Richard Bachman e la sindrome di Capgras [Il Superstite 499]

ATO6: "Crisi idrica, i cittadini siano più parsimoniosi con l'acqua" CorriereAl 1

di Danilo Arona

Potrei iniziare così: Richard Bachman ha scritto i seguenti libri… omissis, è morto all’improvviso nel 1985 per un malore improvviso dopo essere sopravvissuto a un tumore al cervello e… omissis, King sostenne che il suo alter ego letterario era morto in realtà di cancro dello pseudonimo e… omissis, ma sono tutte storie che già conoscete. Io in verità che fra le altre cose ho fatto lo scrittore e appartengo con cognizione e amore di causa al segno zodiacale dei Gemelli, vorrei abbozzare una ipotesi – abbastanza folle, lo riconosco – per la quale potete tranquillamente mandarmi a quel paese – sulle ragioni profonde e magari sconosciute persino allo stesso King alla base della breve vita fittizia di Bachman.

Cominciamo col ricordare che ogni doppio, scientemente progettato a tavolino o incontrollata proiezione patologica che sia, è prodotto inalienabile dall’originale, perché contiene parti, in genere inconsce, del Sé. Di solito è più “cattivo”, altrimenti fissato, grazie a King, nella storia del folclore popolare come Metà Oscura. Così è sulla carta e così è nella vita sin dalla notte dei tempi della letteratura gotica dove spesso si “giocava” (si fa per dire) tra dottor Jekyll e Mr. Hyde, tra Dorian Gray e il suo quadro, tra Frankenstein e la creatura, e fuori dall’immaginario, – ma dirlo è un paradosso – tra Lord Byron e John Polidori.

È nella modernità che la coorte dei doppi si moltiplica in ambedue gli ambiti: Salvatore Lombino nella doppia identità di Ed Mc Bain e Evan Hunter, Robert Gailbraith e J.K. Rowlings, Joyce Carroll Oates e Rosamund Smith, ma anche, sempre della Oates in Jack deve morire, Andrew J. Rush e Jack of Spades (altro pseudonimo letterario che si materializza nell’Aldiqua),  Robert Bloch – autore che non disdegnava sdoppiarsi in pseudonimi quali Tarleton Fiske e Collier Young, con Norman e Norma Bates, Thomas Tryon con l’immortale L’altro ma già “doppio” lui stesso con la carriera di attore conosciuto come Tom Tryon.

La interrompo qui perché il succo del discorso mi pare evidente. La scissione immaginaria dell’ego scrivente è un processo che, per quanto patologico, viene abreagito dall’evoluzione creativa e comunemente accettato in ambito sociale in quanto interpretato come mero gioco intellettuale o divertente duplicazione per aumentare gli introiti dei diritti d’autore. Le ottiche psicanalitiche sono ovviamente diverse, ma sorvoliamo per non complicare troppo il discorso. Che poi in questa sede riguarda solo King e i suoi tanti doppi. Tanti? Eh, certo. Ben Mears, Jack Torrance, Bill Denbrough, Paul Sheldon, Jim Gardener, Thad Beaumont, Mike Noonan, Johnny Marinville e gli altri che non nomino, non sono mica pochi e, piaccia o meno, sono tutti “doppi” di King. Fanno gli scrittori, ma sono doppi funesti, perché chi più chi meno, non ce la fanno professionalmente a raggiungere i livelli produttivi del loro creatore. Troppo facile dire che King proietti in loro le proprie paure professionali (vedi Mike Noonan che soffre del famoso “blocco”, orribile condizione di vuoto mentale ben conosciuta da molti scrivani di professione), ma per cavarsela così bisognerebbe almeno ricordare che King è pregno di quella tradizione gotica basata sull’alternanza di due principi speculari. I doppi appunto. E, King a parte, non conosco scrittore che non ponga al centro della scena una parte, anche piccola, del Sè.

Ma veniamo alla quella sagra del doppio Kinghiano che è La metà oscura. Presuppongo che ne conosciate ogni sfumatura, ma riassumendo al centro dell’azione c’è il maligno e materializzato Stark, scrittore di thriller, pseudonimo di Thad Beaumont, autore mainstream ovviamente più “impegnato”. Ulteriori giochi di specchi: Thad è padre di due gemelli e nel libro si evoca il nome di Shane Stevens, ulteriore pseudonimo “cattivo”,  però qui, nel Reale – di chi-non-si-sa-bene. Ovvero, il Fantasma e il suo Doppio. Il Fantasma sarebbe già defunto nel 2007, ma ci ha lasciato sei romanzi per stomaci forti nei cui meandri non entro per non scantonare. Segnalo però solo che lo pseudonimo forse aveva un altro nom de plume che era J. W. Rider. E si può concludere con la notazione che La metà oscura era destinata alla produzione di Bachman. In qualche modo lo confessa King stesso nel paratesto iniziale che recita così: Devo molto allo scomparso Richard Bachman per l’aiuto e l’ispirazione che mi ha dato, senza di lui questo romanzo non sarebbe stato scritto. Ovvero, nel 1989 Bachman era già morto di “cancro dello pseudonimo”. Il che però non impedirà che escano nel 1996 I vendicatori, romanzo “gemello” di Desperation di King, e addirittura nel 2007 il “quasi realistico”Blazealtra Metà Oscura, in fondo -, in Italia in doppia edizione, l’una normale e l’altra con supplemento del racconto Torno a prenderti. Naturalmente i due titoli sono saltati fuori da qualche cartone di cianfrusaglie durante un trasloco, questa la giustificazione ufficiale. Da allora Bachman sparisce. Che succede? Il gemello cattivo è stato riassorbito in qualche pertugio malato del magnus corpus di King?

No, la storia potrebbe essere più semplice. Nel giugno 1999 King subisce il famoso incidente, travolto da un furgoncino, mentre se ne sta andando per i fatti suoi lungo una strada di campagna dalle parti della sua villa. Ne esce con varie fratture alla gamba, un polmone perforato e un piccolo trauma cranico. La botta alla testa  però è infausta perché lo scrittore più prolifico del mondo per mesi non riesce più a produrre una parola. «Non posso più scrivere» dichiara ai giornali dopo alcuni mesi «non sono affatto certo di fare un altro libro».

Sappiamo bene che non è andata così. Dal 2000 a oggi King, e meno male, ha travolto il suo fedele lettore con un mare di titoli. Ma allora chi non poteva più scrivere? Matematico: Bachman, senza dubbio, ridotto all’impotenza da una particolare versione di sindrome di Capgras. La conoscete, vero? Chi ne è colpito vive nell’assoluta convinzione che le persone a lui care o vicine siano state rimpiazzate da replicanti o da impostori a loro identici. Se vi ricorda L’invasione degli ultracorpi, siete nel giusto: vi basta pensare che gli abitanti di Santa Mira ne siano stati tutti di colpo affetti, altro che baccelloni piovuti dallo spazio… In ogni caso, la sindrome di Capgras può spesso manifestarsi dopo un trauma cranico. King ne è uscito bene a fatica, ma Bachman no: il delirio lo ha condotto a non riconoscere più come tali i suoi personaggi sostituiti da alias malefici. Essendo lui stesso un doppel, sa bene che fine devono fare i doppi se condividono l’identico spazio psichico e vitale. Devono scomparire, questo lo suggerisce lo specchio duplicante.

Lo psicologo Alfred R. Austermann nel suo libro La sindrome del gemello scomparso (Amrita, 2010), sostiene che milioni di persone nel mondo soffrono di un malessere profondo,  grande aggressività e irrequietezza, e addirittura di un senso di colpa soltanto per essere al mondo. Dalla sindrome si può guarire solo se la si riconosce o se la si sublima scrivendo. E Austermann ne è convinto: una persona su dieci , in tutto il pianeta, potrebbe essere un gemello sopravvissuto all’oscuro di esserlo e ignorare per questo da dove proviene il suo male di vivere.

Negli archivi della psicologia analitica francese è ancora famoso il caso del giovane Alexander che, fra incubi e allucinazioni, sosteneva che un gemello, un Altro Speculare tal identico a lui, gli appariva quasi sempre tra il sonno e la veglia per presagirgli fatti che gli sarebbero accaduti in futuro, non disdegnando suggerimenti sui comportamenti da tenere nelle varie eventualità. Quell’altro si presentava come “Pier” e Alexander, ovviamente, ne usciva più terrorizzato che rassicurato. Solo poco prima della prematura morte della madre, Alexander scoprì di essere un gemello e che il suo fratellino era morto nel ventre della madre, senza che lei potesse rendersene conto sino al momento del parto. Il dato incredibile è che la donna avrebbe voluto chiamare il figlio “Pier” invece che “Alexander”, nome che s’impose per le insistenze del marito. Quando Alexander superò l’età puberale, le apparizioni dell’Altro cessarono. Questa potrebbe essere materia per un romanzo di King, chissà… A noi basta fantasticare su quella percentuale, “una persona su dieci”, e sorvegliare la futura produzione di King. Se farà la sua comparsa qualcosa minimamente somigliante alla Sindrome di Capgras, allora questo piccolo saggio non sarà il delirio di uno scrittore appartenente al segno dei Gemelli e convinto di essere un gemello sopravvissuto.