Di Prioni e di Croci sulle Labbra [Il Superstite 331]

 

Arona Danilo nuovadi Danilo Arona

 
Viviamo immersi in un mare infinito di notizie. Spesso vere ma non sempre. Il fake è di moda, dalla fotografia al fatto di cronaca. Ma quel che veramente pesa in quel processo di erosione del profondo che ci rende spesso disarmati di fronte a rumors strabilianti è che sostanzialmente, vere o false, le notizie sono sempre verosimili. Il termine va ripetuto: verosimili.

Anni fa – e spesso la notizia ritorna in cronaca – ci furono articoli che davano per plausibile, anzi per possibile, una piaga sanitaria in pieno stile “morti viventi”. Sì, proprio loro, i morti viventi di Romero o i più recenti Walking Dead di Robert Kirkman.

Piano a ridere. Certi comportamenti “zombeschi” sono scientificamente ammissibili. Da qui a ragionarla in termini di allargamento a epidemia planetaria non si fa molta fatica. E qui entra in gioco anche il cinema horror che per anni, soprattutto negli ultimi, ha lavorato in profondità, instillando nell’inconscio collettivo il sospetto che noi possiamo diventare i nostri peggiori nemici. Mangiandoci a vicenda dopo essere resuscitati dalla morte, magari per colpa di un razzo su Venere o di un repentino cambiamento climatico. Ma saltando anche a piè pari il dettaglio di dover crepare. Basta un morso e sei contagiato. Diventi zombie senza essere per questo morto vivente. Eh, tutto questo è plausibile. Non scherziamo.

E lasciamo perdere, per il momento, l’ovvia equazione metaforica zombie = Di Prioni e di Croci sulle Labbra [Il Superstite 331] CorriereAlterrorista. Ne abbiamo già parlato in una puntata di questa rubrica, la n° 202 (settembre 2014), ma val la pena di richiamare alcuni concetti.

Come ricordò Selene Pascarella nel libro pubblicato anni fa da Gargoyle L’alba degli zombie, un biochimico della University of Texas di Austin, Sean Michael Ragan, ha associato il quadro neurologico dello zombie al paradigma scientifico sui prioni, venuto alla ribalta agli inizi del secolo con il morbo della mucca pazza:

«Il prione è una proteina flessibile collocata nella superficie delle cellule nervose che in seguito a una mutazione assume una forma errata accumulandosi nel cervello e provocando una degenerazione neuronale. La caratteristica principale di un prione errato è la capacità di convertire in modalità aberrata altri prioni sani. Un piccolo gruppo di prioni mutati può rovinare un’intera popolazione di prioni normali convertendoli uno per uno nella forma errata. Questo può avere conseguenze molto gravi man mano che aumentano nel corpo i livelli di proteina prionica trasformata. Infine, quel che è peggio, i prioni dalla forma errata sono contagiosi, così una piccola quantità di questi prioni può infettare e far ammalare un intero organismo. Non un virus ma una molecola impazzita dell’organismo. La prima malattia associata a molecole prioniche è stata lo scrapie, un morbo che colpisce le pecore il cui nome fa riferimento al prurito che provoca negli animali infetti. Attualmente le si ritiene responsabili delle encefalopatie spongiformi trasmissibili. Come il kuru, patologia endemica in alcune isole della Nuova Guinea, la malattia di Gerstmann-Straussler-Scheinker, l’insonnia famigliare fatale e il morbo di Creutzfeldt-Jakob, meglio conosciuto come variante umana del morbo della “mucca pazza”.
Manifestandosi attraverso queste sindromi il prione mutato causa perdita di equilibrio, disturbi della coordinazione, cecità, demenza, disordini del sonno e porta il soggetto che lo ospita invariabilmente alla morte. La trasmissione per contagio di queste encefalopatie – normalmente diffuse per via genetica e famigliare – viene favorita dal contatto con tessuti infetti. L’ingestione di farine animali per i bovini, per l’uomo il trapianto di cornea, l’uso di strumenti contaminati, l’innesto di dura madre, l’estratto d’ormone della crescita umano da cadavere e, come emerso nelle recenti forme epidemiche, il consumo di parti del bovino che interessano la colonna vertebrale e i gangli, il cervello e le frattaglie. Nel caso del Kuru si suppone che sia stato il consumo della carne di un individuo infetto per mutazione spontanea alla base di un contagio via, via allargatosi attraverso il consumo del cervello nel corso di rituali cannibalistici.» (pg. 185-186 de L’alba degli zombie).

La croce sulle labbraMolti medici abbracciano senza problemi l’ipotesi dei prioni nei confronti di un’ipotetica piaga simil-zombie. Ne cito giusto uno, il fraterno amico Edoardo Rosati con cui ho scritto un libro che s’intitola La croce sulle labbra (uscito per Mondadori nel 2008 e per la defunta Anordest nel 2014), nel quale raccontavamo di una Milano sconvolta da un’oscura patologia infettiva in grado di trasformare le persone in assassini che vanno decomponendosi, uno stato fisico vicino a quello degli zombie.

Edoardo, cui si deve l’impianto scientifico della vicenda, non ha avuto dubbi: per rendere totalmente credibile la storia, ha collegato i raptus e il contagio a un’encefalopatia provocata da prioni. «Nessun collega potrà attaccarci su quest’aspetto», esclamava l’amico durante la comune scrittura.

Ed è stato vero. Durante la vita promozionale del libro, la seconda edizione ampliata e aggiornata (perché nel frattempo le scoperte e le integrazioni sull’encefalopatia spongiforme sono proseguite), abbiamo presentato più di una volta La croce sulle labbra a una platea di medici e addetti ai lavori. E nessuno è stato in grado di ridicolizzare l’ipotesi prionica di un romanzo solo all’apparenza fantastico. Edoardo Rosati è stato sempre granitico nelle sue risposte ai suoi colleghi. Io da buon filosofo ero tagliato fuori…

Spiace che Anordest abbia chiuso anzitempo e di sicuro per qualche scelta sbagliata sulla quale non ho diritto di critica. Però la sua chiusura rimette in gioco La croce sulle labbra che, come si dice in gergo, torna sul mercato. Se accadrà, sarà necessario un ulteriore aggiornamento rispetto all’edizione del 2014 perché saggistica e ricerca vanno avanti implacabilmente. Leggete questo passo tratto da I licheni ammazza zombie, in rete sul sito Prosopopea.com:

«I prioni sono proteine piegate nel modo sbagliato, in grado di causare malattie neurodegenerative fatali ed incurabili, encefalopatie distruttive, demenze improvvise ed orripilanti. E niente è in grado di ammazzarle. Puoi cuocerle. Non le scalfisci. Congelarle. Neanche se ne accorgono. Affogarle in formalina. È come portarle a fare i fanghi. Bombardarle con radiazioni. Procedono nel loro lento incedere, illese. Infilarle in un autoclave a pressioni inconcepibili. Ne escono, incolumi. Non si possono uccidere. Anche perché, tecnicamente, non sono vive. Sono solo proteine piegate male, che prendono altre proteine piegate bene, e le trasformano in altri prioni, propagandosi, consumando progressivamente tutto quello che hanno intorno, finché solo un manipolo di proteine sane riescono a sopravvivere.
I prioni sono zombie molecolari. Le proteine cambiano spesso conformazione, piegandosi e ripiegandosi. Ad esempio gli enzimi, che sono proteine catalitiche quando interagiscono con il loro substrato, la molecola bersaglio che devono trasformare, cambiano forma, per favorire una specifica reazione. Questi cambiamenti sono normalmente reversibili. Ma capita che certe proteine restino bloccate in ripiegamenti erronei, ma estremamente stabili. Una proteina enzimatica normale subisce una mutazione. E qualcosa di terribile viene rilasciato sulla terra. La proteina diventa prionica, e morde le altre proteine, inducendo un cambiamento permanente nel bersaglio. Un cambiamento in un altro zombie. E, a sua volta, comincia a trasformare altre proteine. La reazione è esponenziale ed inarrestabile. Alla fine, l’accumulo di proteine in fibre, dette fibre amiloidi, comincia a far implodere i neuroni. Spesso l’incubazione delle malattie prioniche è piuttosto lunga. Ma una volta che i sintomi si manifestano, la fine è vicina. Non solo: avete presente quando ho detto che neppure un autoclave è in grado di fermarle ? Immaginate una persone che si fa operare al cervello, non sapendo di aver la malattia di Creutzfeldt-Jakob, ovvero la “mucca pazza”.
Il bisturi e tutto il resto, anche se verranno sterilizzati con la massima cura, saranno ancora infetti da prioni. Il che significa che i pazienti su cui quel bisturi sarà riutilizzato saranno infettati dal prione. Sembra una storia dell’orrore, ma è già successo, tanto che la World Health Organization ha dovuto rilasciare nuove linee guida sulla sterilizzazione (una cosa tipo “puntate alla testa e usate dosi massicce di candeggina industriale).»

Sì, se uscirà una terza Croce sulle labbra sarà ancora diversa (sempre sperando che il mio socio Edo non sfondi come musicista nei Docs, lasciandomi da solo con le mie metafisiche divagazioni…).