Un sabato italiano [Il Flessibile]

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di Dario B. Caruso.

Finalmente una giornata davvero nazional-popolare.
Era da tempo che non accadeva; in questi ultimi anni in cui si preferisce volare alto ci si è dimenticati che siamo fieramente italiani.
Da troppo tempo guardiamo all’Europa, offrendo i servigi delle nostre migliori menti al mondo dimenticandoci che quelle menti potrebbero far comodo al progresso scientifico e tecnologico nostrano.
Da troppe settimane seguiamo scaramucce politiche, battibecchi relativi ad argomenti di pochi che non cambiano la vita ai più.

Sabato mattina.
Alle ore 11 incontro un allievo quarantenne, un amico che suona con passione e nella vita si occupa di borsa e alta finanza.
“Etruria è solo la prima di una lunga serie di banche che una ad una soffriranno della cattiva gestione pluriennale – dice – ed ora anche delle speculazioni dei poteri forti angloamericani. A breve, se non muterà qualcosa, ne cadranno altre (nds: mi fa i nomi che tengo per me)“.
Io di ciò capisco poco, abbastanza però da uscire preoccupato da queste riflessioni.

sabato_flexSabato pomeriggio.
Alle ore 17 passeggiata in centro città a braccetto con la mia metà.
Negozi brillantemente addobbati per San Valentino ma scarsamente frequentati. Sulle vetrine occhi di adulti assenti e nasi di bambini ancora festanti per le ultime sfilate di Carnevale.

Sabato sera.
Alle ore 20,45 calcio d’inizio dell’arbitro per l’incontro clou del campionato di calcio e, in parallelo, fischio d’inizio di Carlo Conti per la serata finale di Sanremo 66.
Zappeggio tra i due canali per provare a cogliere i momenti salienti di entrambi gli eventi.
Restano in me alcune immagini.
Da una parte i volti tesi e sofferenti di Agnelli, Marchionne e De Laurentiis, tesi come le pareti dei loro portafogli e sofferenti come le migliaia di tifosi che seguono il falso teatrino con sincera partecipazione.
Dall’altra parte cantanti giovani e meno giovani si alternano in un varietà dignitoso e scorrevole, dignitoso come l’impegno di numerosi professionisti che lavorano alacremente e scorrevole come le penne a sfera che compilano assegni milionari.

Dopo il gol di Zaza e prima che venga designato il vincitore del festival vado a letto sperando che per una volta vinca la canzone d’autore.
Comunque, anche dovesse vincere la Michielin, che almeno le cose vadano meglio.
Perché il sabato italiano è sempre e comunque un bel sabato.
E da italiani siamo obbligati a sperare.