizzo di nuove risorse.

Il problema delle risorse persiste?Musulmani Al 1
È stato difficile attuare politiche al di là dello sportello, le politiche che si fanno però non si esauriscono qui: penso infatti alle politiche sociali e alla casa, con cui possiamo fare integrazione. Di qui passa moltissima gente, molti stranieri che evidenziano diversi problemi ai quali noi cerchiamo di dare risposta, ma la vera integrazione la fai quando i servizi sono uguali per tutti. E oltre allo sportello abbiamo il Cissaca, la Caritas, San Benedetto, la Coompany e varie strutture che si occupano tutte di integrazione, e dei problemi sociali nell’alessandrino. Ognuna di queste associazioni si occupa di determinate istanze per poter rispondere ad ogni esigenza. Questa è integrazione.

Che progetti sono in cantiere per l’immediato?
Un tema su cui mi piacerebbe lavorare ma su cui si fa fatica è quello dei G2 (i giovani stranieri di seconda generazione, ndr). Ad esempio ci sono state due ragazze dei Giovani Musulmani che sono venute e hanno chiesto di fare attività per ottenere più visibilità e mi piacerebbe aiutarle. Come Comune, poi, vorrei dare il via ad una serie di iniziative che riguardino tutta la galassia dei G2 d’Alessandria. Ad esempio vorremmo per la festa della Repubblica (2 giugno, ndr) fare qualcosa per la cittadinanza rivolta a coloro nati in Italia ma non considerati italiani fino alla maggior età. Sarebbe una cittadinanza onoraria simbolica però, nulla che abbia un valore legale. È una legge discutibile, certo. Ancora: potremmo fare iniziative su cosa significhi essere cittadini di una comunità plurale. È un discorso che avrei voluto affrontare già l’anno scorso, spero di poterlo attuare quest’anno.

Musulmani Al 2I fatti di Parigi del 7 gennaio ci fanno riflettere sull’integrazione. Sembra che i conflitti si combattano proprio nelle periferie dove le politiche diminuiscono, e lo Stato arretra. Il territorio può avere un ruolo fondamentale nell’integrazione. Lei pensa che occorra più politica, più Stato?
Certamente. Ci vorrebbe più coscienza e quindi più azione politica determinante. Queste sono vicende che a livello locale per ora possono essere gestite creando una rete di persone che si impegnino a tal fine. Molto dipende da questa capacità. Chiaramente a livello nazionale si aspettano politiche di altro tipo, ad esempio la famosa legge sulla cittadinanza per chi nasce in Italia. Se n’è parlato molto ma non si è fatto niente.

Giovanni Prati