Non su misura [Il Flessibile]

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di Dario B. Caruso.

Vorremmo tutti avere un amico, un maestro, un vicino di casa, un parente su misura.
Come un abito tagliato addosso, che non penda da una parte o stringa dall’altra.
Infatti non esiste nulla di più scomodo di un capo che non calza secondo le proprie esigenze.
Io, per esempio, nel corso degli anni ho sviluppato una certa propensione al cavallo dei pantaloni ampio e ho rinunciato alle camicie slim fit.
Confesso che è una necessità che prima non sentivo: stare fuori casa dodici/quattordici ore con gli attributi strizzati o il giro vita attillato diventa una tortura inenarrabile. Se poi a venticinque anni devi mantenere un’immagine, al doppio giro di boa puoi farne tranquillamente a meno mantenendo così una dignità che altrimenti andrebbe perduta. E una volta perduta, è per sempre.
Ci sono conoscenti invece, donne e uomini, che vivono in apnea per intere giornate. Il risultato è una scarsa ossigenazione cerebrale che si riflette su azioni inconsulte, parole poco lucide e pensieri asfittici.
È scientificamente dimostrato che i mali della società moderna troppo spesso sono causa diretta di testicoli spremuti o pance compresse.
Nonostante ciò, possiamo considerarci tutti simili?

misura_flexIdentico, uguale, simile.
Tre aggettivi vicini eppure lontanissimi.
Il primo identifica una perfetta riproduzione, in tutto e per tutto, nei dettagli, nei particolari, nelle minuzie.
Il secondo una somiglianza pressoché perfetta, le piccole differenze sono impercettibili.
Il terzo ci riguarda tutti più da vicino.
Perché essere simili è nella natura delle cose.
Si può essere simili per gli angoli o per i lati, per il carattere o per la fisionomia, per il colore o per l’odore, per l’altezza o per il peso, per i gusti o per le scelte.
Ma soprattutto si è simili solo se esistono differenze.
Ecco il fulcro: siamo tutti simili.
A qualcuno parrà brutto sentirselo dire ma le cose stanno in questo modo. Io stesso faccio fatica a riconoscere quali miei simili alcuni esseri viventi, ma per fortuna posso far leva sulle differenze.

Mi appiglio all’esperienza di scuola quando voglio ragionare sui massimi sistemi.
Una classe perfetta è metafora di una società perfetta.
Ragazze e ragazzi tutti simili eppure tutti differenti, con le singole sensibilità, i singoli modi di parlare, i singoli approcci nell’affrontare le situazioni, le singole attitudini alle discipline.
Ragazze e ragazzi seguiti da insegnanti tutti simili eppure tutti differenti, con le singole sensibilità, le singole preparazioni, le singole metodologie.
Ragazze e ragazzi che hanno genitori tutti simili eppure tutti differenti. E fratelli, e nonni, e amici e così via.

Ecco dunque la classe che voglio per me, una classe su cui io mi ritaglio.
Non mi è identica né uguale poiché sarebbe inquietante e innaturale.
Ma mi è simile poiché mi plasmo ad essa e mi diviene simile poiché col tempo si plasma su di me.

La morale, se esiste, di queste poche righe è la seguente: meglio vivere non su misura ma a misura.
Ora al lavoro: si taglia e si cuce.