Spinetta Marengo: quando non vince nessuno

Cavalchini nuovadi Pier Luigi Cavalchini
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Simmetrie variabili…
L’incontro dello scorso mercoledì 17 aprile alla Sala della ex Circoscrizione Fraschetta in Via Gozzo a Spinetta Marengo ha messo in luce, una volta ancora quali siano gli equilibri politici, autenticamente “politici” nel senso di indirizzo e governo delle scelte, in terra alessandrina.

Il caso specifico ha riguardato la – ormai – definitiva archiviazione dell’ipotesi di costruzione di una discarica per “inerti ed  assimilati ad inerti” nell’area già occupata dalla cava di Cascina Guarasca, ora in via di conclusione di “coltivazione”. Un’opera da cinquecentomila metri cubi complessivi da adibire a riempimento con materiali di scarto dell’edilizia, delle  fonderie e di un certo numero di altri “produttori” più o meno impattanti. Già in origine i codici CER (corrispondenti  ai prodotti autorizzati allo stoccaggio) non erano moltissimi ma, in ogni caso, con caratteristiche che ne richiedevano particolari attenzioni, anche con strutture di contenimento e di controllo ad hoc.

Comunque, dopo un po’ di tira-e-molla, si è arrivati alla conclusione che quella discarica non s’ha da fare né oggi né mai. Con un documento di intenti che presto diventerà una delibera comunale il sindaco Rita Rossa ha fortemente voluto un confronto con i cittadini di Spinetta e dintorni per dimostrare che il Comune – ora – è determinato a  seguire le giuste richieste della popolazione e che per ogni nuovo impianto sarà necessario – da oggi in poi – tanto di voto in Consiglio Comunale con analisi dettagliata dei singoli casi.

Un punto a chi ha da sempre – correttamente – osteggiato la realizzazione dell’impianto, non valido specie per la particolare ubicazione: vicinissimo ad una storica fonte di inquinamento come l’area ex Ausimont (attuale Solvay-Solexis), allo stesso centro abitato e ad una grande riserva idrica ancora incontaminata, importante soprattutto se pensiamo che – oggi – a Spinetta per avere acqua potabile buona bisogna arrivare alla quinta/sesta falda a meno 150 metri dal livello del suolo.

Un punto (per rimanere a chi “vince” o “perde”) ai membri del Comitato spontaneo che si è formato lo scorso anno, che ha sempre segnalato inadempienze, forzature e rischi dell’impianto. Un punto, soprattutto, per l’assessore all’Ambiente ing. Claudio Lombardi che ha visto così premiati i suoi sforzi tanto in discussioni di Giunta quanto sul territorio a diretto contatto con i suoi concittadini.

Tutto bene, allora?
Non proprio. Sicuramente l’esito, sperando che non si cambi ancora, è positivo, essendo il luogo del tutto inadatto; ci piacerebbe, però, che il Comune, ciò che resta dell’Ente Provincia e – soprattutto –  la Regione si facessero carico in modo responsabile di un problema ineludibile che è diventato ancor più pressante dopo gli scandali di metà anni Novanta. Ora, infatti – e per fortuna -, non si possono più abbandonare  ai quattro venti (o a irresponsabili faccendieri) prodotti di scarto delle lavorazioni di importanti spezzoni del mondo industriale italiano, mai come in questo momento bisognoso di attenzione e di certezze amministrative. Le quantità delle voci del tabellario regionale in predicato per la “discarica Guarasca” aspettano comunque una gestione ed una sistemazione definitiva adeguata che qualcuno, evidentemente, oggi non è in grado di offrire.

Tra l’altro cercare una soluzione a questa “pressione da scarti inerti” in un’area, come quella del sud-ovest del Comune di Alessandria, già segnato da trentadue cave fra attive e concluse, è a dir poco curiosa. A meno che escano altri parametri che poco hanno a che vedere con la buona tecnica e la buona amministrazione.

E  qui ritorniamo alla “politica” evocata in avvio. Si ha l’impressione che sia in corso una riaffermazione della forza del gestore amministrativo a fronte del – tradizionale – strapotere degli uffici, con funzionari e dirigenti a far spesso da supplenza all’assessore di turno. Questa volta si è tornato all’antico, con competenze e “confini” ben definiti: se poi le scelte politiche, messe in atto dagli uffici, si riveleranno insufficienti saranno gli elettori a fare giustizia. Anche qui, pare, “tutto bene”, ma anche solo rileggendo la frase precedente mi viene un sorrisino per niente rassicurante…

Quindi, tornando a noi, a questa particolare ennesima vicenda costellata di sprechi (circa duecentomila euro spesi in analisi tecniche, relazioni e sondaggi) e culminata nel prevedibile “no” delle popolazioni, a fronte di proposte risibili, non resta che fare appello a maggiore professionalità e responsabilità.

Abbiamo visto che, come si dice, “il problema rimane” e cercare una maggiore consapevolezza nei cittadini della nostra Regione non ci sembrerebbe un delitto. Ma non è, purtroppo, finita qui. C’è un altro dato estremamente negativo che è emerso dall’assemblea pubblica di mercoledì: l’incapacità all’ascolto delle posizioni dell’altro e, forse, anche una anteposizione di fini elettorali al motivo vero del contendere. Insomma, a sentire i vari partecipanti, avevano “vinto” tutti, senza rendersi conto che – un pochino – invece abbiamo perso tutti. Perché la  sindrome Nimby (“non nel mio giardino”) e “qualcun altro ci penserà” potranno essere buoni viatici per qualche voto in più, ma non certo per cambiare – a fondo – l’atteggiamento delle persone e, alla lunga, qualità della vita, modalità e organizzazione del lavoro e possibilità di vera difesa dell’ambiente.