Quale futuro per le Terme di Acqui? [Controvento]

Tiberti Gregori Ferraris 2di Ettore Grassano

E’ il mondo capovolto, se i sindacati invocano per un pachiderma in costante passivo, come le Terme di Acqui, “una privatizzazione virtuosa, piuttosto che una pessima gestione pubblica”? Oppure semplicemente si tratta della ragionevole (e forse rassegnata) presa d’atto che, in certi casi, il pubblico non ce fa?

In realtà l’operazione ‘choc’ di Cgil, Cisl e Uil sembra muoversi assolutamente nel solco della tutela dell’occupazione esistente, come da ‘contratto’ e ruolo istituzionale, per così dire. Ma c’è di più: ossia l’impressione che, ormai, i segretari provinciali del sindacato (Tiberti, Ferraris, Gregori) e le loro organizzazioni stiano prendendo atto che, se la famosa cabina di regia del territorio non c’è, la Triplice può se non altro cercare di pungolare, di volta in volta, i diversi soggetti a rimboccarsi le maniche, non solo in ottica di difesa, ma di sviluppo. Giocando in attacco insomma, e non solo facendo le classiche ‘barricate’.

Che poi, alla fine, i ‘latitanti’ da stimolare sono sempre quelli: nello specifico delleTerme 2 Terme, la Regione Piemonte in primis, ma anche la Provincia. Che non c’entra nulla con la proprietà, ma che i sindacati chiamano in ballo, eccome, chiedendole “di istituire immediatamente un tavolo provinciale del turismo, in vista delle opportunità connesse ad Expo 2015. Del resto, un protocollo di intesa con Unicredit è stato formalizzato e pubblicizzato nei giorni scorsi: ora si lavori sui contenuti concreti”.

Se da Palazzo Ghilini giungeranno reazioni ufficiali (al di là della buona volontà dichiarata dal funzionario presente all’incontro) lo valuteremo nelle prossime settimane.

Intanto, ribadiscono i sindacati, sul fronte Terme spa siamo ad uno snodo decisivo: “ci risulta che sabato si terrà una riunione del cda, che scioglierà i nodi relativi al bando di privatizzazione: peccato che sui contenuti nulla ad oggi sia trapelato. Diciamo che la trasparenza e il confronto sono un’altra cosa”.

In sostanza, ci pare di capire che sul fronte terme di Acqui (qui l’intervista, anche se non recentissima, del nostro magazine al suo presidente, Roberto Molina) ci siano due scuole di pensiero: chi ritiene (e tra questi certamente Cgil, Cisl e Uil) che le Terme possano essere comunque, opportunamente gestite, ‘uno straordinario volàno economico e occupazionale non solo per Acqui, ma per tutta la provincia’, e chi invece tutto sommato ci crede poco, o niente, e pensa che Terme Acqui Spa sia (come in effetti anche è) ormai soprattutto una società immobiliare: per cui la prospettiva post privatizzazione potrebbe essere di tipo ben diverso, rispetto al rilancio del turismo termale.

Di certo, ad oggi, c’è che stiamo parlando di un’azienda pubblica (azionista di maggioranza è la Regione Piemonte, tramite FinPiemonte, mentre il comune di Acqui Terme ha il 16,9% delle quote) che nel 2012 aveva un fatturato di 4,9 milioni di euro, e una perdita annua di circa 1,2 milioni di euro. Non abbiamo i dati 2013, ma ragionevolmente lì staremo, più o meno. E poi c’è naturalmente, la questione occupazione: una ventina di dipendenti a tempo indeterminato, e una quarantina stagionali, “e tutti ad alta specializzazione”, sottolinea Silvana Tiberti della Cgil. Che poi aggiunge: “ma lo dice FederTerme, e non noi, che nel settore termale l’indotto vale 10 volte l’occupazione diretta. Quindi i conti sono presto fatti, per Acqui, e per tutto il nostro territorio”.

Ma, già che ci siamo,  vale la pena riflettere su un altro numero: il flusso di turisti in provincia di Alessandria è aumentato, dal 2009 al 2012, in maniera significativa, da 594 mila a 722 mila persone. La zona di Acqui Terme però, nello stesso periodo, è letteralmente crollata, passando da 168 mila a 137 mila turisti. Chiedersi perchè potrebbe essere un utile esercizio di analisi. Avete idee e suggerimenti?