Cremonte: “In Piemonte soffre di autismo un bambino su 250. Fondamentale la diagnosi precoce”

Patrucco Giancarlodi Giancarlo Patrucco

Dopo aver sentito le famiglie, il nostro percorso sull’autismo in Alessandria incrocia il servizio di neuropsichiatria infantile presso l’ospedale “Cesare Arrigo” di Alessandria. Prima di proseguire, infatti, ci è sembrato opportuno capire e far capire in maniera più circostanziata che cos’è l’autismo. E chi poteva spiegarcelo meglio del dottor Maurizio Cremonte, che del servizio di neuropsichiatria infantile è primario, motore, anima e storia?

Quello dell’altro giorno, venerdì 7 novembre, è stato un incontro intenso, che doveva durare 30-40 minuti ed invece si è prolungato per quasi due ore. Due ore passate a tu per tu con un uomo che convive con l’autismo, ne conosce tutte le manifestazioni, tutti i risvolti, tutte le conseguenze. Spero di essere riuscito a rendere nella trascrizione che segue anche soltanto un briciolo di quanto il dottor Cremonte ci ha detto e, soprattutto, dell’intensità partecipativa che ci ha messo.

Se, poi, vorrete ascoltarlo direttamente, c’è sempre il video dell’intervista, curato da Pier Carlo Lava, mio compagno d’avventura come la volta precedente.

 

Dottor Cremonte, Lei è la persona più adatta a spiegarci questa complicataCremonte Maurizio definizione di “sindrome dello spettro autistico”. Può definircela in maniera semplice, nei suoi aspetti generali, paradigmatici?
In effetti, la variabilità del disturbo dello spettro autistico è molto ampia. Varia l’intensità, tra soggetti colpiti più lievemente e soggetti colpiti in maniera più grave. Varia la tipologia dei disturbi che questi soggetti manifestano e la maniera in cui si combinano tra loro. Possiamo dire, comunque, che gli elementi caratteristici del disturbo sono essenzialmente tre: una difficoltà nell’interazione sociale reciproca, cioè nella relazione con gli altri; una difficoltà di comunicazione verbale e non verbale; la presenza di comportamenti, interessi ed attività ristretti, ripetitivi e stereotipati.
Insomma, il soggetto autistico vive una condizione di disturbo, più o meno grave, nella relazione, nella comunicazione e nel suo rapporto con la realtà che lo circonda.

I numeri la danno in aumento. Ha dei numeri anche lei? Come va in Alessandria?
Sì, abbiamo dei numeri. La Regione Piemonte e la Regione Emilia Romagna sono tra le poche in Italia a poter fornire dati e statistiche al riguardo. Ciò si deve, almeno in Piemonte, alla presenza di una rete informativa regionale (npi.net) e alla grande opera di sensibilizzazione condotta presso i presidi sanitari, i pediatri, le scuole, le famiglie, nonché ad un affinamento delle tecniche diagnostiche. Oggi siamo in grado di diagnosticare un disturbo dello spettro autistico molto precocemente, entro i due anni di età. E voi sapete senz’altro quanto conti una diagnosi precoce in questo campo.
Ma, per restare ai numeri, a livello regionale questi ci dicono che la percentuale attuale è intorno al 4 su 1.000. Cioè, 1 bambino ogni 250 soffre di una sindrome dello spettro autistico.

Una percentuale elevata, dottore…
Senza dubbio. Un bacino come quello alessandrino-astigiano conta circa 100.000 minori. Al 4 per 1.000, fate voi.

Autismo 3Dicevamo, una definizione complicata. Ma anche le cause sembrano complicate. Ci può dire qualcosa in proposito?
Potrei risalire nel tempo, quando si dava la colpa dell’autismo alla famiglia. Alla madre in particolare, colpevole di inaffettività. Ma la verità, quella scientifica, dice che l’autismo è un disturbo neurobiologico che coinvolge lo sviluppo del cervello e della mente e a cui concorrono sia fattori genetici che ambientali.
Non a caso si dice che l’autismo è una sindrome complessa. Perché complesse sono le cause e complessi i loro effetti.

E i rimedi? Ogni tanto esce qualche cura “miracolosa” e le famiglie partono per i viaggi della speranza. Cosa ne pensa Lei?
Nel 2011, l’Istituto Superiore di Sanità ha redatto e pubblicato le Linee Guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico. In quel lavoro, molto minuzioso e molto attento, sono stati presi in esame tutti i trattamenti praticati e, per ogni trattamento, si è proceduto a una validazione dei risultati sulla base dell’evidenza scientifica. Lì, si fa giustizia delle molte promesse che non si realizzano mai e dei molti rimedi spacciati per miracolosi. Lì, si attestano anche i rimedi che, a breve o a medio termine, hanno dato risultati. Ma, come in tutti gli ambiti della medicina, anche in questo campo l’evoluzione seppur lenta è continua, anche se una condizione resta prioritaria: che la diagnosi sia precoce. Prima dei 2 anni, se possibile, e, comunque, da noi la media si aggira al di sotto dei 3 anni d’età.

Abbiamo parlato di cause e di rimedi, magari fasulli. Ora ci vuole riassumere leOspedale infantile fasi del lavoro che svolgete qui, da quando arriva una segnalazione di sospetto autismo?
Ve lo dico subito. Noi prendiamo in carico i soggetti al momento della segnalazione, procediamo agli accertamenti necessari, arriviamo alla diagnosi e affidiamo a nostra volta i casi ai presidi sul territorio per l’opportuno trattamento terapeutico, salvo poi eventualmente rivederli a scadenze periodiche per una rivalutazione del quadro e dei risultati raggiunti.

Ma le terapie…
Lo so. Questo è un aspetto dolente della questione. Un trattamento terapeutico in caso di autismo è lungo, può durare anni e anni. Dev’essere costante, intensivo e deve coinvolgere la famiglia e tutti gli attori che lavorano a vario titolo con il soggetto. Dev’essere personalizzato, proprio perché, come dicevamo prima, ogni bambino è un caso a sé, con le sue singolarità, le sue peculiarità e le specifiche evoluzioni.
Va da sé che è anche costoso. Molto costoso. E i soldi a sufficienza non ci sono. Non li ha lo Stato, non li ha il Servizio sanitario nazionale, e quindi le Asl e gli Enti Locali.
Qualcosa si può fare. La certificazione di invalidità vale un sussidio e altri sgravi fiscali. La sinergia pubblico-privato permette di abbassare i costi, anche in maniera sensibile, specie per i meno abbienti.
E’ un settore comunque da rivedere e da potenziare, e in Regione a questo si lavora, con il concorso di tutti i presidi periferici.

Proviamo a concludere con una parola di speranza, dottore. Pare che l’autismo non si sconfigga mai totalmente. Ma ci sono possibilità di arrivare a una vita migliore? Qualcuno ce la fa?
Sì, qualcuno ce la fa. Tenete conto di quanto dicevamo prima: lo spettro del disturbo è molto ampio. Ora, all’interno di quello spettro esiste la possibilità di “uscirne” per il 20-25% dei casi. Ciò non significa guarigione. Possono persistere difficoltà, rimanere problemi, manifestarsi disturbi, ma nel complesso questi soggetti possono anche godere di una vita autonoma e soddisfacente.
Ripeto: a patto che la diagnosi sia il più precoce possibile e che il trattamento sia idoneo. Insisto, perché la speranza di un recupero soddisfacente spesso sta tutta qua.