La dittatura delle banche

Ho letto, in rete, di un pensionato che, per sfiducia verso il proprio istituto di credito, ha ritirato 280 mila euro in contanti, e se li portava in giro sulla sua Mercedes, in un borsello. Il fatto ha insospettito i carabinieri, che lo hanno fermato per un controllo: alla fine dell’iter procedurale, un giudice  ha stabilito che i soldi dovessero essere di nuovo depositati sul conto.

La vicenda mi ha riportato alla mente l’episodio del mese scorso, quando un signore della periferia alessandrina, che ben ricordo fin dalla mia infanzia, si è reso protagonista di un episodio al contrario, che non sto a riassumere, e che trovate qui.

In entrambi i casi, certamente, ci si trova di fronte a persone con qualche aspetto di eccentricità. Però c’è anche da riflettere su quanto la nostra società via via sempre più restringa gli spazi di libera scelta e autonomia. Le banche sono il nuovo dogma, lo standard imposto, con tutte le perversioni e le speculazioni da ‘strozzinaggio legalizzato’ che ne derivano.

Le banche ormai scelgono anche chi ci governa (nella foto il ministro Passera, futuro premier secondo molti addetti ai lavori della politica), senza neanche votare, o creando le condizioni (vedrete se non sarà così) affinché noi si possa ratificare alle urne cioè che pochi hanno deciso chissà dove.

Le nuove, efficacissime armi di ricatto si chiamano spread, ristrutturazione del debito, crollo dei mercati. E se qualche visionario, romantico o rincoglionito che sia, dalle banche cerca di stare alla larga diventa un elemento pericoloso, un deviante da tenere sotto controllo. Triste, no?

E. G.