Un brivido sulla schiena di Drago [Il Superstite 329]

Arona Danilo nuovadi Danilo Arona

 

 

Nel libro dell’anno scorso, La primavera tarda ad arrivare, Flavio Santi ci proiettava in un vivido Friuli contemporaneo dove il ruvido quanto simpatico ultracinquantenne ispettore di polizia Drago Furlan se la doveva giocare con un evento più che raro dalle sue parti, ovvero un morto ammazzato – un solo colpo in fronte – ritrovato in uno sperduto paesino alle pendici delle Alpi, Montefosca (un destino nel nome). Inciso non da poco: il cadavere era un anziano di cui nessuno conosceva l’identità.

In questa lettura deliziosa e gratificante, caratterizzata da un livello eccelso di scrittura, Flavio non nascondeva i suoi trascorsi legami col gotico, ovvero la soluzione degli omicidi indagati bisognava andarsela a cercare nel passato, in certi pesanti misteri irrisolti della Seconda Guerra Mondiale, enigmi da dipanare e collegati a un’orribile strage nazifascista del 1945, avvenuta nel paese di Avasinis, addirittura compiuta a guerra finita, un massacro tra i più dolorosi e vigliacchi nonché ancora ignorati dall’iconografia ufficiale.

Con il secondo libro dedicato a Furlan, L’estate non perdona, da poco uscito per Un brivido sulla schiena di Drago [Il Superstite 329] CorriereAlMondadori, non è più il passato a uccidere, ma il presente. Intanto Furlan è sempre più Santi e viceversa, ovvero da qualsiasi parte arrivi umorismo caustico e geniale. Un libro che inizia così: «In alto il sole, in basso i culi…» per descrivere una situazione vacanziera del nostro eroe in spiaggia con la sua eterna fidanzata Perla, è il libro di una mente geniale, capace di strapparti da subito una sana risata per farti entrare in empatia con il senso della vita di Drago, «un uomo semplice e forte, dal sangue caldo e vivo, meravigliosamente roccioso… un ispettore di campagna fedele ai ritmi della natura.»

Stavolta il fatto di sangue che entra a gamba tesa nella sua vacanza con la bella Perla è eccezionale nella sua gravità: « …mai tanta violenza si era manifestata da quelle parti», in quanto la non identificabile vittima ha la faccia devastata da una raffica di Kalashnikov sparata da distanza ravvicinata. E l’elemento criminogeno, man mano che l’indagine procede tra una bevuta in osteria e il ritorno intermittente alla spiaggia dei culi dorati, sembrerebbe proprio collegato a certe tristissime dinamiche attuali del nostro vivere: terrorismo, foreign fighters, estremismo islamico e moschee sospettate di essere centri di reclutamento per aspiranti kamikaze che ambirebbero colpire in provincia perché quest’ultima non è “zona sensibile” e per questo sguarnita da un’attenta sorveglianza (e speriamo, Flavio, che i terroristi non ti leggano…). Ma, nonostante l’ineludibile presente, ancora una volta Santi recupera recupera un elemento formativo del gotico: il passato che ritorna con la memoria dell’invasione del Friuli da parte dei Turchi nel corso del XV e XVI secolo, «una vera e propria Autostrada del Sangue, con corsie privilegiate di incendi, razzie, stupri, sgozzamenti e decapitazioni.» Con amara e inevitabile conclusione: «È la terza guerra mondiale e il nemico è in casa!».

Nonostante la serietà tematica, Drago esibisce un approccio umano e calibratissimo tra la consapevolezza del proprio ruolo e un filosofico quanto umoristico approccio nei confronti di una realtà che stavolta, soprattutto nel finale, intende proprio metterlo a dura prova. Così, circondato da personaggi dai fantastici e significativi soprannomi – Binocolo (un tipo strabico), Pugnale (uno alto due metri), Cimitero (qualcuno che ha a che fare con le pompe funebri) e Lochness (individuo dalla pelle squamosa), e su questo livello, la cultura degli stradinom, si potrebbe celebrare un più che giustificato gemellaggio tra il Friuli e la vecchia Alessandria – con i quali Drago applica a piè sospinto la fondamentale «distinzione tra il puro interrogatorio da sbirro e la chiacchierata da osteria, quella in grado di svelarti un mondo intero», il libro scivola via con straordinario appagamento verso un finale in grado di non deludere e di esaltare con grande equilibro il sapore di inquietudine lasciatoci in bocca dall’oggetto dell’indagine.

Perché colpire in provincia è l’uovo di Colombo e tutta l’ipotesi su cui si costruisce la trama “gialla” risuona dannatamente reale. E l’acronimo ISIS che compare nella più genuina delle osterie friulane è una nota che suona intenzionalmente distorta. Perché la buona letteratura può e deve al contempo rallegrarci e “perturbarci”.