L’attesa piega degli eventi [Calcio a colori]

Spiderdi Spider Jerusalem

[Scusa se non telefono
ma ho già il mio bel daffare
a non morire.

Quanto a me, vedi, le persone non cambiano
è che col tempo, il tempo le complica
più di un po’.]

Bella Speranza, Ivano Fossati

Un famoso giornalista sportivo locale – esperto di vini e ristoranti al punto tale che avrebbe potuto scrivere una guida Michelin delle trattorie vicine agli stadi delle trasferte ed ora esiliatosi in un buen retiro in un posto sicuramente meno esotico di quello che lui si immaginava ma sempre nella mente della nostra bossa nova di inviati dallo stadio «Coppi» – una volta attese tre ore sotto la pioggia Fornara per estorcergli le dichiarazioni da mettere in pagina dopo un terrificante 0-3 con il Casale che nella migliore e più ipocrita delle tradizioni calcistiche dei dilettanti nel basso alessandrino gli costò la panchina sette giorni dopo a prescindere dal risultato.

Domenica al «Girardengo» di Novi mi sono avvicinato a questo record fissando un personale di due ore e quaranta minuti prima di cedere al pensiero di mia figlia che resasi conto che ormai era venuto buio fissando la porta di casa con occhi tristi mormorava «Babà? Babà?», e tornare quindi nella quiete del mio studio.
Se mi avessero pronosticato un simile finale prima della partita fra la Novese ed il Giana Erminio, non ne avrei potuto trovare onestamente uno migliore. Le prime avvisaglie che sarebbe stata una domenica diversa dalle altre erano arrivate sotto forma di un errore nella comunicazione dell’orario della partita che mi ha permesso di migliorare il mio nearest to the pin nel parcheggio ma mi ha costretto a rimanere fuori aspettando non tanto aprisse la biglietteria ma almeno arrivassero gli addetti. Avversario di giornata il Giana Erminio, non l’alpino morto in circostanze tragiche nella prima guerra mondiale – che peraltro ieri contro la Novese avrebbe potuto comunque fare la sua degna figura – ma la squadra omonima di Gorgonzola. Il gol degli ospiti dopo dieci minuti ghiacciava la platea più del repentino abbassamento di temperatura dovuto all’accumularsi di nuvole che però nella migliore tradizione fantozziana attenderanno che noi giornalisti ci trovassimo all’aperto per scaricare una pioggia fitta e gelida, il 2-0 ad inizio ripresa spegneva definitivamente le speranze anche dei più esagitati. Tabellino semplice, pochi ammoniti e Novese che si è bruciata tutte le sostituzioni al 12′ della ripresa nell’equivalente calcistico di un pokeristico all-in e che dieci minuti dopo ha visto l’avversario incastrare scala colore al river, Giana Erminio che usa i suoi cambi per far passare il tempo e i suoi tifosi che chiamano «Tempo!» all’arbitro già dal trentottesimo della ripresa. La situazione migliore per poter andare a casa presto, perchè l’allenatore avversario verrà trascinato a forza sul pullman e non potrà rilasciare lunghe dichiarazioni, e per quello di casa valga la considerazione di quanto possa piacere ad ognuno di noi commentare i propri fallimenti.

Il volo basso di uccelli neri era però un presagio che non avremmo dovuto sottovalutare, così come il DS che si allontanava di soppiatto con due valigie enormi in direzione della Stazione – più tardi si è giustificato dicendo di avere un impegno personale a Roma, e fino all’ultimo ho pensato sarebbe diventato il nuovo Presidente del Consiglio -, la porta della sala stampa disperatamente chiusa ed io e i miei colleghi che come in Dieci Piccoli Indiani piano piano vedevamo assottigliarsi il gruppo in attesa di dichiarazioni ufficiali. La foto acclusa – ovvio omaggio a Indro Montanelli – è l’istantanea che meglio descrive la situazione in cui ho preparato gli articoli della giornata, e prima di fare battute sul mio fisico ricordatevi che quando hanno scattato l’originale lui era un inviato di guerra, nonostante non sia così convinto che intorno il clima fosse peggiore.