Terzo Valico: avanti tutta, in ordine sparso? [Controvento]

Cisl terzo Valicodi Ettore Grassano

“Ma figurati, il Terzo Valico non vedrà mai la luce, ci scommetto quello che vuoi. Però partire si deve, per ragioni intuibili”.

Parola di un addetto ai lavori della politica, uno dei tanti che guardano ad eventi come il convegno organizzato dalla Cisl venerdì scorso ad Alessandria
come ad una parata di autorità sempre meno autorevoli, salvo poi magari partecipare, perché comunque bisogna esserci.

Peraltro, se i diversi media locali hanno diligentemente raccontato la solita fuffa congressuale (pochissimi dati, e una serie di slogan arcinoti: la sostanza è che l’opera sulla carta costerà un botto rispetto ad analoghi progetti in altri Paesi europei, e che nessuno oggi può davvero affermare con certezza se servirà, e quanto, e quando), nessuno o quasi ha sottolineato l’assenza, invero assai significativa, dei segretari provinciali di Uil e Cgil: magari davvero dettata solo da concomitanti improrogabili impegni, ma a dire il vero anche significativa di qualche ‘scricchiolìo’, all’interno della Triplice, rispetto non tanto all’utilità generale dell’opera, ma al modus operandi.

Insomma, la Cgil in particolare ha sempre detto: “sì al terzo Valico, ma a determinate condizioni di sicurezza ambientale, e solo con ricadute economiche importanti per il territorio, nonché con la certezza che, se si comincia, si deve anche finire, e in tempi chiari”.

Tutti elementi che, ad oggi, non sembrano minimamente garantiti, per tante ragioni che sono già state da più parti analizzate. Certamente però l’incontro di venerdì, con il suo imponente spiegamento di leader regionali e nazionali della Cisl e della politica (ma il ministro Lupi ha dato forfait), ha dimostrato che c’è chi il Terzo Valico ce l’ha a cuore davvero.

Non sappiamo se, a questo punto, abbia ragione il nostro disincantato osservatore che dice, con un po’ di navigato cinismo, “ma no che non lo fanno, i soldi non ci sono”, o invece l’altro, filo No Tav e certamente meno inserito nell’establishment, che prefigura “un innalzamento dello scontro, e delle intimidazioni: nelle prossime settimane può succedere di tutto”.

Certamente ci pare che il convegno di venerdì non abbia aggiunto elementi decisivi alla vicenda, e attendiamo di verificare quali saranno i prossimi sviluppi. Ma possibile che in Italia si discuta di un progetto per un tale numero di anni da far sì che, al momento dell’ipotetica partenza, lo scenario economico e sociale del Paese sia ormai radicalmente mutato?