Corruzione [La coda dell’occhio]

Zoccola Paolodi Paolo Zoccola

Su www.leoniblog.it, Carlo Stagnaro ha pubblicato un articolo dal curioso titolo Non servono più gendarmi ma meno diligenze, che svolge una tesi per me ampiamente condivisibile che mi porta anche a riprendere uno dei temi fondamentali per uscire dalla situazione di pieno marasma in cui ci troviamo coinvolti: quello della nuova forma di Stato.

Stagnaro parte da una nota di colore, e cioè dal fatto che la corruzione del nostro sistema politico è stata usata in modo paradigmatico all’interno di una puntata dei Simpson, provocando una reazione risentita da parte della deputata del Pd Alessia Mosca, che si augura una reazione “molto forte”.

C’è poco da reagire. Se siamo al 72° posto del Corruption percetion index lasciandoci alle spalle, in Europa, soltanto la Bulgaria (74°) e la Grecia (95°), se la nostra Corte dei conti ha addirittura stimato in 60 miliardi anui il danno causato dalla presenza pervasiva di fenomi corruttori, non mi pare proprio il caso di prendersela con i popolarissimi cartoni di Matt Groening.

La reazione forte, caso mai, dovrebbe essere la nostra (dei cittadini e della politica) che dovremmo intervenire per eliminare alle radici le cause di questa situazione che non stanno certo in un supposto Dna ‘levantino’ degli Italiani, ma nella mostruosa superfetazione burocratica di cui è prigioniero lo Stato.

Seguiamo allora il ragionamento di Stagnaro utile per capire quali siano gli interventi necessari per contenere se non eliminare il fenomeno della ‘bustarella’.

1) “Più lo Stato regolamenta, più lo Stato spende, e maggiore è il potenziale payoff della corruzione” […] “Limitare la spesa pubblica, e soprattutto la spesa in conto capitale, prosciuga il brodo di coltura dei corruttori” .

“A parità di spesa e di interferenza pubblica nella vita economica di un paese, più le norme sono confuse e mutevoli, più è probabile (e conveniente) che qualcuno corrompa qualcun altro: per accelerare un procedimento, per ottenere un beneficio a cui non ha titolo, o per avere una leggina su misura”. […] “Se lo Stato s’impiccia della regolamentazione di dettaglio dei settori economici, decidendo chi può entrare e chi no, limitando la contendibilità delle imprese, restringendo gli spazi di concorrenza, imponendo certe condotte, si aprono infinite opportunità di corruzione potenzialmente vantaggiose per chi, in tal modo, può consolidare un vantaggio competitivo”

“Più elevato è il numero di centri di spesa più o meno discrezionale, e più alta è la probabilità che si instaurino rapporti irregolari. La proprietà pubblica delle imprese è l’anticamera della corruzione. Infatti il manager di un’impresa pubblica non deve, generalmente, creare valore per gli azionisti, ma solo essere funzionale agli obiettivi di consenso di chi lo ha nominato”.

“Più le procedure sono opache, più è possibile che vengano a determinarsi relazioni pericolose tra funzionari pubblici e fornitori privati. Lo ha riconosciuto il Presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino in un intervento molto netto sul tema, nel quale ha argomentato che i quattro pilastri della lotta amministrativa alla corruzione, più che la durezza delle sanzioni, dovrebbero essere ‘l’etica, la trasparenza, la semplificazione, il controllo collaborativo”’ L’etica può essere una faccenda soggettiva, ma trasparenza e digitalizzazione delle procedure, semplificazione amministrativa ed efficacia dei controlli sono tutte questioni afferenti il modo in cui il settore pubblico funziona”.

“La via maestra per ottenere questo risultato è ridurre il peso e la discrezionalità dello Stato: tagliare la spesa pubblica (specie per investimenti, lasciando che siano i privati a effettuarli); adottare strumenti per il miglioramento della qualità della regolamentazione e deregolamentare e liberalizzare ovunque possibile; privatizzare le imprese pubbliche per assoggettarle alla disciplina del mercato; introdurre procedure più semplici e trasparenti all’interno del settore pubblico. Se vogliamo sconfiggere la corruzione, dobbiamo avere il coraggio di rivolgere allo Stato la stessa richiesta che i credenti rivolgono al buon Dio: “non ci indurre in tentazione”. Fuor di metafora, per sconfiggere la corruzione non bastano più gendarmi o pene più dure: serve soprattutto che le vie del paese siano percorse da meno diligenze col cartello “svaligiatemi please”.

Conclusione: non serve indignarsi, serve una riforma generale che riduca al minimo la presenza dello Stato nella vita dei cittadini. Se ti guardi attorno trovi solo gente affannata e incazzata. Indaffarata perché costretta da un legislazione abnorme a rispettare centinaia, se non migliaia di adempimenti che regolano la loro vita quotidiana; incazzata perché il confronto con l’apparato burocratico è di per se stesso fonte di stress.

E non potrebbe essere altrimenti, visto che l’atteggiamento, palese o meno, esplicitato o sottaciuto è sostanzialmente quello del Marchese Del Grillo: “perché io sono io (nello specifico io sono lo Stato) e voi non siete un cazzo”