Riprendiamoci l’italiano [Il Flessibile]

di Dario B. Caruso

 

In questi giorni i giornalisti sportivi di tutto il mondo hanno citato “the tifosi” riferendosi ai supporter della Ferrari, campeggiano titoli ovunque.

È possibile che la scuderia di Maranello, bandiera imprescindibile del Made in Italy, divenga anche riferimento linguistico?

Cerchiamo di non esagerare, ciò significa solamente che le paturnie dei cronisti sono pari solamente alle chiacchiere tra maschietti al bar o alle voglie di giovani signore incinte (altrimenti Thegiornalisti sarebbero i nuovi Rolling Stones).

Sono finiti i tempi in cui la lingua italiana primeggiava in Europa per merito dell’opera lirica, si cantava in italiano e dunque negli ambienti colti si parlava italiano.

Procedendo per assurdo potremmo dire che se allora ci fosse stato un Europarlamento, codesto avrebbe dialogato in italiano.

Non è così, cuore in pace.

Vero è che se da una parte la labilità della comunicazione è conclamata, dall’altra la capacità nel capitalizzarla è parziale.

Voglio dire che, anche a seguito della vittoria di Leclerc a Monza, al massimo questo episodio porterà ad incrementare il merchandising con magliette e qualche gadget.

E poi?

A scuola combattiamo tra progetti che salvaguardano i dialetti e lo sprezzante inseguimento verso lo studio dell’inglese come lingua universale.

L’italiano è un accessorio, non sappiamo più leggerlo, non sappiamo più scriverlo, non sappiamo più comprenderlo.

Ciò che studiamo non è fine bensì un mezzo.

Forse varrebbe la pena riprenderci l’italiano, non per sovranismo, solamente per rispetto della storia.