Il calcio nel fango è ancora più bello! [Calcio a colori]

Spiderdi Spider Jerusalem

Quando eravamo piccoli, una delle ragioni che spingevano le nostre mamme a distoglierci dal calcio per indirizzarci più o meno velatamente verso altri sport era il fatto che a differenza del calcio se stavi giocando una partita di pallacanestro o di pallavolo era certo – a meno che tu non giochi nella Red Basket Ovada, che ormai si è abbonata a questo curioso incidente come motivo di rinvio delle proprie partite – che non ti piovesse addosso.

Noi cercavamo di giustificare la nostra passione portando a difesa l’iconografia classica della fervente Irlanda cattolica, dove la pioggia è vista come una portatrice di purezza perchè ti lava via i peccati – e difatti un tipico augurio irish è la frase «Rain on you!» – nel tentativo di prolungare di una mezz’oretta ulteriore la partita a calcetto all’oratorio, le nostre madri meno prosaicamente ci elencavano una serie di malattie che si sarebbero scatenate dalla mattina dopo – tosse, raffreddore, naso chiuso, febbre, polmonite, bronchite, scorbuto, lebbra, vaiolo e beriberi – rendendoci prima inabili alla frequentazione scolastica e poi via via sempre più letali fino ad effetti degni di una esposizione al Talidomite.

Trenta anni e molte influenze dopo, ho compreso come sia le nostre che quelle delle nostre mamme fossero solo bugie bianche volte a difendere la propria arroccata pregiudizievole posizione: tuttavia, per anni frequentai corsi di sport alternativi – ricordo chiaramente le lezioni di nuoto a Tortona nella piscina che ora dopo un massiccio intervento di ristrutturazione è diventata il palazzetto dove giocano il Derthona Basket ed il Derthona Volley, e ricordo con altrettanta chiarezza la smisurata altezza dei gradoni all’ingresso che ora mi paiono poco più che motivi ornamentali – che avevano come unico denominatore comune il fatto di giocarsi al chiuso. Ciò non mi salvò ovviamente da nessuna delle malattie suelencate, ma almeno mi lasciò una infarinatura di sport differenti dal calcio che ancora oggi mi permette di godere appieno in occasione di Olimpiadi e Mondiali di specialità in molti casi.

Quello che non è cambiato volendo fare il giornalista sportivo, però, è loFesta dopo goal stoicismo con cui io ed i miei colleghi sopportiamo immobili con un taccuino fra le mani due ore al freddo, alla pioggia e al vento per seguire le peripezie di ventidue atleti che almeno apparentemente se la stanno godendo molto più di noi. L’anno scorso la partita più bella della stagione del Derthona fu la vittoria casalinga con il Bra lanciato verso la Lega Pro – ed io marcai visita per giustificatissimo motivo in quanto in contemporanea stavano battezzando mia figlia e a nulla servì una mediazione che mi permettesse di vedere almeno il primo tempo – quando una rete di Montingelli nel fango abbattè i ragazzi di Daidola. Quest’anno partite nel vero fango, complice anche una gestione del terreno di gioco migliorata rispetto all’anno scorso, non ne avevamo ancora viste: domenica, sia pure come seconda scelta perchè è saltata per pioggia la partita del Libarna, dai freddi ed umidi spalti della tribuna stampa dello stadio «Coppi» di Tortona ho capito cosa rende il calcio unico, sia che lo pratichino gli allievi provinciali dell’Arquatese e della G3 Real Novi visti il giorno prima, sia che lo pratichino i dilettanti ma non troppo del Derthona e del Sestri Levante; non ve lo dico, perchè anche se per guadagnarsi da vivere scrivendo bisogna saper essere degli ottimi burattinai di parole, ci sono cose che rendono meglio in foto. Ve lo mostro.