di Beppe Giuliano
Racconti dell’età del jazz (sesta parte)
Quando i corridori del “Bunion derby” lasciarono Chicago Peter Gavuzzi guidava il gruppo dei sessantacinque ancora in competizione. Il suo vantaggio sul secondo, il Cherokee Andrew Payne, era di circa sette ore.
Anche se le cronache americane dicono che correva con la bandiera inglese ricamata sulla maglietta, per i quotidiani resoconti della Stampa, sempre concentrati sui successi dei nostri corridori, lui era orgogliosamente italiano.
Il giorno 6 maggio si legge che all’arrivo a Joliet, la località dell’Illinois che molti di noi ricordano per il soprannome del personaggio interpretato da John Belushi in ‘Blues Brothers’, Umek si piazza di nuovo secondo: “Anche Gavuzzi è arrivato bene, e mantiene il primo posto in classifica generale”.
Il giorno successivo si è passati allo stato dell’Indiana, “il piccolo prodigioso atleta italiano… torna oggi a richiamare l’attenzione su di sé, fornendo un altro exploit di eccezionale valore.” Nei trafiletti a fianco di quello dedicato alla “colossale maratona” non mancano le notizie curiose, dal colono di Grottaminarda, provincia di Avellino che “ha messo al mondo trenta figli di cui 24 tuttora viventi” al vecchissimo pappagallo (aveva più di 170 anni) “che appartenne al maresciallo Massena, il grande maresciallo napoleonico”, “schiacciato accidentalmente sotto le ruote di un veicolo in una strada di Brighton”.
Cambia il tenore delle notizie il giorno 13 maggio: “Oggi dal teatro della grande contesa podistica giunge una notizia che riempie di tristezza il cuore degli sportivi italiani che si interessano alla ciclopica prova. Gavuzzi, il piccolo ex-fantino italiano che tanto entusiasmo aveva sin qui suscitato per le molte e brillantissime imprese compiute durante la gara, si è ritirato. Ha dovuto ritirarsi, e lo ha fatto piangendo, col cuore stretto dal più cocente dolore, dal più acerbo risentimento contro la avversa fortuna. Un banale incidente ha tolto dalla lotta il principale dei suoi campioni. Da più giorni Gavuzzi soffriva di mal di denti. Si era sperato in una cosa passeggiera. Invece il dolore non cessava, ed anzi si faceva sempre più grave. La masticazione gli fu resa impossibile, e l’atleta dovette iniziare un’alimentazione speciale, a base di liquidi. Ma tale dieta non era certo indicata per mantenerlo in forze. Col dispendio di energie che la corsa richiedeva, la nutrizione liquida non tardò a manifestarsi insufficiente, debilitante. Con eroico coraggio Gavuzzi lottò, facendo appello a tutte le sue forze. Così si spiegano le giornate grigie di queste ultime tappe, alternate con qualche successo, dovuto più che altro alla forza volitiva del piccolo, tenace atleta. Ma finalmente egli ha dovuto abbassare le armi.”
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Intanto un’altra notizia ritorna quotidianamente sui giornali nazionali, e riguarda la nuova impresa tentata dal generale Umberto Nobile, che al comando del dirigibile Italia attende che migliorino le condizioni metereologiche per lasciare la “Baia del Re” e tentare il sorvolo del Polo Nord.
Il generale Nobile aveva già sorvolato il Polo due anni prima, con il Norge, anche allora accompagnato dall’inseparabile Titina, il cucciolo di terrier abbandonato allo Stabilimento Militare di Ciampino e adottato proprio dal direttore, ingegnere geniale (e di pessimo carattere) che progettava dirigibili d’avanguardia. Il Norge era uno di questi, e appunto aveva per primo in assoluto sorvolato il Polo geografico. La cagnetta, imperturbabile, durante il sorvolo dormiva, e così aveva fatto per gran parte del viaggio del ‘26, secondo alcuni per una naturale difesa contro il “mal di volo”.
Titina si chiamava così per via della canzone francese che Guido di Napoli aveva portato al successo in Italia, e che noi conosciamo soprattutto grazie alla straordinaria esibizione “grammelot” di Charlie Chaplin in ‘Tempi Moderni’, quando per la prima volta sentimmo la voce del “vagabondo”, che si opponeva strenuamente al sonoro dei film anche se ormai in voga da quasi un decennio (Tempi moderni è del ‘36, Il cantante di Jazz risale a nove anni prima).
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Il volo del Norge era stato un enorme successo mondiale, con le tre bandierine sganciate sul Polo, quella norvegese (la proprietà del dirigibile), quella italiana e quella statunitense (era sponsor un uomo d’affari di là) che aprì le porte della Casa Bianca anche a Titina che la fece sul tappeto della stanza ovale divertendo molto il presidente Coolidge, uomo taciturno e severo però capace di grande umorismo. Quando non si ricandidò nel 1928, dopo un mandato e mezzo essendo subentrato a Harding, morto di polmonite nel 1923, del suo successore Herbert Hoover dirà: Da sei anni quell’uomo mi dà consigli non richiesti, e tutti pessimi.
Gli strascichi del sorvolo polare però non furono altrettanto positivi, soprattutto per il contrasto tra il grande esploratore Roald Amundsen che guidava la spedizione e che considerava Nobile come il guidatore del mezzo, ricambiato dall’italiano che considerava l’esploratore un passeggero, oltretutto che si prese tutti i meriti invece suoi.
Roald Amundsen a poco più di cinquantacinque anni era una leggenda: aveva per primo attraversato il passaggio a nord-ovest, la rotta navale che collega gli oceani in territorio artico. Per primo aveva raggiunto il polo Sud nella celeberrima sfida con lo sfortunato capitano Scott.
Mentre la nostra corsa del bugnone volge al termine Nobile e Titina diventano gli assoluti protagonisti delle cronache, come vedremo. Torna a esserlo Amundsen. E con loro una “tenda rossa”.
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Come detto l’organizzatore della corsa tra Los Angeles e New York, C.C. Pyle, era disposto a tutto per guadagnare e mise insieme un’attrazione da Circo Barnum, tipica dell’epoca: una pittoresca carovana si fermava infatti a ogni tappa.
Il gran cerimoniere era Red Grange, il campione del football americano, e i corridori erano tenuti a farsi vedere, nonostante tutta la fatica fatta durante la corsa. La gente pagava per vedere loro, come per ammirare il maiale con cinque zampe, il mangiatore di fuoco, chi faceva tatuaggi, il cane star “Kay Ho” (o “Wo Kah”, per altri giornali) che parlava con le orecchie, “Poison Girl” che si esibiva coi serpenti.
In certe aree fece pure buoni incassi. A Rolla nel Missouri lo sceriffo li fece sgomberare accusandoli di gioco d’azzardo.
Forse l’attrazione più curiosa era “Oklahoma Outlaw”. Una mummia. Si trattava in realtà del cadavere di un ladro di polli, tale Elmer McCurdy, ucciso dai “pinkerton” durante un tentativo di assalto al treno. il becchino di un posto chiamato Pawhuska, visto che nessun parente era venuto a reclamare il corpo, lo imbalsamò usando l’arsenico, il che lo mummificò. Dopo parecchi anni di esposizione nel suo “locale” lo vendette a un “carnival”, proprio quello ingaggiato da C.C. Pyle per gli spettacoli di contorno alla “corsa del bugnone”.
La storia di Elmer comunque non finì lì, perché lo ritroverà un attrezzista mentre giravano un programma televisivo a Los Angeles all’inizio degli anni settanta, in un parco divertimenti, e finalmente potrà essere seppellito al cimitero di Guthrie nella “collina degli stivali”, la sezione dove finivano i cowboy o chi moriva, appunto, “con gli stivali ai piedi” (di solito per colpi d’arma da fuoco).
(segue)