Vengo anch’io…No, tu no!

Patrucco Giancarlodi Giancarlo Patrucco
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Sotto certi punti di vista, la lite tra maggioranza e minoranza dentro il PD è persino leziosa. Se togli l’audio, vedi solo marionette: Renzi accalorato e smanioso come Brighella, Emiliano tondo e facondo come il dottor Balanzone, Rossi altero e cisposo come il capitan Fracassa, la Boschi contegnosa come sa esserlo solo Colombina.

D’altronde, Carnevale è passato da poco e ha lasciato tracce evidenti nelle mascherine del PD. A ben vedere, però, sono tutte maschere che non riescono a coprire la sequenzialità dei fatti, anche se i personaggi in scena si affannano a fare ciò per cui sono maestri: scatenare ogni giorno qualche rabelot di cui far parlare i media. E pazienza se non ci sono i coriandoli. Al loro posto, volano gli stracci.

Dicevamo della sequenzialità dei fatti. Allora, proviamo a ricostruirli. So già che Vengo anch'io...No, tu no! CorriereAlparecchi troveranno da eccepire sulla bontà della ricostruzione. Mi pare persino ovvio. Ma i fatti stanno lì e se qualcuno vuole trarre conclusioni diverse, prego si accomodi. A Carnevale ogni scherzo vale. Anche questo qui.

Cominciamo con il referendum del 4 dicembre, perso 60 a 40. Renzi ci ha messo la faccia, è giusto che paghi la sconfitta. Lo riconosce pure lui, ma appena prima delle sue dimissioni da Presidente del Consiglio saltano fuori i rumors: l’avrà detto, ma non l’ha fatto. E abbiamo ancor da vedere se lo farà. Renzi si dimette, ma aggiunge che occorre andare alle urne subito, appena la Consulta avrà formulato i suoi rilievi a proposito della nuova legge elettorale, detta Mattarellum. Non finisce di dirlo che i rumors diventano boatos: elezioni subito?!? Ma andiamo! Anzitutto dovrebbe dimettersi da Segretario del partito. Vogliamo il Congresso, non stia a menare il torrone. Emiliano rafforza: altrimenti qui finisce a carte bollate. La nostra gente ci ha abbandonato perché quello di Renzi non è più il PD.

Partito Democratico scissioneDall’esame dei flussi elettorali referendari, risulta aver abbandonato il riferimento al PD il 15% del suo tradizionale bacino elettorale. Voglio essere largo di manica ed evitare sterili polemiche, quindi diciamo pure il 20/25%. Anche così, qualcuno si occupa del restante 75%? Macché. Invece si mette in scena una manfrina tra il segretario che spiega come l’indizione del referendum, per Statuto, non spetti a lui ma all’assemblea nazionale, che l’ha già fissato per dicembre. Scuse, balle, bubbole. Renzi non si nasconda, rispondono le sinistre, può farlo e lo faccia. Sennò…Sennò cosa? L’abbiamo capito, ma se Renzi deve stare attento, state attenti pure voi.

Comunque, Renzi si rassegna. Abbandona la scriteriata idea delle elezioni subito, compie i passi opportuni e la scadenza del congresso diventa più vicina. Contenti? Proprio no. Gennaio è un mese gelido, ma l’aria nel PD si taglia col coltello. La parola che nessuno vuol evocare – scissione – ormai sta in bocca a chiunque, accompagnata da sragionamenti del tipo “non si può fare un congresso strozzato”, “abbiamo bisogno di tempo per far conoscere meglio i competitori”, “serve una conferenza di programma, perché dobbiamo rivedere le priorità del partito”. Poi, la stoccata finale: “Renzi non è di sinistra”. Ergo, ne deduco io, soltanto uno di sinistra, col marchio d.o.c., può guidare il PD. Renzi no.

Così, siamo arrivati all’elemento centrale della vicenda. Mentre la commedia sta diventando tragedia, ora abbiamo finalmente messo in chiaro il vero obiettivo, il fulcro sul quale si avvita tutta questa rappresentazione. Gli scissionisti, alla fine, vogliono una cosa sola: che Renzi non si ricandidi al Congresso. Che rinunci alla competizione e accetti la marginalità politica. Nessuna prova d’appello per lui. Potrebbe vincerla, per carità!

E’ lo stesso Renzi a rispondere: “Non potete chiedere a chi si dimette di non candidarsi perché è l’unico strumento con cui si evita la scissione. Non è una regola del gioco democratico. Avete il diritto di sconfiggerci non quello di eliminarci”. Questa è soltanto e semplicemente democrazia, aggiungo io. Se non ci state, non vi adeguate, potrete pure prendervi il partito. Ma, per favore, togliete la D dal simbolo. Non vi si addice più.